Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 settembre 2020, n. 18174
Cartella esattoriale, Verbale di accertamento, Prova
dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e due lavoratori stranieri
– Principio di diritto è che un cittadino straniero che non conosca
perfettamente la lingua italiana e debba essere interrogato nella sua lingua
originale attraverso l’interprete, Violazione, Non sussiste, Giudice può
nominare un interprete, Spetta al cittadino straniero avanzare istanza di
essere ascoltato previa nomina di un interprete, Eventuale nullità degli atti
processuali va eccepita dalla parte interessata non oltre la prima istanza o
difesa successiva alla stessa audizione
Rilevato che
1. la Corte di Appello di Bologna, con sentenza del
19 giugno 2014, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto le
domande proposte da Z.S. Srl e Z.M., in proprio, avverso l’iscrizione a ruolo e
la conseguente cartella esattoriale scaturiti da un verbale di accertamento del
Servizio ispezione della Direzione Provinciale del Lavoro di Rimini del 3
ottobre 2008;
2. la Corte territoriale ha ritenuto, sulla scorta
del materiale probatorio acquisito in causa, che INPS e SCCI spa avessero
fornito la prova dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato
instauratosi tra la società Z.S. Srl e due lavoratori stranieri, per i periodi
oggetto di contestazione; in particolare – secondo la Corte – tale prova poteva
“essere desunta proprio dalle dichiarazioni rese in sede ispettiva dai due
lavoratori interessati”, sentiti anche in corso di giudizio;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto
ricorso il solo M.Z. con 3 motivi; l’INPS ha solo depositato procura;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso si denuncia:
“art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione o falsa
applicazione di norme di diritto; art. 360 n. 5
c.p.c.: omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio. La Corte di Appello ha erroneamente
preteso basare la decisione sulle dichiarazioni contraddittorie e contraddette
dei pretesi dipendenti all’ispettore. La Corte di Appello contraddice la logica
processuale delle prove e se stessa: quando afferma che è sufficiente basarsi
sulle dichiarazioni dei presunti dipendenti”;
2. il motivo non è meritevole di accoglimento;
esso è inammissibile nella parte in cui invoca l’art. 360, n. 5, c.p.c., perché, nonostante la
sentenza impugnata sia sottoposta al regime del n.
5 dell’art. 360 c.p.c.introdotto dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012,
conv. in I. n. 134 del 2012, non viene
formulato nel rispetto degli enunciati imposti da Cass.
SS. UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, secondo cui è denunciabile in cassazione
solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della
motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata,
a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si
esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto
irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza
del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione; invece parte
ricorrente addirittura richiama la precedente formulazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., non più in vigore,
eccependo “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione” della
sentenza impugnata, per cui la censura si palesa per ciò stesso inammissibile
alla luce del nuovo testo della richiamata disposizione, che ha certamente
escluso la valutabilità della “insufficienza” argomentativa,
limitando il controllo di legittimità all’«omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», fatto storico
decisivo che in alcun modo viene individuato da parte ricorrente;
quanto poi alla pretesa “violazione o falsa
applicazione di norme di diritto”, che il ricorrente neanche si cura di
identificare, la sentenza impugnata si è, invece, attenuta al principio più
volte affermato da questa Corte, in riferimento ai verbali ispettivi, secondo
cui, in ordine alle circostanze apprese da terzi, detti rapporti redatti dai
funzionari degli istituti previdenziali, pur non facendo piena prova fino a
querela di falso, per la loro natura hanno un’attendibilità che può essere
infirmata solo da una prova contraria qualora il rapporto sia in grado di
esprimere ogni elemento da cui trae origine, e in particolare siano allegati i
verbali, che costituiscono la fonte della conoscenza riferita dall’ispettore
nel rapporto, e possono essere acquisiti anche con l’esercizio dei poteri ex art. 421 c.p.c., sì da consentire al giudice, e
alle parti, il controllo e la valutazione del loro contenuto; anche in mancanza
di acquisizione dei suddetti verbali, il rapporto ispettivo (con riguardo alle
informazioni apprese da terzi) resta un elemento che il giudice può valutare in
concorso con gli altri elementi probatori (cfr., da ultimo, Cass. n. 31009 del 2019; v. pure Cass. n. 11646
del 2018; Cass. n. 20768 del 2017 e i
precedenti ivi richiamati); naturalmente è del tutto privo di rilievo nella
presente controversia il diverso convincimento di merito eventualmente espresso
dal medesimo collegio di appello in altro giudizio ed in altro contesto
processuale;
3. il secondo motivo denuncia: “art. 360 n. 3 c.p.c.: per violazione o falsa
applicazione di norme di diritto nonché art. 360 n.
5 c.p.c.. Il principio di diritto è che un cittadino straniero che non
conosca perfettamente la lingua italiana deve essere interrogato nella sua
lingua originale attraverso l’uso del traduttore/interprete: e ciò sia in sede
penale che civile, che amministrativa a pena di nullità”;
4. il motivo non può trovare accoglimento;
la censura è innanzitutto priva di specificità,
considerato che, avuto riguardo alla violazione e falsa applicazione di legge
ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., il vizio va
dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme di
diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle
affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si
assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con
l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o
dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione
comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla
S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento
della denunziata violazione (Cass. n. 287 del 2016;
Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass.
n. 3010 del 2012);
nella specie parte ricorrente assembla,
nell’illustrazione del motivo, una serie di riferimenti ad un insieme di
disposizioni di leggi speciali, oltre che a precedenti giurisprudenziali di
giudici amministrativi e penali, nonché a pronunce della Corte costituzionale,
del tutto eterogenei tra loro e sicuramente inapplicabili alla fattispecie,
tanto da precludere a questa Corte la decifrazione, ancor prima della
delibazione, del fondamento della doglianza;
inoltre il ricorrente trascura che, finanche
nell’ambito del processo civile, il codice di rito stabilisce al comma 2 dell’art. 122 c.p.c.che
“il giudice può nominare un interprete”, ma solo se chi debba essere
sentito “non conosce la lingua italiana”; spetta al cittadino
straniero avanzare istanza di essere ascoltato previa nomina di un interprete
(v. Cass. n. 9448 del 2009) e l’eventuale nullità degli atti processuali,
riguardando soltanto le modalità di audizione dello straniero, deve essere
eccepita dalla parte interessata non oltre la prima istanza o difesa successiva
alla stessa audizione (Cass. n. 14792 del 2014); anzi, il rifiuto eventualmente
opposto dal giudice alla nomina del traduttore non determina, “ex
se”, l’invalidità degli atti processuali, una tale conseguenza potendosi
avere solo quando l’interessato deduca che la mancata traduzione non l’ha
posto, in concreto, nelle condizioni di comprendere il contenuto di atti
processuali compiuti nella lingua ufficiale, menomandolo nei propri diritti di
azione e di difesa e la verifica se la parte processuale conosca o meno la lingua
italiana e se la mancata traduzione abbia inciso sul suo diritto è demandata,
previa necessaria specifica denuncia dell’interessato, in via esclusiva al
giudice del merito (cfr. Cass. n. 11038 del 2004); nel caso in esame parte
ricorrente non solo non deduce adeguatamente se, come e quando abbia eccepito
nel corso del processo la pretesa nullità, ma per di più la Corte territoriale
ha specificamente motivato in punto di ritenuta conoscenza della lingua
italiana da parte dei lavoratori stranieri sentiti nel corso del processo ed
anche nell’ambito dell’attività ispettiva, con un accertamento di fatto che non
può essere certamente sindacato in questa sede di legittimità;
5. il terzo mezzo denuncia: “art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa
applicazione di norme di diritto. Art. 360 n. 5
c.p.c., omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio. Erronea valutazione del rilievo giuridico della
iscrizione all’albo degli artigiani; della qualità del lavoro del dipendente
rispetto all’artigiano (pretesa impossibilità delle stesse prestazioni)”;
6. anche tale motivo è affetto dagli stessi vizi di
formulazione già evidenziati nei motivi che precedono, lamentando
“violazione e falsa applicazione di norme di diritto” non
adeguatamente specificate nonché una “omessa o insufficiente
motivazione” ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.senza tenere conto dei limiti imposti
al sindacato sulla motivazione dalla novella del 2012; nella sostanza, poi,
parte ricorrente, lungi dal denunciare una effettiva violazione o falsa
applicazione di norme di diritto, che presupporrebbe una ricostruzione della
vicenda storica quale operata dalla sentenza impugnata, invece oppone una
diversa ricostruzione della medesima vicenda storica, sulla base di una
valutazione del materiale probatorio, peraltro diffusamente richiamato nel
corpo del motivo, difforme da quella apprezzata dai giudici cui compete il dominio
esclusivo del merito, così invocando un sindacato del tutto estraneo al
giudizio di legittimità;
7. conclusivamente il ricorso va rigettato; nulla
per le spese in difetto di attività difensiva dell’Inps che ha solo depositato
procura;
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti
processuali di cui all’art. 13, co.
1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115
del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
se dovuto.