Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 ottobre 2020, n. 21886

Licenziamento collettivo, Violazione procedurale,
Comunicazione ex art. 4, co. 9,
L n. 223/1991, Carente della illustrazione relativa alla situazione
specifica del personale delle altre unità produttive, Valutazione della
infungibilità e obsolescenza delle mansioni svolte dagli addetti alla sede in
crisi, Assenza di giustificazione della limitazione della platea dei
lavoratori da licenziare, Oggettive esigenze tecnico-produttive, coerenti con
le indicazioni contenute nella comunicazione

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza n. 6600 del 19.11.2018 la Corte
d’appello di Napoli, pronunziando in sede di reclamo, in riforma della sentenza
di primo grado, ha dichiarato iIlegittimo il licenziamento collettivo intimato
da G. s.r.l. in data 17.2.2016 G.E.C. e O.R. e in data 2.3.2016 ad A.D.B.,
addetti all’unità produttiva di Casavatore con mansioni di analista
programmatore ed analista funzionale, ed ha condannato la società al pagamento
di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto ex art. 18,
comma 5, della legge n. 300 del 1970.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che il
licenziamento intimato ex lege n. 223 del 1991
– limitato alla sola sede aziendale di Casavatore – risultava affetto da
violazione procedurale consistente nella rappresentazione, nell’ambito della comunicazione
di cui all’art. 4, comma 9,
legge n. 223 del 1991, di uno stato di crisi economica di tutte le attività
svolte nella provincia di Napoli dovuta alla perdita del cliente T.I. s.p.a. e
alla riduzione progressiva della commessa Banca Intesa, ma carente della
illustrazione relativa alla situazione specifica del personale delle altre
unità produttive necessaria ai fini della valutazione della infungibilità e
dedotta obsolescenza delle mansioni svolte dagli addetti alla sede in crisi,
con conseguente assenza di giustificazione della limitazione della platea dei
lavoratori da licenziare alla sola sede di Casavatore; in conclusione, la Corte
territoriale, pur rinvenendo una ipotesi di applicazione della tutela
reintegratoria per violazione dei criteri di scelta, ha condannato la società
al pagamento di un’indennità risarcitoria a fronte del tenore della domanda
giudiziale svolta dai lavoratori.

3. Per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso la società G. s.r.l. sulla base di due motivi; i lavoratori hanno
resistito con tempestivo controricorso, proponendo ricorso incidentale affidato
ad un motivo, illustrato da memoria.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce, ai sensi dell’art. 360,comma 1 n. 3, cod.
proc. civ. violazione e falsa applicazione degli artt. 4, commi 3 e 5, e 5, comma
1, della legge n. 223 del 1991, per mancata valutazione, da parte della
Corte territoriale, sia della indicazione – nella comunicazione di apertura
della procedura – della perdita delle ultime due commesse attive demandate alla
sede di Cavatore sia della distanza notevole degli altri siti produttivi della
società, indice di infungibilità delle posizioni lavorative. La legge n. 223 richiede esclusivamente
l’indicazione, nella comunicazione di avvio della procedura, dei motivi
dell’eccedenza e dei motivi per cui si ritiene di non poter ovviare ai
licenziamenti, indicazione soddisfatta, nel caso di specie, con la descrizione
della situazione di crisi della singola unità produttiva (perdita delle uniche
due commesse attive) e dell’andamento generale dell’azienda, apparendo del
tutto ultroneo procedere altresì alla descrizione della situazione di tutte le
altre unità produttive ove le stesse (oltre a collocarsi a notevole distanza
dalla sede in crisi) siano dotate di autonomia produttiva così come alla
“obsolescenza” degli addetti a tale sede.

2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., omesso
esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ove ha ritenuto
indimostrata l’infungibilità dei lavoratori licenziati senza consentire di
provare circostanze di fatto dedotte dalla società sin dalla memoria di
costituzione in sede di opposizione e ritenute pacifiche dal Tribunale. La
Corte territoriale, ritenuta insufficiente la prima linea difensiva svolta
dalla società, aveva il dovere di prendere in considerazione le difese spese da
G. in via gradata e di consentirle di adémpiere processualmente all’onere
probatorio dedotto.

3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale i
lavoratori deducono violazione dell’art. 5, comma 1, della legge n.
223 del 1991 nonché motivazione perplessa e contraddittoria, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, avendo, la Corte
territoriale, condannalo l’impresa al pagamento di un’indennità risarcitoria in
accoglimento della domanda proposta dai lavoratori, ignorando le conclusioni
svolte nell’atto di reclamo ove si chiedeva espressamente la reintegrazione nel
posto di lavoro.

4. I motivi del ricorso principale, che possono
essere esaminati congiuntamente, non sono fondati.

4.1. In tema di licenziamento collettivo per
riduzione di personale, la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di
personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore
ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive, tuttavia è necessario che
queste siano coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione di cui
all’art. 4, terzo comma, legge
n. 223 del 1991 ed è onere del datore di lavoro provare il fatto che
giustifica il più ristretto ambito nel quale la Scelta è stata effettuata
(Cass. nn. 203, 4678 e 21476 del 2015, Cass. n. 2429 e 22655 del 2012, Cass. n. 9711 del 2011). Ben può quindi il datore
di lavoro circoscrivere ad una unità produttiva la platea dei lavoratori da
licenziare ma deve indicare nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n.
223 del 1991, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti
dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di
ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di
consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità
dei programmati licenziamenti. Qualora, nella comunicazione si faccia generico
riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna
specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati
sono illegittimi per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle
oggettive esigenze aziendali (cfr. Cass. n. 4678
del 2015 cit.).

4.2. Va, invero, applicato il principio, ormai
consolidato, secondo cui la comparazione dei lavoratori – al fine di
individuare quelli da avviare alla mobilità – non deve necessariamente
interessare l’intero complesso aziendale, ma può avvenire (secondo una
legittima scelta dell’imprenditore ispirata al criterio legale delle esigenze
tecnico – produttive) nell’ambito della singola unità produttiva, purché,
peraltro, la predeterminazione del limitato campo di selezione sia giustificata
dalle suddette esigenze tecnico-produttive ed organizzative che hanno dato
luogo alla riduzione del personale; deve escludersi la sussistenza di dette
esigenze ove i lavoratori da licenziare siano idonei – per acquisite esperienze
e per pregresso e frequente svolgimento della propria attività in altri reparti
dell’azienda con positivi risultati – ad occupare le posizioni lavorative di
colleghi addetti ad altri reparti o sedi (cfr., in particolare, Cass. n. 13783
del 2006).

4.3. Dunque, come anche recentemente ribadito da
questa Corte (cfr. Cass. n. 981 del 2020, Cass. n. 14800 del 2019), la delimitazione della
platea dei lavoratori destinatari del provvedimento di messa in mobilità o di
licenziamento è condizionata agli elementi acquisiti in sede di esame congiunto
nel senso cioè che, ove non emerga il carattere infungibile dei lavoratori
collocati in CIGS o comunque in difetto di situazioni particolari evidenziate
sempre in sede di esame congiunto, la scelta deve interessare i lavoratori
addetti all’intero complesso.

4.4. Qualora il progetto di ristrutturazione
aziendale si riferisca in modo esclusivo ad una unità produttiva o ad un
settore dell’azienda, la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare
quelli da avviare alla mobilità, può essere limitata agli addetti all’unità o
al settore da ristrutturare, in quanto ciò non sia l’effetto dell’unilaterale
determinazione del datore di lavoro, ma sia obiettivamente giustificato dalle
esigenze organizzative fondanti la riduzione del personale (Cass. n. 2429 del 2012; Cass. n. 22655 del 2012;
Cass. n. 203 del 2015); i motivi di restrizione della platea dei lavoratori da
comparare devono essere adeguatamente esposti nella comunicazione di cui all’art. 4, comma 3, della legge n.
223 del 1991, onde consentire alle OO.SS. di verificare il nesso fra le
ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità lavorative che
l’azienda intenda concretamente espellere (ex plurimis Cass. n. 32387 del 2019, Cass. n. 203 del 2015; Cass. n. 22825 del 2009; Cass. n. 880 del 2013).

5. Nel caso di specie, con accertamento
insindacabile in questa sede di legittimità, la Corte territoriale ha rilevato
che la infungibilità del personale operante presso la sede di Napoli Casavatore
e in particolare l’obsolescenza del bagaglio professionale vantato dai
dipendenti addetti a tale sede non ha costituito oggetto della comunicazione di
apertura della procedura ex legge n. 223 del 1991.
Ed invero la società, con il secondo motivo di ricorso, evidenzia la proposta,
avanzata in sede di confronto sindacale, di un piano di riqualificazione di
tutto il personale della sede di Napoli Casavatore (circostanza dedotta nella
memoria in sede di opposizione, in parte riprodotta) senza peraltro evidenziare
se la specifica situazione delle altre sedi nazionali (Roma, Milano, Venezia)
era stata indicata nella comunicazione di avvio della procedura, circostanza
che avrebbe consentito un effettivo controllo sulla programmata riduzione di
personale.

5.1. La Corte territoriale, ritenendo – nel caso in
esame – indispensabile per un effettivo controllo sindacale della decisione di
mobilità anche la comunicazione, in sede di apertura della relativa procedura,
delle specifiche condizioni in cui lavoravano gli addetti delle altre sedi,
ragioni per cui non si era ritenuto di estendere la selezione pure agli addetti
alle altre strutture che gestiva, ha rispettato i principi sopra enunciati
della necessaria verifica della compatibilità, quanto al contenuto della
comunicazione preventiva, della disciplina di cui all’art. 4 della legge n. 223 del 1991
estesa anche alla chiusura di un insediamento produttivo, con i risultati in
concreto perseguibili in relazione a tale chiusura

5.2. Va, infine, evidenziato che nessuna specifica
censura viene sollevata in relazione alla mancata ammissione dei mezzi di prova
richiesti dalla società, bensì il ricorrente si limita a dolersi della mancata
valutazione del documento prodotto in giudizio, concernente l’ipotesi di
accordo tra la società e i rappresentanti dei lavoratori (relativo ad un
programma di integrale riqualificazione professionale di tutto il personale),
che esula dal decisum della Corte territoriale concernente le carenze della
comunicazione di avvio della procedura.

6. Il ricorso incidentale va dichiarato
inammissibile.

6.1. Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto
censure espressamente e tassativamente previste dall’art.
360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici
motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque
ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la
necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di
una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti
l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle
domande o eccezioni proposte (nella specie, sulla domanda di reintegrazione),
non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della
fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art.
360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112
cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità
della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece,
dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia
mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge
(Cass. Sez.U., n. 17931 del 24/07/2013).

6.2. Inoltre, la censura è prospettata con modalità
non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione,
secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel
ricorso il contenuto del ricorso introduttivo del giudizio (e non il mero atto
di reclamo), fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne
l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così
ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del
suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1,
n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4
(Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224; Cass. SU 11
aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n.
22726).

7. In conclusione, il ricorso principale va
rigettato e il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile e le spese di
lite sono compensate integralmente fra le parti.

8. Sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art.
13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il
ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e dichiara
inammissibile il ricorso incidentale.

Compensa tra le parti le spese di lite.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’§art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del
ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 ottobre 2020, n. 21886
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