Il danno non patrimoniale costituisce una categoria unitaria dal punto di vista giuridico nel senso che sia l’accertamento che la liquidazione di tale pregiudizio devono essere compiuti secondo regole identiche in relazione alla lesione di qualsiasi diritto inviolabile della persona costituzionalmente protetto. Tuttavia, tale categoria è “fenomenologicamente binaria sotto il profilo della sua concreta manifestazione: ogni danno non patrimoniale può, dunque, estrinsecarsi tanto in una modificazione peggiorativa della vita quotidiana e delle attività dinamico-relazionali della persona, quanto nella sofferenza interiore (cd. danno morale). In tale prospettiva, in presenza di un danno alla salute, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, quale pregiudizio dinamico-relazionale incidente sul fare a-reddituale dell’individuo (sia quali ripercussioni comuni a tutte le persone che dovessero patire quel medesimo tipo di invalidità, sia come compromissioni peculiari del caso concreto, da risarcire in sede di personalizzazione), nonché di una ulteriore somma a titolo di ristoro delle conseguenze che non hanno fondamento medico-legale – perché non aventi base organica ed estranee alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente – rappresentate dalla sofferenza interiore” (v. Cass. n. 12041/2020 e, fra tante, Cass. n. 4878/2019, la quale ha anche sottolineato che, laddove il pregiudizio determinato dal dolore dell’animo, dalla vergogna, dalla disistima di sé, dalla paura, dalla disperazione, sia dedotto e provato, esso deve formare oggetto di separata valutazione e liquidazione e Cass. n. 23469/2018).

J.D.F.

Danno non patrimoniale
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