Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 settembre 2020, n. 18248

Indennità di mancato preavviso, Prededuzione dallo stato
passivo, Rapporto di lavoro del creditore proseguito senza soluzione di
continuità fino al licenziamento

Rilevato che

1. con decreto 24 novembre 2016, il Tribunale di
Terni ammetteva A.G. allo stato passivo della Cooperativa Sociale
“A.I.” in I.c.a. per i crediti di € 53.319,48 a titolo di indennità
di mancato preavviso in prededuzione e di € 45.893,63 a titolo di T.f.r. (di cui
€ 23.018,89 per T.f.r. non versato al Fondo) (quest’ultimo oltre rivalutazione
ed interessi come per legge) in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751bis n. 1 c.c., a modificazione del
predetto stato, essendone stata negata in sede di verifica la prededucibilità
del primo ed esclusa l’ammissione dell’altro;

2. per quanto ancora rileva, esso riconosceva il
trattamento in prededuzione dell’indennità di preavviso essendo il rapporto di
lavoro del creditore proseguito, per effetto del decreto 28 marzo 2014 del
Direttore Generale della Direzione del M.I.S.E. (“ai sensi dell’art. 104 I. falI. con
decorrenza dalla data di messa in liquidazione” disposta con decreto 6
marzo 2014 del M.I.S.E.), senza soluzione di continuità fino al licenziamento
del 31 marzo 2014, a norma dell’art.
104 I. fall., ritenendo irrilevante la circostanza della collocazione in
ferie del dirigente dal 1 al 31 marzo 2014, in quanto godimento di un istituto
previsto anzi nella vigenza del rapporto;

3. il Tribunale accertava infine come il decreto di
autorizzazione all’esercizio provvisorio contenesse la previsione generale di
continuazione temporanea dell’attività di impresa, senza alcuna limitazione,
infondatamente dedotta dalla cooperativa in I.c.a., al solo ramo di assistenza
degli ospiti ricoverati in due residenze per anziani non autosufficienti, non
coinvolgente l’attività del predetto, pertanto priva di alcuna utilità;

4. avverso tale decreto, con atto notificato il 23
dicembre 2016, la Cooperativa sociale in I.c.a. ricorreva per cassazione con
unico motivo, cui resisteva il lavoratore con controricorso;

5. il P.G. rassegnava le proprie conclusioni ai
sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c., chiedendo il
rigetto del ricorso;

 

Considerato che

 

1. il ricorrente deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 104,
ottavo comma e 111 I. fall.,
per la ratio della prededuzione nelle procedure concorsuali, prevista dall’art. 111 I. fall. in funzione
delle stesse, ma non qualora, come nel caso di specie, il lavoratore non abbia
prestato attività lavorativa alcuna in favore dell’impresa (essendo stato
collocato in ferie) ed avendo il commissario liquidatore intimato il
licenziamento il 28 marzo 2014 non appena ricevuta in consegna (il 24 marzo
2014) la documentazione della Cooperativa (unico motivo);

2. esso è infondato;

3. non è contestato che il rapporto di lavoro del
dirigente sia proseguito in pendenza dell’esercizio provvisorio autorizzato con
decreto 28 marzo 2014 del Direttore Generale della Direzione del M.I.S.E.
(nell’ambito della f.c.a. disposta con decreto 6 marzo 2014 dello stesso
Ministero “con decorrenza dalla data di messa in liquidazione”), con
la maturazione, in suo favore, del diritto all’indennità sostitutiva del
preavviso alla data del 31 marzo 2014, la stessa di intimazione del
licenziamento con effetto immediato, con risoluzione altrettanto immediata del
rapporto, comportante l’unico obbligo della parte recedente di corresponsione
della relativa indennità, per la natura obbligatoria del preavviso (Cass. 4 novembre 2010, n. 22443; Cass. 6 giugno 2017, n. 13988; Cass. 26 ottobre 2018, n. 27294);

3.1. la natura prededucibile del credito per tale
indennità è indubbia, a norma dell’art. 104, settimo e ottavo comma
I. fall., in quanto maturato in pendenza di esercizio provvisorio (Cass. 19 marzo 2012, n. 4303; Cass. 25 settembre 2017, n. 22274), e pertanto in
quanto “così qualificato da una specifica disposizione di legge” (art. 111, secondo comma, prima
parte I. fall., in combinazione con l’art. 104, ottavo comma I.fall.,
secondo cui: “i crediti sorti nel corso dell’esercizio provvisorio sono
soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’art. 111, primo comma, n.
1”); ciò si argomenta anche dall’affermazione secondo cui, in caso di
fallimento del datore di lvoro, deve essere escluso il trattamento in
prededuzione per il credito del lavoratore, a titolo di indennità di preavviso,
il cui rapporto di lavoro pendente entri in una fase di sospensione fino a
quando il curatore non abbia effettuato la dichiarazione ai sensi dell’art. 72, secondo comma l.fall.
di volersi sciogliere dal contratto, appunto “salvo che sia stato
autorizzato l’esercizio provvisorio”(Cass. 31 luglio 2019, n. 20647);

3.2. al riguardo, è destituito di fondamento ogni
altro rilievo in fatto, in ordine alla fruizione di periodo feriale da parte
del lavoratore nella vigenza del rapporto e così pure alla supposta inutilità
della sua prestazione, come correttamente ritenuto dal

Tribunale (per le ragioni indicate dall’ultimo
alinea di pg. 2 al terzo di pg. 3 e al secondo capoverso di pg. 3 del decreto);

3.3. non è poi pertinente il richiamo alla ratio di
funzionalità del credito ai fini della prededucibilità nel fallimento, posto
che il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura
concorsuale (ora menzionato dall’art.
111 I. fall., inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l’insorgere
del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza
che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli
interessi della massa e risponda dunque agli scopi della procedura stessa, in
quanto utile alla gestione fallimentare: Cass. 22 marzo 2017, n. 7392),
riguarda la diversa ipotesi prevista dall’art. 111, secondo comma, seconda
parte I. fall.; e pertanto crediti come quelli del professionista che abbia
assistito il debitore nella preparazione della documentazione per la
proposizione dell’istanza di fallimento in proprio, prededucibile ai sensi
dell’art. 111, secondo comma I.
fall. (trattandosi di norma generale, applicabile a tutte le procedure
concorsuali, come ormai definitivamente chiarito anche dall’abrogazione dell’art. 182 quater, quarto comma I. fall.,
ad opera del d.l. 22 giugno 2012, n. 83,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7
agosto 2012, n. 134: Cass. 9 settembre 2014,
n. 18922; Cass. 28 giugno 2019, n. 17596), ovvero del professionista che
abbia predisposto l’attestazione prevista dall’art. 161, terzo comma I. fall.
nel concordato preventivo (Cass. 16 maggio 2018,
n. 12017) o che abbia svolto attività di assistenza e consulenza funzionali
all’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (Cass. 18 gennaio 2018, n. 1182);

4. per tali ragioni il ricorso deve essere
rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di
soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella
ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass.
s.u. 20 settembre 2019, n. 23535);

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e condanna la società al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per
esborsi e € 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e
accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
bis, dello stesso art. 13, se
dovuto.

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