Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 settembre 2020, n. 18349

Accertamento di un rapporto di lavoro subordinato, Pagamento
di differenze di retribuzione, Nuovo esame del vario insieme dei materiali di
causa, Insindacabilità in sede di legittimità

 

Rilevato che

 

la Corte di appello di Bologna ha rigettato il
gravame avverso la decisione di primo grado (sentenza del Tribunale di Piacenza
nr. 94 del 2016) che aveva respinto la domanda, proposta da F.M.A. nei
confronti di U. di B.F. & C. S.n.c., di accertamento di un rapporto di
lavoro subordinato e di condanna al pagamento di differenze di retribuzione e
di contribuzione; a fondamento del decisum, la Corte territoriale ha osservato
come non fossero dimostrati gli assunti del lavoratore; a tale riguardo, i
giudici, all’esito della valutazione delle dichiarazioni dei testi indotti dal
ricorrente-appellante, hanno ritenuto che difettasse del tutto la prova che il
F. avesse lavorato alle dipendenze di U. nel periodo da lui indicato, tanto più
nelle forme e con l’articolazione oraria prospettate; pertanto, solo ad
abundantiam, la Corte territoriale ha valutato gli elementi probatori della
parte datoriale che avevano valore meramente confermativo del già insufficiente
quadro probatorio offerto dal lavoratore;

per l’annullamento della decisione, ha proposto
ricorso per cassazione F.M.A., articolato in due motivi; è rimasta intimata la
società U. di B.F. & C. S.n.c.; è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod.proc.civ., ritualmente comunicata
alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di
consiglio; la parte ricorrente ha depositato memoria;

 

Considerato che

 

Con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – è denunciata la
violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ.; parte ricorrente assume
l’erronea valutazione di una serie di elementi probatori; in particolare, imputa
alla Corte di appello di non aver considerato la conoscenza, da parte del
lavoratore, dei numeri di telai (e non delle targhe) delle autovetture,
elemento inconfutabile dello svolgimento della dedotta attività lavorativa
presso la carrozzeria; assume, poi, che i giudici avrebbero attribuito valore
alle dichiarazioni del teste K., pur rese in assenza di un interprete; la Corte
territoriale avrebbe, inoltre, omesso di considerare (interamente) le
dichiarazioni rese dal teste C.; con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la
violazione e falsa applicazione dell’art. 115
cod.proc.civ. e dell’art. 2712 cod.civ.,
per non avere la Corte di appello posto a fondamento della decisione il
contenuto di un DVD relativo a due diversi incontri avvenuti il 3.12.2011 tra
il lavoratore e due ex colleghi di lavoro;

i due motivi, intimamente connessi, vanno esaminati
congiuntamente;

le censure, al di là della formale rubricazione,
schermano, con tutta evidenza, vizio di motivazione in quanto investono I’
operata valutazione degli elementi di prova e, dunque, il piano della
ricostruzione della fattispecie concreta;

i rilievi, incentrati sulla deduzione di omesso
esame di più fatti (peraltro prospettati – quanto in particolare al secondo
motivo – senza il rispetto degli oneri di specificazione imposti dal combinato
disposto degli artt. 366 nr. 6 e 369 nr.4 cod.proc.civ.), non risultano formulati
secondo lo schema legale dell’art. 360 nr. 5
cod.proc.civ., come delineato dalle Sezioni Unite di questa Corte con le
pronunce nn. 8053 e 8054 del 2014 e
costantemente ribadito dalla successiva giurisprudenza;

invero, la denuncia di una pluralità di fatti omessi
(di palese negazione ex se del requisito di decisività: ex multis, in motivaz.,
Cass. nr. 9791 del 2020) pone la censura al di fuori del paradigma devolutivo e
deduttivo del novellato art. 360, comma 1, n. 5
cod.proc.civ. (Cass., sez.un., nr. 8053
cit.; Cass. nr. 2498 del 2015; Cass. nr. 13189 del 2015; Cass. nr. 21439 del
2015) per sollecitare, nella sostanza, un nuovo esame del vario insieme dei
materiali di causa, non consentito in questa sede di legittimità ( ex multis,
Cass. nr. 21429 cit., in motivaz.);

consegue l’inammissibilità del ricorso;

non vi è luogo a regolazione di spese, in difetto di
attività difensiva dell’intimata;

deve altresì darsi atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del
raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13,
comma 1 – quater, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello
stesso art. 13, comma 1 – bis.,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 settembre 2020, n. 18349
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