La platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive ed è onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica la scelta effettuata.

Nota a Cass. ord. 17 settembre 2020, n. 19416

Matteo Iorio

In materia di licenziamenti collettivi, il datore di lavoro può circoscrivere ad una unità produttiva la platea dei lavoratori da espellere, “ma deve indicare nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine”. Ciò, al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti.

Laddove, invece, nella comunicazione si operi un generico riferimento “alla situazione generale del complesso aziendale”, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali”.

L’onere di provare le ragioni che determinano il più ristretto spazio nel quale la scelta è effettuata grava sul datore di lavoro.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione (ord. 17 settembre 2020, n. 19416), confermando la pronuncia di merito (App. Napoli n. 4024/2018) che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento collettivo intimato ad un dipendente con mansioni di analista funzionale (ccnl metalmeccanici privati) per non avere la società datrice enunciato adeguatamente le ragioni in base alle quali intendeva circoscrivere la platea dei licenziandi ai soli prestatori in forza presso l’unità produttiva in crisi.

Al riguardo la Corte ha precisato che:

  • laddove il progetto di ristrutturazione riguardi in modo esclusivo un’unità produttiva o un settore dell’azienda, la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità, può essere limitata agli addetti all’unità o al settore da ristrutturare, purché ciò sia obiettivamente giustificato dalle esigenze tecnico – produttive e organizzative fondanti la riduzione di personale e non l’effetto dell’unilaterale determinazione del datore di lavoro (Cass. n. 21476/2015; Cass. n. 4678/2015; Cass. n. 203/2015);
  • se, invece, i lavoratori interessati alla riduzione di personale risultano idonei, per le competenze acquisite nonché per il pregresso e frequente svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda, ad occupare le posizioni lavorative di colleghi impiegati in altri reparti o sedi, l’imprenditore non può limitare la scelta delle maestranze da espellere ai soli addetti ad uno specifico reparto o settore (Cass. n. 13783/2006);
  • i motivi di restrizione della platea delle maestranze da comparare devono essere “adeguatamente” esposti nella comunicazione preventiva al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare il nesso fra le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità lavorative che l’azienda intenda concretamente espellere (Cass. n. 32387/2019; Cass. n. 203/2015, cit.);
  • in sede di esame congiunto, poi, ove non emerga il carattere infungibile dei lavoratori da licenziare “o comunque in difetto di situazioni particolari”, la scelta deve interessare i prestatori addetti all’intero complesso aziendale (Cass. n. 981/2020; Cass. n. 14800/2019).

In attuazione di tali principi, la Corte ha confermato l’illegittimità del recesso in quanto, in sede di apertura della procedura di licenziamento collettivo, la società datrice aveva omesso di comunicare le specifiche condizioni in cui lavoravano gli addetti alle altre sedi, necessarie ai fini della valutazione della infungibilità dei prestatori considerati in esubero e dell’asserita obsolescenza del loro bagaglio professionale.

Licenziamento collettivo: la scelta dei licenziandi
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