L’attività dei medici chirurgici iscritti alle scuole di specializzazioni post universitarie costituisce una ipotesi particolare di contratto formativo.
Nota a Cass. (ord.) 8 settembre 2020, n. 18667
Maria Novella Bettini e Gennaro Ilias Vigliotti
L’attività prestata dal medico iscritto alla scuola di specializzazione non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro, subordinato o autonomo. Si tratta, invece, di una particolare ipotesi di contratto di formazione-lavoro, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale la giurisprudenza non ravvisa una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività prestata dagli specializzandi e la remunerazione prevista dalla legge a favore dei medesimi. Ciò, in quanto gli emolumenti in questione svolgono la funzione di “sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione e non costituiscono, quindi, il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’Università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi e al conseguimento, a fine corso, di un titolo abilitante”. Da tale assunto consegue l’esclusione di una necessaria verifica dell’adeguatezza della remunerazione alla stregua del parametro di cui all’art. 36 Cost.
Il principio è ribadito dalla Corte di Cassazione ord. 8 settembre 2020, n. 18667, di conferma della sentenza di merito di App. Palermo. (v. anche, Cass. n. 18670/2017 e n. 20403/2009).
Quanto alla regolamentazione del trattamento economico dei medici specializzandi di cui all’art. 39 D.LGS. n. 368/1999, essa si applica solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, i quali, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, restano soggetti alla disciplina di cui al D.LGS. n. 257/1991, poiché la Direttiva 93/16/CEE non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui al citato decreto (v. Cass. n. 13445/2018 e Cass. n. 6355/2018).
La Corte precisa altresì che:
– “l’importo della borsa di studio prevista dall’art. 6 del D.LGS. 8 agosto 1991, n. 257, non è soggetto ad incremento per effetto della rideterminazione triennale per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dall’art. 7 del d.l. n. 384 del 1992 (ed analoghe normative successive); in particolare, quanto al periodo 1994/1996 il protrarsi del “blocco” di tale adeguamento risulta fondato sulla previsione dell’art. 3, comma 36, legge n. 537/1993 mentre, per i per i periodi successivi, sull’art. 32, comma 12, della I. n. 449 del 1997 che, con disposizione confermata dall’art. 36, comma 1, della legge n. 289 del 2002, ha consolidato la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio ed escluso integralmente l’applicazione del citato art. 6” (v. tra le altre, Cass. n. 10052/2020; Cass. n. 10050/ 2020, in motivaz. e Cass. n. 8505/2020);
– in relazione all’incremento, connesso alla variazione del costo della vita, dell’importo della borsa di studio, la giurisprudenza di legittimità esclude il relativo diritto sulla base di disposizioni volta per volta emanate (per la compiuta ricognizione di tali disposizioni, v. Cass. n. 449/2018, paragrafi da 46 a 60);
– non è configurabile una irragionevole disparità di trattamento tra gli specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione a decorrere dall’anno 2006/2007 e quelli frequentanti i corsi nei precedenti periodi accademici, in quanto il legislatore ha facoltà di differire nel tempo gli effetti di una riforma, senza che ne derivi una disparità di trattamento tra soggetti che ricevano trattamenti diversi, in ragione dell’applicazione differente nel tempo della normativa in questione;
– non sussiste neppure una disparità di trattamento tra i medici specializzandi iscritti presso le Università Italiane e quelli iscritti nelle Scuole degli altri paesi Europei. Le loro diverse situazioni non sono infatti comparabili, poiché “la Direttiva 93/16/CEE non ha previsto né imposto uniformità di disciplina e di trattamento economico”;
– anche “la situazione dei medici neoassunti che lavorano nell’ambito del S.S.N. non è comparabile con quella dei medici specializzandi in ragione della peculiarità del rapporto che si svolge nell’ambito della formazione specialistica” (v. Cass. n. 13572/2019; Cass. n. 4808/2019 e Cass. n. 17052/2018).