Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 luglio 2020, n. 16566

Inarcassa, Iscrizione, Obbligo per tutti gli ingegneri ed
architetti che esercitano la professione con carattere di continuità

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’appello di Roma ,in riforma della
sentenza del Tribunale, ha accolto la domanda di P. C. con cui quest’ultimo
chiedeva accertarsi non dovuta la somma di Euro 5.043,08 richiesta
dall’Inarcassa a titolo di contributo soggettivo relativo all’anno 1998, nonché
l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’Istituto.

La Corte, premesso che il ricorrente era stato
iscritto all’Inps fino 1/9/1998 e successivamente all’Inarcassa, ha ritenuto
che il contributo soggettivo fosse dovuto nella misura riferita agli effettivi
mesi di iscrizione all’Inarcassa nel 1998. Secondo la Corte la circostanza che
l’art. 24 dello statuto e prima ancora l’art. 9 L. n 290/1990 prevedesse
la frazionabilità in relazione ai mesi di effettiva iscrizione del solo contributo
minimo non consentiva di escludere, come sostenuto da Inarcassa, che l’obbligo
contributivo soggettivo di cui era causa fosse limitato al periodo di effettiva
iscrizione.

La Corte ha esposto che secondo l’art. 21 L. n 6/1981 vi è
obbligo di iscrizione all’Inarcassa per tutti gli ingegneri ed architetti che
esercitano la professione con carattere di continuità; che la relativa
contribuzione non può che riferirsi al periodo di effettiva iscrizione nel
quale il reddito è stato prodotto in forza dell’attività professionale
espletata in via continuativa e non anche in caso di prestazioni professionali
svolte occasionalmente nel periodo precedente l’iscrizione ,mentre il C. era
coperto da altra forma di contribuzione obbligatoria (circostanza che esclude
l’iscrizione nel periodo ex art 7 dello Statuto).

La Corte ha poi ritenuto che la delibera
dell’Inarcassa del 18 e 19 settembre 2008, in base alla quale la Cassa avrebbe
preso in considerazione i soli redditi prodotti dal professionista durante il
periodo di effettiva iscrizione, non era innovativa, ma soltanto modificativa
della precedente erronea interpretazione adottata dalla Cassa, con la
conseguenza che il contributo soggettivo andava parametrato al reddito prodotto
nei mesi di effettiva iscrizione alla Cassa.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso in
cassazione l’Inarcassa con un motivo . Resiste il C. Entrambe le parti hanno
depositato memorie ex art. 378 cpc.

 

Ragioni della decisione

 

3. Inarcassa denuncia violazione dell’art. 9 L. n. 290/1990, dell’art.
24 Statuto Inarcassa e delle norme in tema di commisurazione dei contributi
previdenziali ai mesi di effettiva iscrizione del professionista. Deduce che
,sia la norma di legge sia di statuto, dispongono in modo chiaro che soltanto
per i contributi minimi il pagamento è commisurato ai mesi di effettiva
iscrizione ed il Tribunale ha correttamente osservato che la contribuzione è
ancorata alla percentuale di reddito ed al volume d’affari dichiarati ai fini
irpef e dell’IVA in modo globale annuo . Sottolinea la necessità che tutte le
forme di reddito siano soggette a contribuzione e che, diversamente, il C. non
verserebbe alcun contributo per i redditi professionali prodotti prima
dell’iscrizione all’Inarcassa.

Osserva , inoltre, circa la delibera Inarcassa del
18 e 19 settembre 2008 con cui sono stati introdotti elementi di novità ed in
particolare si è stabilito che “il reddito professionale netto imponibile
viene ora individuato considerando esclusivamente la sua quota parte in
dodicesimi corrispondente ai periodi di effettiva iscrizione e contribuzione
obbligatoria maturata presso Inarcassa nell’anno solare “, che è
disposizione innovativa ed applicabile solo con la nuova delibera come
desumibile dall’espressione” ora”.

3. Il ricorso è infondato . La Cassa ha richiesto al
C. il pagamento del contributo soggettivo sul reddito professionale prodotto e
dichiarato ai fini irpef ed IVA nell’intero anno 1998, sebbene fino al
settembre 1998 , il C. fosse iscritto all’Inps e solo successivamente
all’Inarcassa. La pretesa dell’Istituto non è , dunque, limitata al reddito
professionale prodotto dal C. durante l’iscrizione all’Inarcassa,avvenuta solo
a decorrere dall’1/9/1998, ma è estesa all’intero reddito professionale
prodotto nel corso dell’anno 1998.

Secondo la Corte territoriale, invece, la
contribuzione dovuta alla Cassa, avendo quale presupposto l’iscrizione all’ente
previdenziale , non può che riferirsi al periodo di effettiva iscrizione nel
quale il reddito professionale è stato prodotto in forza dell’attività
professionale espletata in via continuativa e non anche, in ipotesi, a seguito
di prestazione professionale svolte occasionalmente nel periodo precedente
l’iscrizione.

4. La decisione della Corte è fondata.

Giova ricordare che l’iscrizione all’INARCASSA è
preclusa agli ingegneri e agli architetti che siano iscritti ad altre forme di
previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o,
comunque ,di altra attività esercitata (art. 2, I. n. 1046/1971, la cui
disposizione è stata reiterata dall’art. 21, comma 5, I. n. 6/1981
e, da ultimo, dall’art. 7, comma 5, dello Statuto INARCASSA, approvato giusta
le disposizioni del decreto legislativo n. 509/1994). Costoro,
conseguentemente, non sono tenuti al versamento del contributo soggettivo,
bensì unicamente al versamento del contributo integrativo, dovuto da tutti gli
iscritti agli albi di ingegnere e architetto, indipendentemente dall’iscrizione
all’INARCASSA, nella forma di una maggiorazione percentuale che deve essere
applicata dal professionista su tutti i compensi rientranti nel volume di affari
e versata alla Cassa indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia
eseguito il debitore, salva ripetizione nei confronti di quest’ultimo (art. 10, I. n. 6/1981,
riprodotto negli stessi termini dall’art. 5 del Regolamento di previdenza
INARCASSA). E’, altresì noto che al versamento di tale contributo integrativo
non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio.

Le suddette considerazioni determinano, con evidenza,
l’infondatezza della pretesa dell’Inarcassa di ottenere il pagamento del
contributo soggettivo con riferimento a tutta l’attività professionale svolta
dal C., anche prima dell’iscrizione alla Cassa ed anzi con riferimento a
periodo in cui non avrebbe neppure potuto iscriversi in quanto già assicurato
Inps come insegnante.

5.Quanto alla considerazione formulata dalla
ricorrente secondo cui la decisione impugnata comporterebbe che il C. non
sarebbe tenuto a versare alcun contributo per i redditi professionali prodotti
prima dell’iscrizione all’Inarcassa e dunque della possibile esistenza di un
vuoto di obbligo assicurativo relativo all’attività professionale del libero
professionista iscritto ad un ordine professionale per cui esiste una cassa
previdenziale di riferimento, è noto che questa Corte ( cfr Cass. n n. 30344 del 2017, n. 30345 del 2017, n.
1172 del 2018, n. 2282 del 2018, n.1643 del 2018 e successive) , ha già
esaminato la posizione degli ingegneri ed architetti, iscritti ad altre forme
di previdenza obbligatorie, e che non possono iscriversi ad INARCASSA, alla
quale versano esclusivamente un contributo integrativo. Con tali pronunce ,le
cui ampie motivazioni sono del tutto condivisibili , si è affermata la
sussistenza dell’obbligo assicurativo , ricorrendone i presupposti ,nella
gestione separata Inps.

6. Va, infine , rilevato che la delibera Inarcassa
del 18 e 19 settembre 2008 con cui sono stati introdotti elementi di novità ed
in particolare si è stabilito che “il reddito professionale netto
imponibile viene ora individuato considerando esclusivamente la sua quota parte
in dodicesimi corrispondente ai periodi di effettiva iscrizione e contribuzione
obbligatoria maturata presso Inarcassa nell’anno solare” , non ha portata
innovativa. Così come affermato dalla Corte territoriale “deve intendersi
meramente modificativo della precedente erronea interpretazione adottata dalla
Cassa al fine di adeguarla  alla reale e
sostanziale portata della normativa in tema di iscrizione obbligatoria”.

7. Per le considerazioni che precedono il ricorso
deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese
processuali avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione
del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 quater, dpr n 115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare
le spese processuali liquidate in Euro 2.000,00 per compensi professionali
oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per
esborsi.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis,
dello stesso art. 13.

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