Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 ottobre 2020, n. 21203

Rapporto di lavoro agricolo, Iscrizione della lavoratrice
negli elenchi dei lavoratori agricoli del Comune, Lavoratori formalmente
dipendenti della cooperativa, utilizzati da altro imprenditore agricolo,
Somministrazione irregolare, Legittima la cancellazione dagli elenchi

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza del 7.1.14, la Corte di Appello di
Salerno confermava la sentenza del tribunale della stessa sede del 3.11.10 che
aveva disconosciuto il rapporto di lavoro agricolo svolto dalla signora Palo
(formalmente alle dipendenze della Agricola S.V. 97 coop a r.l.) e negato
l’iscrizione della lavoratrice negli elenchi dei lavoratori agricoli del comune
di appartenenza.

2. In particolare, la corte territoriale rilevava
che con verbale ispettivo 11.12.07 (le cui risultanze non erano state
contrastate dalla lavoratrice) era stata accertato che vari lavoratori
formalmente dipendenti dalla suddetta cooperativa, ivi inclusa la ricorrente,
erano stati utilizzati da altro imprenditore agricolo, senza formalizzazione di
un contratto di somministrazione tra le imprese e senza che alcun contratto
fosse stato stipulato con i dipendenti al riguardo, con conseguente fittizietà
del rapporto di lavoro con la cooperativa.

3. Avverso tale sentenza ricorre la lavoratrice per
4 motivi, l’INPS ha depositato procura alle liti.

 

Considerato che

 

4. Con il primo motivo si deduce -ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.- violazione degli artt.
12 r.d. 1949/40 e 3 e 4 del d.
Igs. Igt. 212 del 9.4.46, per avere la sentenza impugnata trascurato che il
lavoro era stato comunque effettuato dalla lavoratrice, ciò che comunque
legittimava l’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli.

5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce -ai
sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.-
violazione dell’articolo 2094 c.c., per avere
la sentenza impugnata trascurato due testimonianze nonché alcuni documenti
prodotti dalla parte (quali le buste paga, il foglio matricolare nel registro
delle imprese e i CUD), dalle quali emergeva il lavoro svolto dalla ricorrente.

6. Con il terzo motivo di ricorso si deduce -ai
sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.-
violazione degli artt. 2700 e 2397, co. 2, c.c., e 115
c.p.c., per avere la sentenza impugnata imposto all’appellante
“specifico motivo di gravame finalizzato a incrinare l’efficacia probante
delle risultanze del verbale ispettivo”, sebbene la decisione di primo
grado non si era basata su tale efficacia, e per avere attribuito tale
efficacia negando accesso alla testimonianza degli ispettori verbalizzanti
richiesta dalla lavoratrice, e trascurando infine che il verbale si fondava su
esame di documenti INPS e non su fatti accertati direttamente dagli ispettori.

7. Con il quarto motivo di ricorso si deduce -ai
sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.-
violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata omesso
di valutare le prove assunte in contraddittorio nel giudizio.

8. Il primo motivo di ricorso non merita
accoglimento.

9. In materia di lavoro agricolo, l’art. 12 r.d.
1949/40 prevede l’iscrizione di tutti i lavoratori agricoli in appositi
elenchi; il diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato
all’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al d.
Igs. Igt. n. 212 del 1946 e alle relative prestazioni previdenziali
presuppone l’esistenza di un rapporto di lavoro svolto annualmente, in regime
di subordinazione, per il numero minimo di giornate previsto dalla legge.

10. La sentenza impugnata ha ritenuto fittizio il
rapporto di lavoro della lavoratrice con la cooperativa, per non essere state
effettuate prestazioni effettive in favore di quest’ultima.

11. Questa Corte ha ritenuto, in fattispecie del
tutto affine alla presente, peraltro relativa alla stessa lavoratrice ed al
medesimo soggetto utilizzatore (Cass. Sez. L,
sentenza n. 21514 del 15/09/2017, rv. 645869 – 01) che, in caso di
somministrazione irregolare, è legittima la cancellazione dagli elenchi dei
lavoratori agricoli denunciati da una società che, dalle emergenze probatorie
acquisite in giudizio, sia risultata non in possesso delle specifiche
autorizzazioni per la somministrazione di manodopera, né iscritta nell’apposito
albo, né beneficiaria delle prestazioni lavorative, e, dunque, priva della
veste di datrice di lavoro.

12. Occorre peraltro osservare che il giudizio ha ad
oggetto l’iscrizione della lavoratrice negli elenchi dei lavoratori agricoli in
relazione al rapporto di lavoro con la cooperativa e non altri rapporti di
lavoro, per i quali non vi è stata alcuna formale denuncia da parte del datore
né domanda di iscrizione negli elenchi della lavoratrice, e di conseguenza
nessuna attività amministrativa di accertamento e nessun accertamento
giudiziale.

13. Il primo motivo di ricorso non si rapporta
dunque alla sentenza, che solo del rapporto di lavoro con la cooperativa (e della
iscrizione conseguente a detto rapporto) si è occupata, ed è in contraddizione
con gli altri motivi di ricorso, che riguardano il solo rapporto di lavoro con
la cooperativa e non quello con il c.d. utilizzatore.

14. Gli altri motivi di ricorso sono infondati, in
quanto non sussistono le violazioni delle norme di legge richiamate.

15. Inoltre, la corte territoriale ha valutato il
materiale probatorio raccolto, attribuendo rilevanza decisiva alle risultanze
del verbale ispettivo INPS in ordine all’ineffettività del rapporto di lavoro
con la cooperativa per non essere questa beneficiaria reale delle prestazioni
delle maestranze, disattendendo le richieste probatorie della lavoratrice in
quanto inidonee comunque ad inficiare l’accertamento circa il soggetto
esclusivamente beneficiario della prestazione.

16. La parte denuncia in sostanza un vizio
motivazionale della decisione impugnata, prospettando una diversa ricostruzione
del merito della controversia e tendendo ad una nuova valutazione del materiale
probatorio raccolto in relazione alla verifica dell’effettività delle
prestazioni di lavoro, valutazione preclusa in sede di legittimità (pur con
riferimento al precedente regime dell’art. 360 co.
1 n. 5 c.p.c., si veda Cass. Sez. L, sentenza
n. 12133 del 19/08/2003, Rv. 565973-01, il cui principio è a fortiori
applicabile nel nuovo regime).

17. Nulla per spese, in quanto l’INPS si è limitato
a depositare procura senza svolgere specifica attività difensiva (Cass. Sez. L,
sentenza n. 11499 del 04/11/1995, rv. 494519 – 01).

18. Si dà atto infine, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115
del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello
stesso art. 13, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13, se
dovuto.

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