Giurisprudenza – TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE MARCHE – Ordinanza 09 marzo 2020, n. 109
Accoglienza dei richiedenti asilo, Permesso di soggiorno per
motivi umanitari, Regime transitorio, Previsione che i titolari di protezione
umanitaria presenti nel Sistema di protezione (SPRAR) alla data di entrata in
vigore del D.L. n. 113/2018 rimangono in
accoglienza fino alla scadenza del periodo temporale previsto dalle
disposizioni di attuazione sul funzionamento del meccanismo del Sistema di
protezione e comunque non oltre la scadenza del progetto di accoglienza,
Omessa estensione della disposizione transitoria ai titolari di protezione
umanitaria, D.L. n. 113/2018, convertito, con
modificazioni, nella L. n.
132/2018, art. 12, comma 6.
Fatto e diritto
1. Il ricorrente è un cittadino … che, dopo
l’ingresso sul Territorio Nazionale, ha richiesto la protezione internazionale.
La competente Commissione territoriale ha rigettato la domanda, disponendo però
l’invio degli atti al Questore di Ascoli Piceno ai fini dell’eventuale rilascio
del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Tale permesso è stato
rilasciato al sig. M. in data …., con la dicitura «casi speciali» (sul punto
si tornerà infra).
Nel frattempo, essendo sprovvisto di mezzi di
sostentamento, l’odierno ricorrente, a far tempo dal …, era stato inserito in
una struttura di accoglienza straordinaria.
In data … (e non, come indicato in ricorso, in
data …) il gestore del centro di accoglienza, in applicazione delle
disposizioni ministeriali vigenti, presentava per conto dello straniero la
richiesta di disponibilità di posti nei centri di accoglienza del sistema
SPRAR.
Sempre in base alle citate direttive ministeriali,
non essendo stata reperita la disponibilità di posti nell’ambito del sistema
SPRAR, con il provvedimento qui impugnato la Prefettura di Ascoli Piceno ha
revocato al sig. M. le misure di accoglienza.
2. Il provvedimento del Prefetto viene censurato per
i seguenti motivi:
– violazione
dell’art. 7 della legge n.
241/1990;
– violazione
dell’art. 3 della legge n.
241/1990 (in quanto il provvedimento è motivato per relationem alla
circolare del Ministero dell’Interno n. 3994 del 5 maggio 2016, la quale non è
stata però allegata all’atto né messa a disposizione del ricorrente in altro
modo);
– violazione dell’art. 13, comma 7, del decreto
legislativo n. 286/1998. Violazione diritto di difesa e dei principi
trasparenza e partecipazione al procedimento amministrativo;
– violazione della normativa in materia di
accoglienza (decreto legislativo n. 142/2015 e
s.m.i.). Eccesso di potere, disparità di trattamento, illogicità.
3. Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di
Ascoli Piceno si sono inizialmente costituiti con semplice memoria di stile.
Con decreto presidenziale n. 296/2018 è stata
accolta la domanda di concessione di misure cautelari inaudita altera parte.
Con successiva ordinanza collegiale n. 7/2019 il
Tribunale ha accolto la domanda cautelare, fissando per il 16 ottobre 2019 l’udienza
di trattazione del merito.
All’esito di tale udienza, il Tribunale, al fine di
valutare l’eventuale incidenza sulla presente controversia della novella di cui
al decreto-legge n. 113/2018, convertito in legge n. 132/2018, ha disposto istruttoria a
carico dell’amministrazione (ordinanza n. 639/2019), fissando per la
prosecuzione la pubblica udienza del 4 marzo 2020.
Nel frattempo, in data 13 novembre 2019 la
Prefettura ha depositato una relazione istruttoria e copia degli atti del
procedimento.
In data 13 dicembre 2019 l’amministrazione ha
eseguito l’istruttoria disposta con l’ordinanza n. 639/2019.
La causa è passata in decisione alla pubblica
udienza del 4 marzo 2020.
4. Il Tribunale ritiene che la definizione della
presente controversia debba passare per la risoluzione dell’incidente di
costituzionalità dell’art. 12,
comma 6, del decreto-legge n. 113/2018, convertito in legge n. 132/2018.
5. Vanno anzitutto disattese le censure di cui ai
primi tre motivi di ricorso, visto che:
poiché la Prefettura ha ritenuto di attribuire
valore vincolante alle direttive ministeriali e poiché il citato art. 12, comma 6, del decreto-legge
n. 113/2018 stabilisce in maniera chiara che i titolari di permesso di
soggiorno per casi speciali (ex permesso di soggiorno per motivi umanitari) non
sono più ammessi nelle strutture facenti capo al sistema SPRAR, la violazione
dell’art. 7 della legge n.
241/1990 non ha di per sé effetto invalidante del provvedimento impugnato,
anche ai sensi del successivo art.
21-octies, comma 2;
il secondo motivo è chiaramente strumentale, visto
che la circolare ministeriale n. 3994/2016, notissima a tutti gli addetti ai
lavori (fra cui deve includersi anche il difensore del ricorrente, iscritto
nello speciale elenco degli avvocati abilitati al patrocinio a spese dello
Stato), è reperibile facilmente sul sito istituzionale del Ministero
dell’Interno;
ugualmente infondato è il terzo motivo, visto che la
consolidata giurisprudenza amministrativa è orientata nel senso di ritenere che
la mancata traduzione dei provvedimenti in materia di soggiorno in lingua
conosciuta dai destinatari può, al massimo, giustificare la concessione della
rimessione in termini per errore scusabile ai fini dell’impugnazione, ma non
determina l’invalidità degli atti. Peraltro, nella specie la Prefettura ha
provato che il ricorrente conosce a sufficienza la lingua italiana, avendo
frequentato corsi di lingua e un tirocinio formativo organizzato e gestito
dalla Regione Marche e avendo impugnato tempestivamente il provvedimento di
revoca.
6. Si deve dunque passare all’esame dell’ultimo
motivo, non senza premettere alcune precisazioni in punto di fatto.
6.1. Come si è detto in precedenza, con
provvedimento del 12 settembre 2018 (non impugnato) la competente Commissione
Territoriale, pur respingendo la domanda di protezione internazionale avanzata
dal sig. M., aveva rimesso gli atti al Questore competente per territorio ai
fini dell’eventuale rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari,
titolo all’epoca disciplinato dall’art.
5, comma 6, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 286/1998 e dall’art. 11, comma 1, lett. c-ter), del
decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999. Va sin d’ora precisato
che il permesso di soggiorno per motivi umanitari non è disciplinato dalle
direttive comunitarie che regolamentano la protezione internazionale.
In data 4 ottobre 2018 è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n. 113/2018,
entrato in vigore il 5 ottobre 2018 e successivamente convertito in legge n.
132/2018, il quale, come è noto, ha:
per un verso, abolito il permesso di soggiorno per
motivi umanitari di cui all’art.
5, comma 6, del testo unico (art.
1, comma 1, lett. b), sostituito dal permesso di soggiorno per «casi
speciali»;
per altro verso, e limitatamente ai procedimenti in
corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, previsto (art. 12, comma 6) che «I
titolari di protezione umanitaria presenti nel Sistema di protezione di cui
all’art. 1-sexies del
decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, alla data
di entrata in vigore del presente decreto, rimangono in accoglienza fino alla
scadenza del periodo temporale previsto dalle disposizioni di attuazione sul
funzionamento del medesimo Sistema di protezione e comunque non oltre la
scadenza del progetto di accoglienza».
6.2. Da ciò è derivato che i cittadini
extracomunitari i quali, alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 113/2018, erano titolari di
permesso di soggiorno per motivi umanitari ed avevano avuto accesso al sistema
SPRAR, hanno conservato tale beneficio fino alla naturale scadenza dei progetti
di accoglienza o alla scadenza del termine di permanenza previsto dalla
normativa sullo SPRAR. Al contrario, coloro i quali, seppure a tale data
fossero titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari, non avevano
avuto accesso al sistema per mancanza di posti disponibili, hanno
definitivamente perso la possibilità di accedervi.
6.3. Con specifico riguardo al caso di specie e agli
esiti dell’istruttoria va invece precisato che:
nel ricorso si afferma che il gestore del centro di
accoglienza aveva presentato la richiesta di disponibilità nel mese di aprile
2018;
né alla data di celebrazione della camera di
consiglio destinata all’esame della domanda cautelare né alla data di
celebrazione dell’udienza di merito del 16 ottobre 2019 l’amministrazione aveva
confutato tale dato;
il Tribunale, traendo le logiche conseguenze dalle
premesse del quarto motivo di ricorso, aveva dunque chiesto alla Prefettura di
chiarire se la verifica della disponibilità di posti nell’ambito del sistema
SPRAR fosse stata compiuta solo in epoca antecedente l’entrata in vigore del decreto-legge n. 113/2018 oppure anche in epoca
successiva. Questo perché nel primo caso la causa andrebbe decisa applicando
esclusivamente la normativa previgente (ivi inclusa la circolare n. 3994/2016),
mentre nel secondo caso si sarebbe posto il problema dell’incidenza nella
vicenda della novella di cui al decreto-legge n.
113;
l’istruttoria ha in primo luogo permesso di
accertare che la richiesta di disponibilità di posti è stata presentata dal
gestore del centro di accoglienza il 24 ottobre 2018, ossia dopo l’entrata in
vigore del decreto-legge n. 113/2018, e in
secondo luogo che dopo il 5 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 113/2018) non sono stati più
resi disponibili posti per i titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari
rilasciato prima della novella;
non sono quindi fondate le deduzioni difensive
esposte dall’amministrazione nella relazione istruttoria versata in atti il 13
novembre 2019, visto che fra la data di rilascio del permesso di soggiorno e la
data di adozione del provvedimento di revoca delle misure di accoglienza non
sono decorsi otto mesi, bensì due mesi.
Pertanto, seppure è vero che il ricorrente è stato
ammesso a frequentare un tirocinio formativo propedeutico all’ingresso nel
mondo del lavoro e che egli è in possesso di un titolo che gli consente di
lavorare regolarmente, è altrettanto vero che il periodo di tempo che il sig.
M. ha avuto a disposizione per cercare un lavoro e dotarsi quindi di mezzi di
sostentamento autonomo è stato eccessivamente breve. Questo tanto più se si
pensa che il ricorrente, non avendo ricevuto la comunicazione di avvio del
procedimento, non ha nemmeno avvertito la necessità di velocizzare la ricerca
di un’occupazione.
7. In ragione di quanto precede, il Tribunale dubita
della costituzionalità dell’art.
12, comma 6, del decreto-legge n. 113/2018, come convertito dalla legge n. 132/2018, ravvisandosi un possibile
contrasto della norma con l’art. 3 Cost., visto
che la disposizione transitoria salvaguarda solo i cittadini extracomunitari
titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari che, per mera casualità,
alla data di entrata in vigore del decreto-legge
n. 113/2018 erano stati già ammessi in strutture di accoglienza
appartenenti al sistema SPRAR e non anche coloro che, sempre per mera
casualità, non vi sono stati ammessi per mancanza di posti.
Quanto alla non manifesta infondatezza e alla
rilevanza della questione, si osserva quanto segue.
7.1. E’ certamente vero che il decreto-legge n. 113/2018 ha comunque previsto la
possibilità di accesso al nuovo sistema denominato SIPROIMI ai titolari di
permesso di soggiorno per motivi umanitari rientranti in determinate casistiche
(cure mediche, vittime di tratta o di violenza domestica o di grave
sfruttamento lavorativo, e così via), ma è altrettanto vero che: le esigenze
primarie a cui rispondono le misure di accoglienza sono le medesime, a
prescindere dallo status individuale del cittadino extracomunitario. Non va
dimenticato infatti che i titolari di permesso di soggiorno per motivi
umanitari non sono equiparabili ai migranti c.d. economici né tantomeno sono
migranti clandestini, visto che la loro particolare condizione, seppure non
integrante gli estremi per la concessione della protezione internazionale, è
stata comunque ritenuta dalla competente autorità di P.S. tale da rendere non
opportuno il ritorno nel Paese di origine. Questi migranti hanno dunque
diritto, nel tempo occorrente per la ricerca di un’occupazione, di beneficiare
delle misure di accoglienza;
in casi come quello che interessa il presente
giudizio l’entrata in vigore del decreto-legge n.
113/2018 e la mancata previsione di una norma transitoria che si applicasse
a tutti i titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari ha determinato
il brusco allontanamento degli interessati dai centri di accoglienza temporanei
e, quindi, la perdita dei mezzi minimi di sostentamento.
Va inoltre osservato che l’annunciata adozione delle
misure de quibus potrebbe anche aver disincentivato i gestori dei centri di
accoglienza dal formulare le richieste di disponibilità in favore degli
interessati, per cui qualcuno di essi potrebbe aver perso la possibilità di
accedere al sistema anche in presenza di posti disponibili.
7.2. Quanto alla rilevanza, il Collegio osserva
invece che nel caso di specie non si può applicare – ammesso che esso sia
condivisibile nel merito – il principio di diritto affermato dalla Corte di
Cassazione nella sentenza delle Sezioni Unite n.
29460 del 24 settembre 2019, dal TAR Brescia e dal TAR Basilicata nelle
sentenze nn. 649/2019 e 564/2019 (pronunce richiamate dal ricorrente nella
memoria irritualmente depositata il 3 marzo 2020), e ciò in quanto, come si è
detto, il permesso di soggiorno è stato rilasciato al sig. M. il giorno 4
ottobre 2018, per cui la domanda di ammissione al sistema SPRAR è stata
presentata dopo l’entrata in vigore del decreto-legge
n. 113/2018.
Pertanto, seppure formalmente la posizione del
ricorrente rientra nella casistica oggetto delle pronunce dianzi richiamate, la
peculiare cadenza temporale che ha connotato la vicenda ha reso di fatto
impossibile presentare la richiesta di disponibilità in tempo utile (richiesta
che, dal 5 ottobre 2018, non è stato più possibile presentare).
Al riguardo va aggiunto che:
la presenza di posti disponibili presso il sistema
SPRAR/SIPROIMI costituisce un presupposto infungibile, visto che si tratta di
un elemento materiale oggettivo in assenza del quale il «diritto
all’accoglienza» resta una mera enunciazione di principio priva di concreta
utilità per gli interessati:
lo stesso ricorrente riconosce che l’abbandono dei
centri di accoglienza da parte di soggetti in possesso di permesso di soggiorno
per motivi umanitari/”casi speciali” costituisce misura legittima, purché
attuata con gradualità.
Pertanto, solo la rimozione dell’attuale limite
legale all’accesso dei cittadini extracomunitari che versano nelle stesse
condizioni del sig. M. al sistema ex SPRAR può consentire di attuare la
predetta gradualità.
8. Per tutto quanto precede:
vanno rigettati i primi tre motivi di ricorso;
va sollevata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 12,
comma 6, del decreto-legge n. 113/2018, convertito in legge n. 132/2018, per contrasto con l’art. 3 Cost.;
va di conseguenza disposta la sospensione del
giudizio in attesa della decisione della Corte costituzionale;
va riservata al definitivo ogni altra pronuncia di
rito e di merito, nonché sulle spese del giudizio e sull’istanza di
liquidazione del compenso spettante al difensore del ricorrente relativamente
alla fase del merito.
P.Q.M.
Non definitivamente pronunciando sul ricorso, come
in epigrafe proposto:
in parte lo respinge;
con riguardo ai restanti motivi, dichiara rilevante
e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 6, del decreto-legge
n. 113/2018, convertito in legge n. 132/2018,
per contrasto con l’art. 3 Cost.;
dispone la sospensione del presente giudizio e
ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
rinvia al definitivo ogni altra pronuncia di rito e
di merito, nonché sulle spese del giudizio e sull’istanza di liquidazione del
compenso spettante al difensore del ricorrente relativamente alla fase del
merito;
ordina che, a cura della Segreteria del Tribunale,
la presente sentenza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del
Consiglio dei ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei
Deputati e del Senato della Repubblica;
ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. della Corte Costituzionale 16
settembre 2020, n. 38