La condotta del datore di lavoro che, mediante la fittizia esposizione di somme corrisposte al lavoratore a titolo di indennità per malattia o maternità o assegni familiari, ottiene dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da lui dovute all’istituto previdenziale a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, cosi percependo indebitamente dallo stesso istituto le corrispondenti erogazioni, integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di cui all’art. 316 ter c.p.
Nota a Cass. 16 giugno 2020, n. 18311
Fulvia Rossi
Il comportamento del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore somme a titolo di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottiene dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da lui dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, e, quindi, percepisce indebitamente dallo stesso istituto le corrispondenti erogazioni, integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter c.p.., e non quelli di truffa o di appropriazione indebita o di indebita compensazione ex art. 10-quater D.LGS. 10 marzo 2000, n. 74.
È quanto ribadisce la Corte di Cassazione 16 giugno 2020, n 18311, in riforma della sentenza di merito, la quale, richiamando la decisione delle S.U. (n. 7537/2011) precisa che “nel concetto di conseguimento indebito di una erogazione da parte di enti pubblici rientrano tutte le attività di contribuzione ascrivibili a tali enti, non soltanto attraverso l’elargizione precipua di una somma di danaro ma pure attraverso la concessione dell’esenzione dal pagamento di una somma agli stessi dovuta, perché anche in questo secondo caso il richiedente ottiene un vantaggio e beneficio economico che viene posto a carico della comunità” (v. anche Cass. n. 15989/2016 e Cass. n. 51845/2014).