Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 luglio 2020, n. 15407

Stato passivo del Fallimento, Crediti, insinuati in via
privilegiata relativi ad alcune mensilità, rateo di tredicesima mensilità,
indennità di mancato preavviso e TFR, Emissione delle relative buste paga e
della nota di licenziamento da soggetto non legittimato, Documenti formati
dopo la dichiarazione di fallimento, nella sospensione del rapporto, Principio
non valido per il TFR maturato nell’arco di durata del rapporto di lavoro

 

Rilevato che

 

1. Con decreto 11 ottobre 2016, il Tribunale di
Ancona rigettava l’opposizione proposta, ai sensi dell’art. 98 l. fall., da A.S.
avverso lo stato passivo del Fallimento E. Int. s.r.l., dal quale era stata
esclusa per i crediti, insinuati in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751 bis n. 1 c.c., relativi ai mesi di
agosto, settembre, ottobre 2013, rateo di tredicesima mensilità, indennità di
mancato preavviso e T.f.r., per l’emissione delle relative buste paga e della
nota di licenziamento da soggetto non legittimato, in quanto documenti formati
dopo la dichiarazione di fallimento (con sentenza del 9 agosto 2013), nella
sospensione del rapporto a norma dell’art. 72 I. fall.;

2. avverso la predetta sentenza la lavoratrice
ricorreva per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c., mentre la curatela
fallimentare intimata non svolgeva difese;

3. il P.G. rassegnava le conclusioni ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;

 

Considerato che

 

1. la ricorrente deduce omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti e nullità del
decreto per omessa motivazione sul rigetto del credito per T.f.r., benché
oggetto di specifico motivo di opposizione, integrante una “radicale
omissione di giudizio su una precisa richiesta … con specifica domanda”
(primo motivo);

2. esso è infondato;

2.1. la doglianza deve essere intesa nella sostanza
quale nullità della sentenza, per omessa pronuncia: il vizio di error in
procedendo è, infatti, chiaramente ricavabile dal tenore della sua
formulazione, al di là della formale enunciazione della rubrica, posto che
l’erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica non
determina l’inammissibilità del motivo ex se, qualora la Corte possa
agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio
denunciato, sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal
ricorrente a fondamento della censura, non avendo la configurazione formale
della rubrica contenuto vincolante, ma chiarendo e qualificando, sotto il
profilo giuridico, il contenuto della censura soltanto l’esposizione delle
ragioni di diritto della impugnazione (Cass. 3
agosto 2012, n. 14026; Cass. 23 maggio 2018,
n. 12690);

2.2. l’omessa pronuncia poi non sussiste, avendo il
Tribunale reso una pronuncia di rigetto anche sul credito per T.f.r.,
esplicitamente indicato (a pg. 1 del decreto) tra i crediti insinuati allo
stato passivo e oggetto dell’opposizione rigettata;

3. la ricorrente deduce quindi violazione e falsa
applicazione degli artt. 2120 c.c. e 72 CCNL
Metalmeccanica piccola media industria Confapi 29 luglio 2013, per l’erronea
esclusione del credito per T.f.r., in quanto maturante fino alla cessazione del
rapporto di lavoro, per effetto del licenziamento del 17 ottobre 2013, non
avendo il curatore disposto l’esercizio provvisorio ed essendo l’attività di
impresa definitivamente cessata (secondo motivo);

3.1. esso è fondato;

3.1. a fronte della domanda della lavoratrice, che
aveva domandato di essere ammessa al passivo del fallimento per i crediti
retributivi dei mesi di agosto, settembre, ottobre 2013, rateo di tredicesima
mensilità, indennità di mancato preavviso e T.f.r., il Tribunale di Ancona, nel
decreto impugnato, ha richiamato il principio affermato da questa Corte,
secondo cui in caso di fallimento del datore di lavoro, ove vi sia cessazione
dell’attività aziendale, il rapporto di lavoro entra in una fase di
sospensione, in quanto il diritto alla retribuzione – salvo il caso di
licenziamento dichiarato illegittimo – non sorge in ragione dell’esistenza e
del protrarsi del rapporto ma presuppone, per la natura sinallagmatica del
contratto, la corrispettività delle prestazioni: con la conseguenza che non
essendovi, per effetto della dichiarazione di fallimento e fino alla data della
dichiarazione del curatore, ai sensi dell’art. 72, secondo comma I. fall.,
un obbligo retributivo per l’assenza di prestazione lavorativa, non è
configurabile un credito contributivo previdenziale (Cass. 14 maggio 2012, n. 7473; più
recentemente ribadito da: Cass. 11 gennaio 2018,
n. 522, sotto il profilo consequenziale del diritto del lavoratore, qualora
sia accertata la illegittimità del licenziamento intimato dal curatore,
all’ammissione al passivo fallimentare per il credito risarcitorio dipendente,
corrispondente alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento
sino a quella della reintegra). Tuttavia, tale principio vale per la domanda
concernente il credito per le retribuzioni e le voci successive alla
dichiarazione di fallimento, ma non per quello relativo al T.f.r. maturato
nell’arco di durata del rapporto di lavoro (Cass. 8 agosto 2017, n. 19736,
esattamente in termini, in merito ad analoga insinuazione nello stesso
Fallimento);

4. le superiori argomentazioni comportano
l’accoglimento del secondo motivo, rigettato il primo, con la cassazione del
decreto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di
legittimità, al Tribunale di Ancona in diversa composizione;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo, rigettato il primo;
cassa il decreto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di
legittimità, al Tribunale di Ancona in diversa composizione.

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