Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 ottobre 2020, n. 21311

Lavoro, Contratto a termine, Riconoscimento dell’anzianità
di servizio maturata precedentemente all’acquisizione dello status di
lavoratore a tempo indeterminato, Differenze retributive

Rilevato

 

che con sentenza in data 31 luglio 2014 la Corte
d’appello di Bologna respinge l’appello dell’INAF – Istituto Nazionale di
Astrofisica avverso la sentenza del locale Tribunale n. 1335/2012, di
accoglimento del ricorso della dott.ssa A.M. – dipendente con il profilo di
ricercatore di terzo livello professionale a decorrere dal 2 dicembre 2002 con
una serie di contratti a termine presso l’Istituto di Astrofisica e Fisica
Cosmica (IASF) struttura di ricerca dell’INAF e poi dall’1 gennaio 2005 presso
l’INAF stesso, nel quale è stato inglobato lo IASF insieme con altri istituti
di ricerca – volto ad ottenere il riconoscimento dell’anzianità di servizio, a
partire dalla data di inizio del primo contratto a termine con conseguente
condanna dell’Ente convenuto al pagamento delle differenze contributive con
accessori di legge;

che la Corte territoriale, per quel che qui
interessa, precisa che:

a) la M. ha partecipato con esito positivo alla
procedura di stabilizzazione attuata dall’INAF ex art. 1, comma 519, della legge n.
296 del 2006 con effetto dal 30 maggio 2008 e inquadramento come
ricercatrice III livello a tempo indeterminato, I fascia retributiva del CCNL
del Comparto delle Istituzioni ed Enti di Ricerca e Sperimentazione;

b) in tal modo ha subito l’azzeramento del passaggio
di fascia stipendiale che le era stato precedentemente attribuito ex art. 4,
comma 5, del CCNL di Comparto del 5 marzo 1998;

c) occorre fare applicazione di quanto statuito – con
riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani – dalla Corte di Giustizia UE nelle sentenze 18 ottobre 2012,
cause C-302/11 e C305/11, Valenza; 7 marzo 2013, causa C393/11, Bertazzi,
secondo cui al momento dell’assunzione a tempo indeterminato da parte di una PA
di un lavoratore da tempo determinato alle dipendenze della medesima Pubblica
Amministrazione deve essere riconosciuta l’anzianità di servizio maturata
precedentemente all’acquisizione dello status di lavoratore a tempo
indeterminato, allorché le funzioni svolte siano identiche a quelle
precedentemente esercitate nell’ambito del contratto a termine;

d) nella specie non ricorrono le “ragioni
oggettive” che secondo la CGUE possono giustificare l’eventuale diversità
di trattamento dei lavoratori anzidetti, in quanto le mansioni svolte sono
sempre rimaste le medesime e sono del tutto comparabili con quelle dei
ricercatori a tempo indeterminato, inoltre come affermato nelle richiamate
sentenze della CGUE l’obiettivo di evitare il prodursi di discriminazioni alla
rovescia in danno dei dipendenti assunti a seguito del superamento di un
concorso pubblico non può mai giustificare una normativa nazionale che escluda
totalmente ed in ogni circostanza la valorizzazione del servizio prestato in
qualità di lavoratore a tempo determinato;

e) il mancato superamento del concorso pubblico per
l’accesso ai ruoli della P.A. potrebbe, in linea di principio, giustificare una
diversità di trattamento, ma nella presente vicenda tale argomento non è
decisivo perché la procedura di stabilizzazione de qua è stata prevista dal
legislatore proprio per consentire l’assunzione dei soli lavoratori a tempo
determinato il cui rapporto avesse una certa durata e che avessero superato
delle procedure selettive (all’inizio del rapporto oppure ai fini della
stabilizzazione);

e) d’altra parte, quanto alla c.d. formazione
presupposta, nel Regolamento del personale dell’INAF non vi è alcuna
disposizione che faccia riferimento ad una attività di ricerca almeno triennale
per l’ordinario reclutamento di ricercatori e tecnologi, nessuna differenza si
riscontra in merito alle modalità di assunzione (visto che tutti i ricercatori
possono essere assunti per selezione pubblica oppure per chiamata diretta),
neppure vi sono differenza in ordine alla funzione dell’attività lavorativa, in
quanto tutte le attività di ricerca si svolgono su progetti specifici sulla
base di un piano triennale predisposto dal Consiglio di amministrazione
dell’Istituto e approvato dal Ministero;

che avverso tale sentenza l’INAF – Istituto
Nazionale di Astrofisica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, propone ricorso affidato ad un unico motivo, al quale oppone difese la
dott.ssa A.M., con controricorso.

 

Considerato

 

che con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in
relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione della direttiva
1999/70/CE, dell’allegato Accordo quadro CES UNICE e CEEP e di numerose
altre disposizioni legislative e del CCNL del “Comparto di Ricerca”,
sostenendosi, in sintesi, che le peculiarità del settore della ricerca
escluderebbero il carattere discriminatorio del mancato riconoscimento della
progressione economica – nei termini statuiti dalla Corte d’appello – nei
confronti dei lavoratori a tempo determinato;

che si aggiunge che tale specificità è stata presa
in considerazione dalla Contrattazione collettiva con riferimento all’anzianità
di servizio che si ribadisce quanto già rilevato nel giudizio di appello in
merito alla non comparabilità della situazione del ricercatore a tempo
determinato a quella del ricercatore a tempo indeterminato per tre ragioni: la
cd formazione presupposta, le modalità di assunzione e la funzione
dell’attività lavorativa svolta;

che si sostiene che tutte queste ragioni
giustificherebbero la previsione secondo cui alle fasce di anzianità
corrisponde il riconoscimento di una esperienza “spendibile” in una
ricerca diversa, senza dimenticare i limiti di spesa da rispettare per le
stabilizzazioni;

che il ricorso va respinto;

che – anche volendo ritenere che la denunciata
violazione di legge sia argomentata con riferimento alla sentenza impugnata,
pur permanendo delle incertezze al riguardo dalla lettura del ricorso –
comunque deve essere sottolineato che questa Corte si è già pronunciata sulla
questione, che qui viene in rilievo, del riconoscimento dell’anzianità maturata
sulla base di contratti a termine dai dipendenti del C.N.R. e di altri enti di
ricerca, successivamente stabilizzati ai sensi della legge n. 296 del 2006, ed ha affermato che in tal
caso al lavoratore «deve essere riconosciuta l’anzianità di servizio maturata
precedentemente all’acquisizione dello status di lavoratore a tempo
indeterminato, allorché le funzioni svolte siano identiche a quelle
precedentemente esercitate nell’ambito del contratto a termine, non potendo
ritenersi, in applicazione del principio di non discriminazione, che lo stesso
si trovasse in una situazione differente a causa del mancato superamento del
concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della P.A., mirando le condizioni di
stabilizzazione fissate dal legislatore proprio a consentire l’assunzione dei
soli lavoratori a tempo determinato la cui situazione poteva essere assimilata
a quella dei dipendenti di ruolo» (Cass. n. 27950 del 2017; negli stessi
termini Cass. n. 7118 del 2018; Cass. 19 febbraio
2020, n. 4195 nonché Cass. nn. 3473 e 6146 del 2019 queste ultime in tema
di personale stabilizzato alle dipendenze dell’Istituto Nazionale di Ricerca
Metrologica e altre);

che il Collegio intende dare continuità a tale
consolidato orientamento e nel presente ricorso non sono offerti argomenti
idonei per superarlo;

che, pertanto, il ricorso deve essere respinto;

che le spese del presente giudizio di cassazione –
liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

che nulla va disposto con riguardo al versamento
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n.
115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228
del 2012, non potendo tale normativa trovare applicazione nei confronti
dello Stato e delle Amministrazioni ad esso parificate, le quali, mediante il
meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle
imposte e tasse che gravano sul processo, come accade per l’Amministrazione
ricorrente (vedi, per tutte, in tal senso: Cass. SU 8 maggio 2014, n. 9938;
Cass. 29 gennaio 2016, n. 1778).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso inammissibile e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione,
liquidate euro 5000,00 (cinquemila/00) per compensi professionali, oltre spese
forfetarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

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