Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 luglio 2020, n. 16251

Licenziamento per giusta causa, Guardia giurata, Numerose
assenze per malattia, Rifiuto del lavoratore di prestare il consenso a
sottoporsi ad accertamenti sanitari, Contestazione disciplinare, Accertamento
tecnico preventivo ex art. 445 bis, c.p.c.
previsto per deflazionare il contenzioso in materia previdenziale, Divieto del
datore di lavoro di controllare lo stato di salute dei propri dipendenti

 

Svolgimento del processo

 

Il Tribunale di Milano rigettava il ricorso promosso
da A.F., in opposizione all’ordinanza resa dallo stesso Tribunale in data 7
luglio 2017, al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimità del
licenziamento per giusta causa intimatogli in data 17 novembre 2016 da A. spa.

Il ricorrente riferiva di aver iniziato a prestare
la propria attività lavorativa in favore della convenuta a partire dal 3
ottobre 2009, dapprima in forza di un contratto di apprendistato e, poi, di un
contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato quale guardia giurata.

A., a seguito di numerose assenze per malattia del
lavoratore aveva adito il Tribunale al fine di promuovere un a.t.p. diretto ad
accertare lo stato di salute dell’A. che, costituitosi, tuttavia si dichiarava
indisponibile a sottoporsi all’esame.

Il giudice aveva quindi dichiarato il non luogo a
provvedere.

Il 9 novembre 2016 l’A. aveva ricevuto una
contestazione disciplinare da parte della società, con cui si censurava il
rifiuto del lavoratore di prestare il consenso a sottoporsi agli accertamenti,
rendendo così impossibile la verifica del suo stato di salute e
“giustificando ulteriormente i sospetti circa l’effettiva sussistenza
degli episodi morbosi”.

La società, non accogliendo le giustificazioni del
lavoratore, procedeva al suo licenziamento per giusta causa in data 17.11.16.

Il giudice dell’opposizione osservava come le
numerose assenze per malattia del lavoratore nel corso del 2016, attestate da
certificati emessi da medici diversi e poste a ridosso dei weekend e spesso
alternate a ferie e permessi nei mesi di luglio e agosto 2016, avessero
ingenerato in A. s.p.a. dubbi circa l’effettività delle malattie stesse,
ritenendo inoltre che il rifiuto dell’A. a sottoporsi a CTU nell’ambito del
giudizio per ATP dovesse essere qualificata come una rilevante violazione dei
doveri di correttezza e buona fede gravanti sul lavoratore.

Rigettava pertanto l’opposizione.

Contro la sentenza proponeva reclamo F.A. per non
avere il Tribunale considerato che egli si costituì in sede di ATP, producendo
documentazione sanitaria comprovante la sussistenza delle malattie e lamentando
l’assenza di valutazione sul concorso di colpa della società per la tardività
degli accertamenti ex art. 1227 c.c., senza mai
aver proceduto ad eseguire i controlli sanitari previsti per le assenze
effettuate, negando il suo obbligo di sottoporsi a c.t.u. nel procedimento di
a.t.p.

Con sentenza depositata il 16.5.18, la Corte
d’appello di Milano in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava
illegittimo il licenziamento intimato all’A. da A. spa e, per l’effetto
condannava quest’ultima a reintegrare il reclamante nel precedente posto di
lavoro con le medesime o equivalenti mansioni ed a corrispondergli l’indennità
risarcitoria pari alle retribuzioni globali di fatto maturate dal giorno del
recesso a quello dell’effettiva reintegrazione, nel limite massimo di 12
mensilità, oltre accessori di legge ed alle spese del doppio grado. »

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso
la A., affidato a sette motivi, poi illustrati con memoria.

Resiste l’A. con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia la
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175,
1375, 2105 e 2119 c.c., anche in relazione agli artt. 5 L.n. 300/70 e 696 c.p.c.

Lamenta che la sentenza impugnata ritenne
erroneamente che il rifiuto del lavoratore a sottoporsi all’ATP ed ispezioni
sulla sua persona era facoltà della parte non qualificabile come grave
inadempimento agli obblighi lavorativi (ai sensi dell’art. 696 c.p.c.) mentre era assolutamente
valutabile come grave violazione degli obblighi di correttezza e buona fede
nell’esecuzione del contratto di lavoro.

2. – Con secondo motivo la società denuncia la
violazione degli artt. 116 e 118,co.2, c.p.c., anche in relazione all’art.13, co.2, e 32,
co.2, della Costituzione, laddove la corte di merito aveva escluso che dal
rifiuto del lavoratore di sottoporsi all’ATP potessero evincersi argomenti di
prova circa l’inesistenza delle malattie denunciate.

3. -Con terzo motivo la A. denuncia di nullità la
sentenza per non aver valutato gli elementi di prova offerti dalla società,
quali le date delle assenze (contigue ai fine settimana ed altri giorni non
lavorativi), la diversità dei medici che certificarono le varie malattie.

4. – Con quarto motivo la società denuncia la
violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in ordine alla violazione dei principi
che regolano la prova presuntiva, ed in particolare la sussistenza dei
requisiti di gravità, precisione e concordanza, ravvisabili invece nella
fattispecie, anche valutate le varie patologie denunciate (lombalgia,
torocalgia, gastroenterite, rimozione di unghia incarnita, etc.) che non
giustificavano certamente i 60 giorni di assenza in 10 mesi.

5. – Con quinto motivo la società denuncia l’omesso
esame di un fatto decisivo ex art. 360, co. 1, n.5
c.p.c in ordine ai medesimi fatti ora esposti.

6. – con sesto motivo la ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 115, co. 1, c.p.c., per
avere erroneamente ritenuto che le certificazioni mediche dell’A. erano rimaste
del tutto incontestate, mentre la società aveva evidenziato che tali
certificazioni erano incomplete.

7. – con settimo, subordinato, motivo ìa società
denuncia la violazione dell’art.18,
commi 4 e 5, L. n. 300/70. Lamenta che la sentenza impugnata ritenne
erroneamente applicabile nella specie la tutela di cui all’art.18, co.4, Stat.lav. per
insussistenza del fatto contestato, laddove, al più, poteva applicarsi la
tutela di cui al co.5, che presuppone la presenza del fatto contestato non
integrante tuttavia gli estremi della giusta causa o del g.m. soggettivo di
licenziamento.

8. – I motivi possono essere congiuntamente
esaminati stante la loro connessione.

Deve premettersi che gli obblighi di correttezza e
buona fede, sovente denunciata in ricorso, costituiscono un metro di
valutazione in ordine all’adempimento o meno degli obblighi contrattuali e non
anche una autonoma fonte di questi ultimi (ex aliis, Cass. n. 28974 del 04/12/2017, Cass. n. 6501 del 14/03/2013).

Occorre poi considerare che l’a.t.p., previsto dall’art.445 bis c.p.c. per deflazionare il
contenzioso in materia previdenziale e non certo per consentire al datore di
lavoro di controllare lo stato di salute dei propri dipendenti, è dunque
previsto come condizione di procedibilità nelle controversie di cui sopra,
mentre per lo scopo voluto nella fattispecie dal datore di lavoro sovviene l’art.5 L.n.300/70 secondo cui:
“sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e
sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. 2. Il
controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso
i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono
tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. 3. Il datore di
lavoro ha (inoltre) facoltà di far controllare la idoneità fisica del
lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto
pubblico”.

Il nuovo art.445 bis
c.p.c. prevede quindi come condizione di procedibilità nelle controversie
previdenziali la presentazione, unitamente al ricorso giudiziario, di una
istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni
sanitarie legittimanti la pretesa previdenziale fatta valere, restando così
fermo il fatto che si tratta di un onere gravante su chi intende richiedere in
giudizio una prestazione a carico dell’INPS, e non certo di un nuovo istituto,
che si affiancherebbe senza alcun fondamento normativo agli ampi e diversi
strumenti già indicati nel detto art.5
S.L., che consente al datore di lavoro il controllo circa lo stato di salute
dei suoi dipendenti ovvero la veridicità delle malattie da essi denunciate come
causa di legittime assenze dal lavoro.

La circostanza poi che il ridetto art. 445 bis richiami, nel procedimento da
seguire in tema di a.t.p. ed in quanto compatibile, l’art. 696 c.p.c., previsto tra i mezzi di
istruzione preventiva in casi connotati da particolare urgenza, non vale certo
ad assimilare i due istituti, dovendo pertanto escludersi che al datore di
lavoro sia consentito, in deroga non prevista al citato art. 5 S.L., far controllare
per tale via, lo stato di salute dei suoi dipendenti.

Ciò incide anche sulla denunciata violazione degli artt. 116 e 118,co.2,
c.p.c., che presuppongono un ordine giudiziale di ispezione, scaturito
dall’istruttoria e non dal solo ricorso di una parte avente tale oggetto,
restando comunque necessario il consenso dell’altra parte (art. 696, co. 1, c.p.c.), consenso non richiesto
dall’ispezione ex art.118.

I motivi da 3 a 6 sono inammissibili in quanto
diretti ad una diversa valutazione dei fatti di causa nel regime di cui al
novellato n.5 dell’art. 360, co. 1, c.p.c.

Il settimo motivo è invece infondato, non essendo
affatto emersa dall’istruttoria la sussistenza dei fatti contestati.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in
€.200,00 per esborsi, €.5.000,00 per compensi professionali, oltre spese
generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12
n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1 bis dello stesso art.13, se
dovuto.

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