Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 agosto 2020, n. 17574

Licenziamento per giusta causa, Irregolare contabilizzazione
della merce e sottrazione di beni, Deliberate e reiterate violazioni delle
disposizioni aziendali, Critiche ed obiezioni avverso la valutazione delle
risultanze istruttorie quale operata dal giudice del merito, Esercizio del
potere di libero e prudente apprezzamento delle prove a lui demandato

 

Fatti di causa

 

1. La Corte di appello di Messina, confermando la
sentenza del Tribunale della medesima sede pronunciata in sede di opposizione
ex art. 1, comma 57, della legge
n. 92 del 2012, ha – con sentenza n. 854 del 31.10.2018 – respinto la
domanda di annullamento del licenziamento per giusta causa intimato da M.
s.r.l. con lettera del 24.10.2015 a A.D.S., responsabile di un punto vendita
presso il supermercato E., per irregolare contabilizzazione della merce,
sottrazione di beni, irregolare gestione delle shopper bags.

2. La Corte, ritenuta tempestiva la contestazione
disciplinare nonché puntuale e specifica la lettera di licenziamento, escludeva
l’adozione di “metodi polizieschi” da parte del datore di lavoro nel
corso della istruttoria preliminare alla contestazione disciplinare nonché la
violazione dell’art. 213 del CCNL
settore Terziario, Distribuzione e Servizi e rilevava che i numerosi
episodi di irregolare contabilizzazione della merce, di sottrazione di merce,
di errata gestione delle shopper bags costituivano comportamenti non
semplicemente colposi ma deliberate e reiterate violazioni delle disposizioni
aziendali commesse allo scopo di favorire sé stesso nella disponibilità piena
della cassa ovvero di favorire i terzi che, nella migliore delle ipotesi,
ritardavano i pagamenti della merce ovvero non vi provvedevano in alcun modo,
con conseguente integrazione del paradigma legale della giusta causa di
recesso.

3. Per la cassazione di tale sentenza D.S. ha
proposto ricorso affidato a nove motivi. La società resiste con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt.  24 Cost., 1175,
1345, 1375
cod.civ., 116 cod.proc.civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.)
avendo, la Corte distrettuale, proceduto ad una errata lettura delle prove in
ordine alla circostanza dell’avvio, da parte del datore di lavoro, di vere e
proprie indagini poliziesche per accertare gli addebiti disciplinari, indagini
riferite dai testimoni A,, G., P., comportamento illegale che integra un
profilo di nullità del licenziamento per motivo illecito determinante.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia
violazione e falsa applicazione dell’art. 213 CCNL settore Terziario,
Distribuzione e Servizi (in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, ritenuto
“ininfluente tale disposizione sotto il presupposto che la norma non
riguardasse il caso in cui al responsabile del punto vendita sia addebitato di
aver consentito che la merce venisse portata fuori dal magazzino senza i
necessari documenti contabili (fatto completamente inventato dai Giudici di
appello per mancanza di riferimento probatorio, in effetti, la merce non usciva
dal magazzino ma veniva messa da parte e scontrinata al momento dell’uscita)
così come la Corte di appello si è inventata (non vi è alcun supporto
probatorio e non è stato nemmeno contestato) la circostanza che il D.S. si  sarebbe reso colpevole di sottrazione di
merce”.

3. Con il terzo motivo di ricorso si denunzia
violazione dell’art. 7
dello Statuto dei lavoratori (in relazione all’art.
360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale,
ritenuto tempestiva la contestazione disciplinare (del 26.9.2015) nonostante
l’inventario della merce era stato fatto il 5.7.2015 e la maggior parte delle
condotte addebitate al lavoratore erano già a conoscenza del datore di lavoro e
non presentavano alcuna complessità di accertamento.

4. Con il quarto motivo di ricorso si denunzia
violazione degli artt. 2119 e 2697 cod.civ., 5 legge n. 604 del 1966, 116 cod.proc.civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.)
avendo, la Corte distrettuale, ritenuto provate le  circostanze afferenti le pretese infrazioni
disciplinari benché sfornite di un minimo di elemento di prova.

Invero, con riguardo alla merce in uscita non
scontrinata, non esisteva alcuna procedura aziendale scritta da osservare, e il
D.S. ha agito con l’intento di agevolare e fidelizzare il cliente, senza
arrecare danno alla società, come confermato dai testimoni D’A., G., P. e dal
comportamento contraddittorio della ispettrice R.; con riguardo alla gestione
delle avarie e rotture, condotta non immediatamente contestata al lavoratore,
il D.S. aveva ricevuto direttive aziendali (come confermato dal testimone
D’A.); infine, con riguardo alla gestione Shoppers supplementare, il D.S. aveva
dato disposizione che dovessero essere pagati (come confermato dai testi B., G.
e D’A.).

5. Con il quinto motivo di ricorso si denunzia
violazione dell’art. 2, comma
2, della legge n. 604 del 1966 come novellato dalla legge n. 92 del 2012 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.)
avendo, la Corte distrettuale, trascurato di motivare sul motivo di appello
relativo alla inefficacia del licenziamento per mancata specificazione
contestuale dei motivi ed avendo confuso fra lettera di contestazione
disciplinare e lettera di licenziamento (non potendosi attribuire alcun valore
alla integrazione dei motivi ricevuti dal lavoratore il 30.10.2015 ossia
successivamente alla lettera di recesso).

6. Con il sesto motivo di ricorso si denunzia
violazione dell’art. 7
dello Statuto dei lavoratori (in relazione all’art.
360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale,
ritenuto – in adesione a giurisprudenza consolidata – irrilevante l’affissione
del codice disciplinare, nonostante il comportamento del D.S. non potesse
ritenersi né eticamente disdicevole o contrario a doveri fondamentali né
sanzionabile penalmente.

7. Con il settimo motivo di ricorso si denunzia
violazione del principio di proporzionalità (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.)
avendo, la Corte distrettuale, ritenuto legittimo il licenziamento nonostante i
fatti addebitati non siano tipizzati nel contratto collettivo e il D.S. non
avesse mai subito prima contestazioni disciplinari.

8. Con l’ottavo motivo di ricorso si denunzia
violazione dell’art. 132 cod.proc.civ. per
omesso esame di un fatto decisivo (in relazione all’art.
360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale,
“omesso di esaminare i vari motivi di appello … incorrendo per tale
omissione in una serie di errori e inesattezze che hanno comportato lo
stravolgimento del processo dal punto di vista fattuale e di diritto senza
nessun supporto probatorio la Corte di appello è arrivata (erroneamente a
interpretare la prova testimoniale che è questione di merito sottratta al
giudizio di questa corte ma a creare e inventare circostanze non risultanti
dall’istruttoria”.

9. Con il nono motivo di ricorso si denunzia
violazione dell’art. 92 cod.proc.civ. (in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3,
cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale,  condannato il lavoratore al pagamento delle
spese di lite invece che – visti i motivi innanzi esposti e la probabile
soccombenza virtuale – condannare la società o, in subordine, a seguito della
recente sentenza n. 77 del 2018 della Corte
Costituzionale, compensare le spese.

10. I motivi dal primo all’ottavo, che possono
essere esaminati congiuntamente in quanto intimamente connessi, sono inammissibili
e per la parte residua infondati.

10.1. Preliminarmente, le censure (in specie i
motivi secondo, terzo, quinto) sono prospettate con modalità non conformi al
principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui
parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il
contenuto delle lettere di contestazione disciplinare e di licenziamento,
potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto
a presidio del suddetto principio dall’art. 366
c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c.,
comma 2, n. 4 (Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224;
Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698;  Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726).

Medesimo rilievo di inammissibilità deve sollevarsi
con riguardo all’ottavo motivo di ricorso in relazione alla mancata
trascrizione dei motivi di reclamo di cui il ricorrente lamenta l’omessa
valutazione da parte della Corte distrettuale (anche volendo tralasciare
l’irritualità della formulazione del motivo che, censurando un difetto di
attività del giudice di merito, doveva essere fatto valere attraverso la
deduzione del relativo  “error in
procedendo” e della violazione dell’art. 112
cod.proc.civ., cfr. Cass. nn. 12952 del 2007, 21165 del 2013, 7871 del 2012, 329
del 2016).

10.2. Debbono, inoltre, ritenersi inammissibili le
censure (in specie i motivi primo, secondo, quarto) che si traducono in
critiche ed obiezioni avverso la valutazione delle risultanze istruttorie quale
operata dal giudice del merito nell’esercizio del potere di libero e prudente
apprezzamento delle prove a lui demandato dall’art.
116 cod. proc. civ. (cfr. in motivazione, ex plurimis, Cass. n.22283 del
2014). Le censure si risolvono, nella sostanza, in una richiesta di
rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di
merito, richiesta ormai del tutto inammissibile, trattandosi di fattispecie
ricadente, ratione temporis, nel regime risultante dalla modifica dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod.proc.civ. ad
opera dell’art. 54 del d.l. n. 83
del 2012 ove il vizio di motivazione si restringe a quello di violazione di
legge, come chiarito dalle Sezioni Unite, sentenza
n. 8053 del 2014. Il ricorrente, difatti, lungi dal prospettare a questa
Corte un vizio realmente rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., si
volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze procedimentali
così come accertate e ricostruite dalla corte territoriale, muovendo
all’impugnata sentenza censure del tutto inaccoglibili, perchè la valutazione
delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse –
ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di
fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a
fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di
prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione
circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente
non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni
del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e
discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi
deduzione difensiva..

10.3. Il terzo motivo di ricorso presenta un
ulteriore profilo di inammissibilità ove si critica la sentenza impugnata per
non aver ritenuto violato il principio di immediatezza e tempestività
dell’azione disciplinare.

Per consolidata giurisprudenza di questa Corte
l’accertamento della violazione del principio della tempestività della
contestazione disciplinare spetta al giudice di merito ed è insindacabile in
sede di legittimità se congruamente motivato (cfr., ex plurimis, Cass. n. 13183
del 2018; Cass. n. 14195 del 2018; Cass. n. 1247 del 2015; Cass. n. 25070 del
2013; Cass. n. 29480 del 2008; Cass. . n. 22066 del 2007; Cass. n. 14115 del 2006). In particolare rileva
l’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione contestata
e non l’astratta percettibilità o conoscibilità dei fatti stessi (Cass. n.
23739 del 2008; Cass. n. 21546 del 2007).

10.4. Per quel che risulta, la censura di cui al
quinto motivo è, altresì, infondata, avendo – la Corte distrettuale –
affrontato espressamente la doglianza relativa alla mancata contestualità,
nella lettera di licenziamento, dei motivi di recesso. La Corte distrettuale
ha, invero, precisato che “Come correttamente rilevato dal primo giudice,
la comunicazione di licenziamento, datata 24 ottobre 2015, contiene un puntuale
richiamo alle contestazioni mosse al lavoratore con lettera datata 26.9.2015
nonché il riferimento alle difese date dal D.S. in sede di audizione e alle
dichiarazioni rese dagli altri lavoratori, sicchè appare corretto ritenere che
al recesso sia stata data contestuale giustificazione con esposizione dei
motivi ad esso sottesi.”

10.5. Il sesto motivo di ricorso non è fondato, in
quanto la Corte distrettuale si è conformata all’orientamento consolidato
(richiamato altresì dal ricorrente) in materia di  affissione del codice disciplinare (sulla
irrilevanza della affissione del codice disciplinare in presenza di violazione
di norme di legge e comunque di doveri fondamentali del lavoratore,
riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione, cfr. da ultimo
Cass. n. 6893 del 2018) ed ha, coerentemente,
sottolineato che le condotte poste in essere dal De Salvo costituivano una
“sottrazione di beni” nonché una irregolare contabilizzazione,
addebiti “reiterati nel tempo, frutto di comportamenti che erano stati già
censurati dall’azienda e commessi approfittando della funzione di Responsabile
del punto vendita” (pag. 5-6 della sentenza impugnata).

10.6. Il settimo motivo di ricorso non è fondato. In
proposito, vale richiamare la trama argomentativa contenuta in un recente
arresto di questa Corte che ha analizzato funditus i rapporti tra licenziamento
e previsioni disciplinari della contrattazione collettiva (Cass. n.12365 del 2019; nello stesso senso v.
Cass. n. 14247 del 2019; Cass. n. 14248 del 2019; Cass.
n. 14500 del 2019; Cass. n. 14604 del 2019; conformi anche Cass. n. 19578 del 2019; Cass. n. 21628 del 2019). In particolare, con
riguardo alla censura della mancata tipizzazione delle condotte addebitate al
D.S. nell’ambito del contratto collettivo applicato dal datore di lavoro, va
rilevato che quella della giusta causa e del giustificato motivo è una nozione
legale, e, conseguentemente, si è più volte espresso il generale principio che
tali previsioni non vincolano il giudice di merito (ex plurimis, Cass. n. 8718
del 2017; Cass. n. 9223 del 2015; Cass. n. 13353 del 2011).

La Corte di Appello ha proprio effettuato detta
verifica, ravvisando nella specie l’estrema gravità trattandosi “di
deliberate violazioni delle disposizioni aziendali, commesse allo scopo di
favorire sé stesso nella disponibilità piena della cassa ovvero di favorire i
terzi che, nella migliore delle ipotesi, ritardavano i pagamenti della merce
ovvero non vi provvedevano in alcun modo”.

Trattasi di argomentazione plausibile, commisurata a
tutte le circostanze del caso concreto che compete al giudice del merito
apprezzare e che è sottratta al controllo di legittimità, per cui la diversa
opinione della parte soccombente non è idonea a determinare la cassazione della
sentenza impugnata.

Parimenti questa Corte insegna come anche il
giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito
contestato è devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è
censurabile in sede di legittimità (ex pluribus: Cass.
n. 8293 del 2012; Cass. n. 7948 del 2011;
Cass. n. 24349 del 2006; Cass. n. 3944 del 2005; Cass.
n. 444 del 2003), se non nei limiti in cui lo sia il vizio di motivazione
secondo la disciplina dell’art. 360 c.p.c.
tempo per tempo vigente.

Trattandosi di una decisione che è il frutto di
selezione e valutazione di una pluralità di 
elementi, la parte ricorrente, per ottenere la cassazione della sentenza
impugnata, non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione di detti
elementi ovvero un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma deve
piuttosto denunciare l’omesso esame di un fatto, ai fini del giudizio di
proporzionalità, avente valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato
avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con certezza e non con
grado di mera probabilità (v. Cass. n. 18715 e
20817 del 2016).

11. Il nono motivo di ricorso è inammissibile, non
essendo dedotta alcuna argomentazione circa la violazione del principio di
soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
e non essendo ammissibile un motivo che deduca soltanto l’ingiustizia della
decisione, senza specificare le circostanze, costituenti gravi ed eccezionali
ragioni, per le quali, secondo il ricorrente, il giudice avrebbe potuto
compensare tra le parti le spese di lite, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c. (v. Cass. n. 13151 del
2017).

12. In conclusione, il ricorso va respinto. Le spese
di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.

13. Il ricorso è stato notificato in data successiva
a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17), che ha integrato il D.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente
tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente
o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è
tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma
art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei
presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al
momento del deposito dello stesso”. Essendo il ricorso in questione
(avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da respingersi, deve
provvedersi in conformità.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro
200,00 per esborsi e in euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre 15% per
spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1-bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 agosto 2020, n. 17574
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: