Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 luglio 2020, n. 16248

Licenziamento illegittimo, Indennità risarcitoria commisurata
alla retribuzione globale di fatto, Mancata opposizione del decreto ingiuntivo
ottenuto dal lavoratore, Effetto espansivo esterno del giudicato, Diritto
posto alla base di un decreto ingiuntivo, Esercizio della facoltà del
lavoratore di sostituire la reintegrazione con una indennità alternativa, Dies
ad quo di decadenza

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza 28 ottobre 2015, la Corte d’appello
di Salerno dichiarava illegittimo il licenziamento intimato il 12 febbraio 2012
da S. s.p.a. a G.A. e condannava la prima al pagamento, in favore del secondo a
titolo risarcitorio, di un’indennità commisurata alla retribuzione globale di
fatto dal giorno del licenziamento al 15 febbraio 2013, oltre agli accessori di
legge e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il
medesimo periodo, nonché a un’indennità, ai sensi dell’art. 18, quinto comma I. 300/1970,
pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto, in sostituzione
della reintegrazione nel posto di lavoro: così riformando la sentenza di primo
grado, di rigetto della domanda del lavoratore di accertamento di illegittimità
del suddetto licenziamento;

2. avverso la predetta sentenza la società datrice
ricorreva per cassazione con tre motivi, cui il lavoratore resisteva con
controricorso e memoria ai sensi dell’art. 380 bis
1 c.p.c.;

 

Considerato che

 

1. la società ricorrente deduce omesso esame del
fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, quale
l’avvenuto esercizio del diritto di opzione per l’indennità sostitutiva della
reintegrazione con la nota 8 novembre 2012 anziché il 15 febbraio 2013, con le
conseguenti cessazione del rapporto di lavoro e condanna della datrice al
relativo risarcimento del danno fino alla prima data (primo motivo);

violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per la condanna della società al
pagamento di un’indennità sostitutiva della reintegrazione, pari a quindici
mensilità, in assenza di una domanda del lavoratore in tale senso, in quanto
non contenuta nelle conclusioni del ricorso introduttivo del giudizio di primo
grado (secondo motivo);

violazione e falsa applicazione dell’art. 18, quinto comma I. 300/1970,
per la riconosciuta possibilità di esercizio dell’opzione sostitutiva della
reintegrazione anche all’esito di ordinanza cautelare in via d’urgenza ai sensi
dell’art. 700 c.p.c. (terzo motivo);

2. in via preliminare, deve essere ritenuta
l’ammissibilità del ricorso, non comportando la mancata opposizione del decreto
ingiuntivo ottenuto dal lavoratore al pagamento, nei confronti della società
datrice, della somma di € 39.336,30 relativa alle quindici mensilità di
commisurazione dell’indennità riconosciuta dalla sentenza, oggetto dell’odierno
ricorso, alcun effetto preclusivo per la formazione di un supposto giudicato;

2.1. è noto, infatti, che l’effetto espansivo
esterno del giudicato, previsto dall’art. 336,
secondo comma c.p.c., operi anche nel caso in cui il diritto posto alla
base di un decreto ingiuntivo, ottenuto in base ad una sentenza immediatamente
esecutiva sull’an debeatur, sia stato negato a seguito di riforma o cassazione
della sentenza che l’aveva accertato e travolga gli effetti anche esecutivi del
decreto stesso (Cass. 13 giugno 2014, n. 13492; Cass. 13 settembre 2019, n.
22864);

3. i tre motivi, congiuntamente esaminabili per
ragioni di stretta connessione, sono infondati;

3.1. in ordine all’esercizio della facoltà del
lavoratore di sostituzione della reintegrazione con una indennità alternativa,
il legislatore ne ha fissato il dies ad quem di decadenza in trenta giorni dal
ricevimento dell’invito del datore di lavoro di riprendere il servizio, ovvero
dalla comunicazione del deposito della sentenza, poiché fino allo scadere del
suddetto termine il diritto del lavoratore di ottenere l’indennità monetaria al
posto della reintegrazione, quale effetto delle statuizioni contenute nella
sentenza dichiarativa dell’illegittimità del recesso, fa parte del suo patrimonio
(Cass. 29 gennaio 2018, n. 2139);

3.2. quanto al dies a quo della richiesta, esso può
ben essere anteriore, in quanto l’istanza sia contenuta nel ricorso
introduttivo del giudizio (Cass. 28 novembre 2006,
n. 25210) o sia formulata in corso di causa (Cass.
28 luglio 2005, n. 15898) o anche nel ricorso per ottenere in via d’urgenza
un provvedimento contro il licenziamento ritenuto illegittimo (Cass. 25 gennaio 2011, n. 1690); tuttavia,
l’estinzione del rapporto (senza necessità di pagamento dell’indennità stessa
né di permanenza per il periodo successivo, in cui la prestazione lavorativa
non è dovuta dal lavoratore né può essere pretesa dal datore di lavoro, di
alcun obbligo retributivo), in virtù della comunicazione al datore di lavoro di
tale scelta (Cass. s.u. 27 agosto 2014, n. 18353),
consegue quale effetto delle statuizioni della suddetta sentenza dichiarativa
di illegittimità del recesso (Cass. 29 gennaio
2018, n. 2139);

3.3. pertanto l’omesso esame del fatto denunciato
(l’avere il lavoratore esercitato l’opzione per l’indennità sostitutiva della
reintegrazione con la nota dell’8 novembre 2012) difetta di decisività in
quanto inidoneo, in mancanza, in quella data, di una sentenza di accertamento
dell’illegittimità del licenziamento e costitutiva dell’obbligo di
reintegrazione del rapporto, alla sua estinzione; peraltro, detta nota vale ai
fini di manifestazione della volontà di esercitare l’opzione per l’indennità
sostitutiva di quindici mensilità ed è stata pure reiterata al punto 4 delle
conclusioni del ricorso introduttivo del lavoratore (trascritto al secondo
capoverso di pg. 11 del ricorso), così dovendosi pure escludere la violazione
del principio di non corrispondenza della pronuncia (di condanna al pagamento
di indennità sostitutiva della reintegrazione), alla domanda, che invece ne
conteneva la richiesta;

3.4. infine, è altresì corretto il riconoscimento
della possibilità di esercizio dell’opzione sostitutiva della reintegrazione
anche all’esito di ordinanza cautelare in via d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. nei limiti suddetti, per le
ragioni illustrate;

4. le superiori argomentazioni comportano il rigetto
del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di
soccombenza, con distrazione in favore dei difensori antistatari secondo la
loro richiesta e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella
ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass.
s.u. 20 settembre 2019, n. 23535);

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la società alla
rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che
liquida in € 200,00 per esborsi e € 7.000,00 per compensi professionali, oltre
rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con
distrazione in favore dei difensori anticipatari.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente,

dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello
stesso art. 13, se dovuto.

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