Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 ottobre 2020, n. 21739

Licenziamento con preavviso, Esito di procedimento
disciplinare, Assenza di una danno subito dal datore di lavoro, Applicazione
della tutela reintegratoria, Gravità del comportamento del lavoratore in sé, a
prescindere dal danno

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza del 12.9.18, la Corte d’appello di
Napoli ha rigettato il reclamo ai sensi dell’art. 1 della legge n. 92/2012
presentato da P.I. avverso la sentenza del tribunale della stessa sede, che
aveva accolto l’opposizione del lavoratore A.P. all’ordinanza del 22.9.16 di
rigetto del ricorso presentato contro il licenziamento con preavviso
intimatogli dal datore di lavoro in data 10.11.15, conseguentemente condannando
la società alla reintegra del lavoratore nel posto precedentemente occupato ed
al pagamento di una indennità quantificata nella misura di 12 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita.

2. In particolare, la corte territoriale ha preso
atto che il licenziamento era stato comminato, all’esito di procedimento
disciplinare, per avere il lavoratore compilato scorrettamente il modello
28/aut relativo a tre atti giudiziari spediti per raccomandata da un avvocato,
con conseguente impossibilità di fornire al mittente prova della consegna degli
atti, ed altresì per avere il lavoratore provveduto personalmente al recapito
di tre plichi con pagamento in contrassegno, sottraendoli ai portalettere
incaricati, ed esorbitando dalle proprie mansioni di caposquadra, ed inviando
le somme riscosse agli aventi diritto con notevole ritardo. La corte
territoriale, quindi, ritenendo che la causazione di un danno al datore fosse
elemento indefettibile del fatto attribuito al dipendente ai fini della
comminazione del licenziamento disciplinare ai sensi dell’art. 54 c.c.n.I., e ravvisato
nel caso di specie l’assenza di una danno subito dal datore di lavoro, ha
ritenuto insussistente il fatto ascritto al lavoratore ed ha conseguentemente
applicato la tutela reintegratoria prevista dalla legge.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso P.I.
spa per quattro motivi, cui resiste con controricorso il lavoratore.

Le parti hanno depositato memorie.

 

Motivi della decisione

 

4. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente
lamenta – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.-
violazione e falsa applicazione dell’art. 18 co. 4 e 5 stat. lav.
(nel testo risultante all’esito delle modifiche della I. 92/2012) e dell’art. 54 co. 5, lett. c) del
c.c.n.I. 14.4.11 per il personale di P., per avere la sentenza impugnata
incluso la gravità del danno (e quindi la proporzionalità della sanzione) nella
nozione di fatto la cui sussistenza/insussistenza rileva ai fini della
individuazione della tutela.

5. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente
lamenta – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 5
c.p.c.- violazione e falsa applicazione degli artt.
2014, 1175, 1375,
2118 c.c. nonché 80 lett. e) del c.c.n.I. 14.4.11
per il personale di P., per avere trascurato che il licenziamento è previsto
per la gravità del comportamento del lavoratore in sé, a prescindere dal danno.

6. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente
deduce – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 5
c.p.c.- violazione e falsa applicazione dell’art. 18 stat. Lav. nonché
vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata trascurata la rilevanza
delle infrazioni del lavoratore ed il suo comportamento colpevole, riconoscendo
una tutela reintegratoria in luogo di quella indennitaria prevista dalla legge.

7. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente
deduce – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.-
violazione e falsa applicazione dell’art. 18 stat. Lav. in ragione
della asserita erroneità della sentenza in ordine alla individuazione del
regime sanzionatorio applicabile al caso di specie.

8. E’ preliminare l’esame del secondo motivo di
ricorso, con il quale la ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia
trascurato che il licenziamento è legittimo per la gravità del comportamento
del lavoratore in sé, a prescindere dal danno.

9. Esso è fondato. Occorre premettere, infatti, che,
questa Corte (tra le altre, Cass. Sez. L-,
Sentenza n. 18195 del 05/07/2019, Rv. 654484 – 01; Sez. L – , Sentenza n. 19023 del 16/07/2019, Rv.
654495 – 01; Sez. L – , Sentenza n. 12365 del
09/05/2019, Rv. 653758 – 01; Sez. L – ,
Sentenza n. 14063 del 23/05/2019, Rv. 653968 – 01; Sez. L – , Sentenza n.
27004 del 24/10/2018, Rv. 651246 – 01); altresì Cass. n. 14053/2019; Cass. 14321/2017, Cass.
2830/2016, Cass. 9223/2015) ha già
affermato che l’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento
contenuta nei contratti collettivi ha, al contrario che per le sanzioni
disciplinari con effetto conservativo, valenza meramente esemplificativa,
sicché non preclude un’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine
alla idoneità di un grave inadempimento o di un grave comportamento del
lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile,
a far venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore. In
tema di licenziamento, infatti, la nozione di giusta causa è nozione legale ed
il giudice non è vincolato alle previsioni integranti giusta causa contenute
nei contratti collettivi.

10. Va poi aggiunto che, nel contesto normativo
dettato dall’art. 18 Stat.
Lav. nel testo risultante all’esito delle modifiche della legge n. 92 del 2012, il giudice deve
preliminarmente accertarsi se ricorrano gli estremi del giustificato motivo
soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, trattandosi di
aspetti condizionanti la legittimità del licenziamento secondo previsioni e
nozioni legali non modificate dalla riforma; tale giudizio viene effettuato
sulla base di una pluralità di criteri, che riempiono di contenuto le clausole
generali richiamate dalla norma di legge, e che non coincidono necessariamente
con i criteri stabiliti dalla contrattazione collettiva. Una volta verificati
gli estremi anzidetti, il giudice verifica la tutela applicabile ed in
particolare se si tratti di quella generale prevista dal co. 5 ovvero se si
tratti di quella prevista dal comma 4, operante nei soli casi di
“insussistenza del fatto contestato” ovvero di “fatto rientrante
tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle
previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari
applicabili”.

11. La nuova disciplina del licenziamento postula
dunque due distinte operazioni concettuali: la prima consiste nella
ricognizione della ricorrenza o meno di una causa legittimante il licenziamento
disciplinare, attraverso la sussunzione della vicenda fattuale all’interno della
clausola generale della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo; la
seconda, da compiersi solo se viene accertata la mancanza della causa
giustificativa e quindi acclarata la illegittimità del licenziamento, consiste
nella verifica della sussistenza o insussistenza del fatto posto a base della
contestazione disciplinare ovvero della previsione collettiva quale fatto
punibile con sanzione conservativa, allo scopo di dedurne il meccanismo
sanzionatorio applicabile.

12. Nella specie, la Corte di merito ha del tutto
omesso di valutare se l’illecito contestato, per le sue caratteristiche
oggettive e soggettive, integrasse una giusta causa o un giustificato motivo di
recesso datoriale, anche in base al grado di negazione dei doveri di fedeltà e
diligenza e al livello di scostamento dalle regole aziendali interne,
arrestando la propria indagine al rilievo del difetto di prova di uno degli
elementi costitutivi della fattispecie contrattuale collettiva e cioè dei
“gravi danni” per la società derivati dalla inosservanza di leggi o
di regolamenti o degli obblighi di servizio, e trascurando il richiamo,
esplicitamente contenuto nella lettera di licenziamento, all’art. 80, lettera e) e,
attraverso di esso, alle nozioni delineate negli artt.
2119 cod. civ. e 3 I. n.
604/1966.

13. In conclusione, l’impugnata sentenza, che non ha
effettuato la necessaria valutazione della ricorrenza dei presupposti legali
del recesso, deve essere cassata in accoglimento del secondo motivo, assorbiti
gli altri. La causa va rinviata, anche per la liquidazione delle spese del
presente giudizio, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale verificherà,
alla stregua delle circostanze tutte del caso concreto, se la condotta posta in
essere dalla lavoratrice possa o meno essere ricondotta alla nozione legale di
giusta causa o giustificato motivo di licenziamento.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli
altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia,
anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Napoli in
diversa composizione.

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