Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 luglio 2020, n. 15639

Cartella esattoriale, Illegittima fruizione di sgravi
contributivi, Carenza del requisito dello stato di disoccupazione,
Certificazioni individuali, Periodi di sospensione della disoccupazione,
Computo

 

Considerato in fatto:

 

1. La Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la
sentenza del Tribunale di Avezzano di accoglimento dell’opposizione proposta da
M.F. avverso la cartella esattoriale di pagamento all’Inps di Euro 42.980 per
illegittima fruizione di sgravi contributivi ex art 8 , comma 9, L n 407/1990
-in riferimento ad alcuni lavoratori per il periodo da aprile 2003 a dicembre
2003 e da marzo 2004 a luglio 2004- per carenza del requisito dello stato di
disoccupazione da almeno 24 mesi.

La Corte ha riferito che era pacifico che i
lavoratori avevano lavorato per il F. con contratti a tempo indeterminato
inferiori ai 12 mesi nei periodi 1/4/2001-21/12/2001 e dal 13/3/2002 al 20/12/2002
( salvo il F.A, che aveva lavorato fino 1/10/2002).

Secondo la Corte ai sensi dell’art. 4, 3 comma, dlgs n 181/2000
i rapporti di durata inferiore ai 12 mesi non facevano venir meno lo stato di
disoccupazione e di conseguenza il requisito dei 24 mesi di disoccupazione . Ha
affermato che tale interpretazione era confermata da atti formali
dell’amministrazione e il Centro per l’impiego di Avezzano con apposite
certificazioni individuali aveva accertato lo stato di disoccupazione sui quali
il F. aveva fatto affidamento.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un motivo
ulteriormente illustrato con memoria ex art 378 cpc.

Resiste il F. .

 

Ritenuto in diritto

 

3. Preliminarmente va rilevata l’infondatezza
dell’eccezione di tardività del ricorso in cassazione in quanto deve trovare
applicazione il termine annuale e non quello semestrale, atteso che il giudizio
è iniziato davanti al Tribunale di Avezzano in data anteriore al 4/7/2009 . Il
nuovo termine semestrale , come introdotto dall’art. 46 della legge n. 69 del 2009
, si applica, ai sensi dell’art.
58 della medesima legge, ai giudizi instaurati, e non alle impugnazioni
proposte, a decorrere dal 4 luglio 2009, essendo quindi ancora valido il
termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia
anteriore a quella data ( cfr Cass 6784/2012).

4. Inps denuncia violazione dell’art 8 , comma 9, L n 407/1990 ,
dell’art 4 , comma 3, Dlgs
181/2000, dell’art 2697 cc e dell’art 115 cpc. in relazione all’art. 360 n 3 cpc Lamenta che i giudici di merito
non avevano accertato se il periodo di 24 mesi di disoccupazione era stato
computato tenendo conto dei periodi di sospensione della disoccupazione in cui
vi era stata attività lavorativa, circostanza questa pacifica in causa; che a
fronte della contestazione dell’Inps il datore di lavoro non si era curato né
di allegare, né di provare per ciascun lavoratore la durata complessiva del
periodo di disoccupazione da cui sottrarre i periodi di lavoro prestato che
sospendevano lo stato di  disoccupazione
e che l’affidamento ingenerato nel F. dal certificato del centro per l’impiego
non poteva esser opposto all’Inps.

5. Il ricorso deve essere rigettato.

6. L’art
8, comma 9, L n 407/1990 stabilisce una riduzione della contribuzione  dovuta a favore di datori di lavoro che
assumono con contratto a tempo indeterminato lavoratori disoccupati da almeno
24 mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di 
trattamento straordinario di integrazione salariale da un periodo uguale
a quello suddetto, quando esse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori
dipendenti dalle stesse imprese licenziati per giustificato motivo oggettivo o
per riduzione del personale o sospesi.

L’Inps censura la sentenza in quanto la Corte non
aveva accertato se il periodo di 24 mesi di disoccupazione era stato computato
tenendo conto dei periodi di sospensione della disoccupazione in cui vi era
stata attività lavorativa , in quanto era pacifico che tutti i lavoratori
avevano lavorato per il F., nel periodo antecedente l’assunzione, con contratti
a tempo indeterminato inferiori ai 12 mesi nei periodi 1/4/2001-21/12/2001 e
dal 13/3/2002 al 20/12/2002, ed il F.A. fino all1/10/2002 .

Secondo l’Inps detti periodi di attività, inferiori
ai 12 mesi, stando al contenuto dell’art. 4, comma 3, dlgs n 181/2000,
sarebbero interamente computabili ai fini della sospensione del periodo di
disoccupazione .

7. L’art.
4, rubricato “Perdita dello stato di disoccupazione”, vigente
prima della modifica apportata dal dlgs n 297/2002,
stabilisce al comma 3, che ” L’accettazione di un’offerta di lavoro a
tempo determinato o di lavoro temporaneo formulata dal servizio competente
comporta una sospensione dell’anzianità nello stato di disoccupazione. Detta anzianità
riprende a decorrere una volta cessato il contratto di lavoro a termine o di
lavoro temporaneo. Qualora il rapporto di lavoro sia stato di durata superiore
a dodici mesi, l’anzianità nello stato di disoccupazione riprende a decorrere
con un abbattimento pari alla durata eccedente i dodici mesi”.

8. L’art.
4 citato distingue , ai fini della determinazione dell’anzianità di
disoccupazione, l’ipotesi della prestazione di lavoro inferiore a 12 mesi – che
determina solo la sospensione dell’anzianità di disoccupazione maturata che,
cessato il lavoro, riprende a decorrere – da quella della prestazione di lavoro
di durata superiore a 12 mesi – che determina l’abbattimento dell’anzianità di
disoccupazione maturata, per la durata eccedente i 12 mesi.

9. Ciò premesso deve rilevarsi , con riferimento
alla violazione dell’art. 2697 cc, che
un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 2697
c.c. può porsi soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito
l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo
le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti
costitutivi ed eccezioni e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione
che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti ( cfr Cass n.
15107/2013, n. 13395/2018).

Nella specie la Corte territoriale non ha in alcun
modo violato la norma in esame, atteso che costituisce principio consolidato
che, in materia di sgravi e fiscalizzazioni, essendo il pagamento dei
contributi un’obbligazione nascente dalla legge, spetta al debitore dimostrare
il suo esatto adempimento e, quindi, grava sull’impresa che vanti il diritto al
beneficio contributivo l’onere di provare la sussistenza dei necessari
requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata
(cfr. Cass. n. 5137 / 2006, Cass. Sez. U. n. 6489/ 2012; Cass. n 13011/2017).
La Corte territoriale ha ritenuto che il F. avesse fornito la prova su di lui
incombente.

10. Quanto alla violazione delle altre norme va
rilevato che la Corte territoriale, pur difettando una chiara enunciazione dei
principi di diritto rilevanti , non ha manifestato di voler applicare regole
contrastanti con quanto esposto dallo stesso istituto. La Corte territoriale,
richiamato l’art. 4 citato , ha
infatti riferito che ” i rapporti di lavoro inferiori a 12 mesi , come
nella fattispecie, non fanno venire meno lo stato di disoccupato e di
conseguenza il requisito di 24 mesi “.

La Corte ha poi richiamato l’interpretazione
contenuta in atti formali della PA in cui si affermava che ” diritto ad
usufruire dei benefici contributivi di cui all’art. 8 , comma 9, L n 407/1990
anche quei lavoratori che, iscritti da almeno 24 mesi, nelle liste di
disoccupazione , hanno avuto rapporti di lavoro inferiori a 12 mesi che hanno
dato luogo alla sospensione del decorso dell’anzianità di iscrizione ai sensi
dell’art 4, comma 3 , dlgs n
181/2000″

11. Ciò di cui si duole l’Inps ,a ben vedere, non
attiene alla violazione o falsa applicazione delle norme che i giudici di
merito erano tenuti ad applicare .

L’Istituto , in realtà, denuncia che la Corte non ha
saputo ben valutare il materiale probatorio a disposizione, costituito/non solo
dalla certificazione rilasciata dal centro per l’impiego che riconosceva lo
stato di disoccupazione di 24 mesi anteriori all’assunzione , ma anche dalla
circostanza che i lavoratori avevano avuto contratti di lavoro a tempo
determinato inferiori a 12 mesi , circostanza questa pacifica tra le parti . In
sostanza la censura si risolve nella denuncia di un cattivo governo delle prove
da parte dei giudici di merito.

La censura di violazione di legge ,pertanto, unica
censura formulata dall’Istituto, non risulta pertinente non confrontandosi con
la ratio decidendi della sentenza impugnata.

12. Per le considerazioni che precedono il ricorso
deve essere rigettato con condanna dell’Inps a pagare le spese processuali.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data
di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n
115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna l’Inps a pagare le
spese processuali che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali,
oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per
esborsi .

Ai sensi dell’art 13 , comma 1 quater del dpr n 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento , da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis ,
dello stesso art. 13.

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