Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 luglio 2020, n. 16140

Calcolo della pensione integrativa, Indennità di funzione
percepita in virtù del CCNL, Tardività dell’impugnazione

 

Rilevato che

 

1. M.S., premesso di avere prestato il proprio
lavoro alle dipendenze dell’INAM con la qualifica finale di dirigente e che nel
calcolo della pensione integrativa non si era tenuto conto della retribuzione
di posizione ovvero dell’indennità di funzione percepita in virtù del c.c.n.I.,
adiva il giudice del lavoro chiedendo la condanna dell’INPS alla riliquidazione
della pensione per inclusione nella relativa base di calcolo del detto
emolumento;

2. il giudice di primo grado accoglieva la domanda
con statuizione confermata dal giudice di seconde cure;

3. con sentenza n. 23597 /2009 questa Corte cassava
la sentenza di appello e, decidendo nel merito, rigettava la originaria
domanda;

4. l’INPS, il quale aveva dato esecuzione alla
sentenza di primo grado provvedendo alla riliquidazione della pensione ed al
pagamento degli arretrati, proponeva, ai sensi dell’art.
389 cod. proc. civ., domanda di restituzione della complessiva somma di €
69.514,36 con gli ulteriori oneri accessori maturandi fino al saldo;

5. la Corte di appello di Trieste condannava il S.
alla restituzione in favore dell’INPS della somma capitale di € 30.947/34,
oltre agli interessi legali dal giorno delle singole percezioni indebite al
saldo;

6. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso l’INPS sulla base di un unico motivo; la parte intimata ha resistito
con tempestivo controricorso;

 

Considerato che

 

1. con l’unico motivo di ricorso l’istituto
previdenziale deduce omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione
fra le parti, censurando la sentenza impugnata per avere liquidato la somma di
€ 30.947,34, concernente unicamente il periodo da aprile 2004 a marzo 2011, a
fronte di un indebito afferente al periodo, ben maggiore, decorrente dal
gennaio 1997; per come pacifico, infatti, le indebite erogazioni nei confronti
del S. si riferivano al periodo 1997/2011;

2. parte controricorrente ha eccepito la
inammissibilità del ricorso per cassazione notificato su istanza dell’INPS del
10.3.2014, e, quindi, decorso il termine semestrale di impugnazione –
introdotto dall’art. 46 della
legge n. 69 del 2009 – decorrente dalla pubblicazione della sentenza di
secondo grado avvenuta in data 12.3.2013. Secondo parte ricorrente, infatti,
nel caso di specie non poteva trovare applicazione il termine annuale di
impugnazione dovendo aversi riguardo, ai sensi dell’art. 58, comma 1, legge cit.,
all’epoca – successiva al 4 luglio 2009 – della domanda di restituzione, ex art. 389 cod. proc. civ., autonoma rispetto al
giudizio che la aveva originata;

3. il ricorso presenta un duplice profilo di
inammissibilità scaturente sia dalla tardività dell’impugnazione, proposta
oltre il termine semestrale di cui all’art. 327
cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, sia della inidoneità della
censura articolata ad inficiare le ragioni alla base del decisum;

3.1. il giudice di appello, infatti, nella
determinazione del quantum alla restituzione del quale condannare il S., ha
fatto riferimento al conteggio analitico presentato dall’istituto previdenziale
relativamente alle mensilità da aprile 2004 al 30 aprile 2011 per un
complessivo ammontare lordo di € 30.947, 34 (netto 18.621,73) puntualizzando
<<in tal senso, conformemente alla richiesta presentata dall’Inps all’odierna
udienza (nonché in difetto di specifiche contestazioni della controparte),
l’odierno resistente M.S. andrà condannato alla restituzione in favore
dell’Inps della somma capitale di € 30.947,34, oltre agli interessi legali dal
giorno delle singole percezioni al saldo>>. Da tanto si evince che, come
dedotto dalla parte controricorrente (v. pag. 3 controricorso, terzultimo
capoverso) la determinazione del quantum è avvenuta <<in
conformità>> di specifica richiesta dell’INPS. In altri termini, la somma
liquidata è frutto di adesione della Corte di merito al petitum risultante
dalle conclusioni spiegate dall’INPS in sede di udienza di discussione. Tale
circostanza, che nell’economia della motivazione della Corte di merito assume
rilievo decisivo, è del tutto pretermessa nell’articolazione del motivo di
ricorso da parte dell’INPS risultando lo stesso esclusivamente incentrato sulla
deduzione di omesso esame del fatto che le indebite erogazioni a favore del S.
concernevano anche il periodo dal 1997 al 2004;

4. all’inammissibilità del ricorso consegue il
regolamento, secondo soccombenza delle spese di lite;

5. sussistono i presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso art.13
(Cass. Sez. Un. 23535 del 2019);

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese
di lite che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per
esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per
legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

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