Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2020, n. 15924

Accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato, Risarcimento dei danni commisurati alla retribuzione globale di
fatto, Inesistenza della notificazione del ricorso

 

Rileva che

 

con sentenza n. 2552/12, pronunciata dal Tribunale
di Milano, veniva accolta la domanda dell’attrice C.L., riconoscendo che il
contratto di somministrazione in data 23 febbraio 2009 era stato concluso in
violazione degli artt. 20 e ss.
del d.lgs. n. 276/2003, con conseguente accertamento di un rapporto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 24 febbraio 2009 alle dipendenze
della utilizzatrice società P., condannata quindi anche al risarcimento dei
danni commisurati alla retribuzione globale di fatto a suo tempo percepita, a
decorrere dal 4 maggio 2011 sino all’effettiva riammissione in servizio,
detratto l’eventuale aliunde perceptum, nonché al rimborso delle spese di lite;

in seguito al gravame interposto dalla soccombente
P., la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma dell’impugnata pronuncia,
con sentenza n. 148 in data 5 febbraio – 16 marzo 2015, riduceva il
risarcimento del danno all’indennità di cui all’art. 32 L. n. 183/2010, in
ragione di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita,
oltre accessori di legge maturati dalla data della decisione gravata «e con la
conseguente restituzione da parte appellata di quanto percepito in eccedenza in
esecuzione della sentenza di primo grado». La società appellante, inoltre,
veniva condannata al pagamento delle ulteriori spese relative al secondo grado
del giudizio; avverso l’anzidetta pronuncia d’appello, pubblicata il 16-03-15,
ha proposto ricorso per cassazione P. S.p.a., affidato a tre motivi, come da
relativo atto di cui veniva richiesta la notificazione all’ufficiale
giudiziario in data 11-09-2015, nei confronti di «C.L. Rapp.ta dif. ed elett.
dom. c/o avv. P.M. – Via B. 20100 MILANO – ITALIA», sicché vi si provvedeva a
mezzo del servizio postale come da relata del 12-09-2015. Successivamente,
tuttavia, P. chiedeva una nuova notifica del ricorso, in data 17 (diciassette)
settembre 2015 (giovedì, giorno feriale), nei confronti di «C.L. Rap. e dif.
elett. dom. avv.ti S.S., A.S. e G.S., in un’unica copia, Via C. c/f. 20100
MILANO – ITALIA», per cui l’ufficiale giudiziario incaricato vi provvedeva a
mezzo del servizio postale come da relata del 18-09-15 (v quindi il conseguente
avviso di ricevimento pervenuto a destinazione il 23-09-15);

al ricorso per cassazione ha resistito con
controricorso (di cui alla relata notifica in data 30 ottobre / 2 novembre
2015, quindi depositato e iscritto il successivo 17 novembre) la sig.ra C.L,
eccependo tra l’altro la tardività dell’impugnazione avversaria, siccome
eseguita in data 17/18 settembre 2015, oltre il termine c.d. lungo, nella
specie semestrale ex novellato art. 327 c.p.c.
(ratione temporis applicabile in relazione al ricorso introduttivo del giudizio
risalente al 16 settembre / 20  dicembre
2011);

 

Considerato che

 

con il primo motivo la ricorrente ha denunciato ex art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa
applicazione degli artt. 20, co.
4, e 21, co. 1, del d.lgs. n. 276/2003; con la seconda doglianza la
sentenza impugnata è stata censurata ex art. 360 n.
3 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 27 del d.lgs. n.
276/2003 in relazione all’art.
1 del d.lgs. n. 368/2001, nonché degli artt. 12
delle preleggi e 1362 e ss. c.c.;

con il terzo motivo ancora ex art. 360 n. 3 c.p.c. è stata dedotta la violazione
e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 421, 434 e 437 c.p.c.
anche in relazione all’art. 2697 c.c.;

tanto premesso, come pure eccepito dalla
controricorrente, va rilevata la tardività del suddetto ricorso per cassazione,
donde la sua inammissibilità, per violazione del c.d. termine lungo semestrale,
di cui al vigente art. 327 c.p.c., in quanto
ritualmente presentato per la notificazione nei confronti della sig.ra C.
(precedentemente appellata costituita con i soli avv.ti S., A. e G. S. presso i
quali risultava, come in atti, elett.te dom.ta in Milano alla via C.F.)
soltanto giovedì 17 settembre 2015, perciò oltre il termine, perentorio,
all’uopo previsto (in difetto di notifica della sentenza stessa, pubblicata il
16 marzo 2015), quindi il giorno dopo la scadenza del termine ultimo utile, non
operando peraltro in materia di controversie di lavoro, come è noto, la
sospensione dei termini durante il periodo feriale;

invero, l’anzidetta prima notificazione in data 11
settembre 2015 appare radicalmente inesistente de jure, siccome richiesta
presso altro difensore (avv. P. M.) ed altro indirizzo (v. B., Milano), che non
risultano aver avuto mai alcun collegamento con l’intimata C.L., tant’è che il
plico postale, poi spedito il 12 settembre 2015, con n. di cronologico 74258,
veniva restituito come in atti al mittente, in quanto la destinataria era
sconosciuta c/o studio legale M.P., giusta le annotazioni dell’addetto al
recapito in data 17-09-15, pure sul relativo avviso di ricevimento, anch’esso
reso con la dicitura della mancata consegna per irreperibilità del destinatario
“sconosciuta”;

tale restituzione del plico, di cui alla richiesta
di spedizione / notifica in data 11-09- 2015, conferma l’assoluta inidoneità di
detta istanza a consentire il recapito dell’atto alla destinataria, da
effettuarsi presso i procuratori costituiti e suoi domiciliatari come in
risultanti, sicché l’errore ivi commesso incide inevitabilmente pure sulla
validità della richiesta medesima, che non ebbe infatti a raggiungere lo scopo
ex art. 156 c.p.c., raggiungimento così avutosi
esclusivamente in seguito alla corretta indicazione di cui alla richiesta in
data 17 settembre 2015, però ormai tardiva (v. del resto anche Cass. sez. un. civ. n. 14916 del 20/07/2016, che
pur restringendo le ipotesi di inesistenza della notificazione del ricorso,
oltre che al caso di totale mancanza materiale dell’atto, alle sole ipotesi in
cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi
essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come
notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale
nella categoria della nullità, nel precisare detti elementi minimi, ha tuttavia
escluso soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e
semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente
tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa);

pertanto, va dichiarata l’inammissibilità del
suddetto ricorso (peraltro anche infondato, oltre che non autosufficiente ex art. 366 c.p.c. per carenti allegazioni, visto che
i giudici di merito hanno motivatamente rilevato come nella fattispecie in
esame la ragione indicata a giustificazione del ricorso alla somministrazione
di lavoro temporaneo fosse tal punto generica da non consentire neppure la
benché minima verifica sulla stessa effettività della ragione addotta,
correttamente quindi applicando i principi affermati in materia da questa Corte
con la sentenza n. 17550/1.8.2014, conforme tra le altre Cass. lav. n. 197/14.11.18
– 08.01.2019);

l’esito negativo dell’impugnazione de qua comporta
la condanna al rimborso delle relative spese processuali a carico della parte
rimasta soccombente, sussistendo, quindi, anche i presupposti processuali di
legge in ordine al versamento dell’ulteriore contributo unificato.

 

P.Q.M.

 

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la
società ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in #4000,00# euro per
compensi professionali ed in #200,00# euro per esborsi, oltre spese generali al
15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, con attribuzione all’avv. S.S.,
dichiaratasi procuratrice antistataria per la controricorrente.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n.
115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis
dello stesso articolo 13.

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