Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 settembre 2020, n. 20680

Regolamento di previdenza e quiescenza del personale dello
SCAU, Cd. clausola oro, Rivalutazione dei trattamenti pensionistici,
Soppressione, a decorrere dal 1 gennaio 1998, dei meccanismi di adeguamento

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 12
febbraio 2014, ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la
domanda di E.G. volta all’adeguamento della pensione in godimento, con
l’applicazione di quanto disposto dall’art. 30 del regolamento di previdenza e
quiescenza del personale dello SCAU (cd. clausola oro), fondata sulla
inapplicabilità della regola di generale esclusione della clausola oro nel
sistema di rivalutazione dei trattamenti pensionistici, introdotta dall’art. 59, comma 4, legge n. 449 del
1997, per avere maturato il diritto a pensione in epoca antecedente (l’8
maggio 1992),

2. Per la Corte territoriale l’abolizione dei
meccanismi dì rivalutazione pensionistici, in particolare, per quanto in questa
sede rileva, ricollegati alla evoluzione della retribuzione del personale
ancora in servizio, in vigore dal 1 gennaio 1998, si estendeva a tutte le
pensioni in godimento, impedendone la riliquidazione secondo tale criterio
privilegiato.

3. Avverso tale sentenza ricorre E.G. con ricorso
affidato a due motivi, cui resiste l’INPS con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

4. Con il primo motivo, deducendo violazione dell’art. 3, comma 1, legge n. 421 del
1992, del principio di salvaguardia dei diritti quesiti e del divieto di
reformatio in pejus ex art. 18
dlgs. n. 124 del 1993, la ricorrente assume che il diritto all’adeguamento
del trattamento pensionistico era stato acquisito in base a disposizioni
speciali, valide per il solo personale SCAU, ancor prima dell’entrata in vigore
della legge n. 449 del 1997 e che quest’ultima
disposizione normativa non avrebbe potuto abrogare la norma speciale
regolamentare né avere effetti retroattivi.

5. Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 64, legge n. 144 del 1999,
assumendo che da tale disposizione andrebbe tratto il fondamento della
perdurante vigenza dell’art. 30 del regolamento per il trattamento di
previdenza e quiescenza dello SCAU.

6. Il ricorso è da rigettare.

7. La questione della quale si dibatte con il
ricorso all’esame è già stata affrontata da questa Corte di legittimità (v.,
fra le altre, Cass. n. 24480 del 2011 e n. 7512 del 2013) con orientamento al
quale deve darsi continuità.

8. La disposizione di cui all’art. 59, quarto comma, della legge
n. 449 del 1997, che comporta la soppressione, a decorrere dal 1 gennaio
1998, dei meccanismi di adeguamento diversi da quello previsto dall’art. 11 del d.lgs. n. 503 del
1992, anche se collegati all’evoluzione delle retribuzioni del personale in
servizio, impedisce, a partire dalla suddetta data, la riliquidazione
automatica ai sensi delle disposizioni regolamentari della pensione dei
dipendenti (cfr. anche Cass. n. 10346 del 2008).

9. Va aggiunto che la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 202 del 2006, ha ritenuto
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2
legge n. 265 del 1991, dell’art.
11, dlgs. n. 503 del 1992, dell’art. 59 legge n. 449, del 1997,
dell’art. 34 legge n. 448 del
1998, dell’art. 69 legge n. 388
del 2000, sollevata in riferimento agli artt.
36, 38 e 53
Cost., ribadendo che il principio di proporzionalità della pensione alla
quantità e qualità del lavoro prestato non impone affatto il necessario
adeguamento del trattamento pensionistico agli stipendi, spettando alla
discrezionalità del legislatore determinare le modalità di attuazione del
principio sancito dall’art. 38 Cost., sicché
non sussiste vulnus dei canoni costituzionali evocati il fatto che il
legislatore abbia previsto un meccanismo di adeguamento delle retribuzioni solo
per li personale in servizio e non anche a quello in quiescenza della medesima
categoria.

10. Il Giudice delle leggi ha, inoltre, rimarcato
che lo scostamento tra trattamenti pensionistici maturati in tempi diversi è
giustificato dal diverso trattamento economico di cui i lavoratori hanno goduto
durante il rapporto di servizio e che era vigente nei diversi momenti in cui i
relativi trattamenti pensionistici sono maturati.

11. Infine, neanche appare predicabile il carattere
speciale delle disposizioni del regolamento SCAU rispetto alle regole
introdotte con l’art. 59 della
legge n. 449 del 1997, trattandosi di fonti di rango diverso; né può
attribuirsi efficacia ultrattiva o perdurante vigenza alla norma regolamentare
e al sistema di adeguamento preteso.

12. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate
come in dispositivo.

13. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n.115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente ai
pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro
1.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e
altri accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n.115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato,
pari a quello per il ricorso ex art.
13, comma 1-bis, se dovuto.

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