Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2020, n. 22404
Biologi iscritti all’ENPAB, Mancato versamento del contributo
integrativo del 2%, Regime di convenzione con ASL, Rapporto sinallagmatico
esistente tra retribuzione e contribuzione, Contributo integrativo applicato
su tutti i redditi connessi all’esercizio dell’attività professionale, anche
svolta sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa
Rilevato che
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n.
835/2014, ha rigettato l’impugnazione proposta da S.M. (in proprio e nella
qualità di legale rappresentante della società “Laboratorio di Analisi
Chimiche S.E.M. della dott.ssa S.M. & C. s.n.c.”), nonché dai soci
V.E., S.S. e M.R., nei confronti dell’ASL Napoli 1 Centro, dell’Ordine
Nazionale dei Biologi e dell’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza
Biologi, avverso la sentenza del Tribunale lavoro della stessa città che aveva
rigettato la domanda proposta dalle citate parti appellanti al fine di ottenere
l’accertamento dell’obbligo dell’ASL NA 1 di corrispondere, per tutte le
prestazioni ricevute dal ” Laboratorio di Analisi Chimiche S.E.M. della
dott.ssa S.M. & C. s.n.c.”, il contributo ENPAB del 2% per la quota
della società facente capo agli appellanti, biologi iscritti all’ENPAB, con
condanna della detta ASL al pagamento della somma corrispondente a quanto
dovuto ai biologi per il mancato versamento del contributo integrativo maturato
sulle prestazioni relative ai periodi per ciascuno indicati e relativi
accessori; la Corte territoriale ha individuato il quadro normativo di
riferimento nell’art. 8 d.lgs.
n. 103/1996 e nell’art. 4 del Regolamento di disciplina delle Funzioni di
Previdenza dell’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Biologi
ed ha accertato che gli appellanti esercitano la professione di biologo
nell’ambito del Laboratorio di Analisi Chimiche S.E.M. della dott.ssa S.M.
& C. s.n.c.”, in regime di convenzione con ASL NA 1, essendone soci;
la questione relativa all’obbligo dell’ASL di
versare il contributo integrativo è stata risolta valorizzando il rapporto
sinallagmatico esistente tra retribuzione e contribuzione, per cui, si è
affermato che – trattandosi di struttura convenzionata esercitata in forma
societaria – i compensi relativi alle singole prestazioni non possono che
confluire nel bilancio della società che è autonomo centro di imputazione
giuridica, come del resto previsto dal regime convenzionale voluto dalla legge n. 833 del 1978 e pure dal regime
dell’accreditamento di cui all’art
6, comma sei, I. n. 724 del 1994.
Da tali presupposti, la Corte ha tratto la
conseguenza che la ratio della normativa sia nel senso di lasciare che il
pagamento del contributo integrativo resti a carico della società;
avverso tale sentenza propongono ricorso per
cassazione il Laboratorio Analisi Chimiche S.E.M. della dott.ssa S.M. &C.
s.n.c., nonché S.M., in proprio e n.q. di amministratore del Laboratorio, V.E.,
S.S. e M.R. sulla base di tre motivi, successivamente illustrati da memoria :
1) ai sensi dell’art. 360, primo comma n.4) c.p.c.,
violazione dell’art. 112 c.p.c. per l’omessa
pronuncia sul motivo d’appello relativo alla domanda principale proposta dalla
società ed avente ad oggetto la richiesta di condanna dell’ASL Napoli 1 Centro
al pagamento dell’importo del contributo integrativo maturato dall’aprile 1996
all’anno 2005; 2) violazione e falsa ed erronea applicazione della legge n. 335 del 1995, del d.lgs. n. 103 del 1996 ( artt. 6,7,8) e del
Regolamento ENPAB (art. 4), in ragione del fatto che dal complesso normativo
sopra indicato, vincolante non solo per gli iscritti alla Cassa ma per tutti i
soggetti dell’ordinamento, si evince che la maggiorazione del 2% (cd.
contributo integrativo) deve essere applicata su tutti i redditi connessi all’esercizio
dell’attività professionale di biologo anche se si tratti di attività svolta
sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa (artt. 8 d.lgs. n. 103/ 1996 e 4
Reg. ENPAB) ed il biologo ha diritto a ripetere le somme versate a tale titolo
direttamente dal soggetto che si avvale della sua prestazione; la stessa
normativa regolamentare, evidenziano i ricorrenti, prevede che nel caso in cui
il biologo sia socio o membro di una società o di una associazione
professionale, sarà la stessa società od associazione ad applicare la
maggiorazione per la quota di competenza di ogni singolo socio o associato
iscritto all’Ente e l’ammontare complessivo annuo delle maggiorazioni
obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su una
percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società
corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettanti all’iscritto
stesso ( art. 4, comma 1, Reg. ENPAB); il contributo integrativo, che ha
finalità solidaristiche all’interno della categoria, viene riscosso
direttamente dall’associazione o società partecipata ai sensi dell’art. 4,
comma 2, Reg.; 3) omesso esame dell’aspetto dell’ineludibilità del contributo
integrativo, oggetto di discussione in entrambi i gradi del giudizio ed
erroneità del richiamo fatto dalla sentenza impugnata all’art. 6, sesto comma I. n. 724 del
1994, secondo cui le tariffe per ciascuna prestazione erogata dalla
struttura accreditata sarebbero omnicomprensive;
resistono, con controricorso illustrato da
successive memorie, ENPAB ed ASL Napoli 1 Centro;
l’Ordine dei biologi è rimasto intimato;
Considerato che
i motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi,
sono fondati, come già accertato da Cassazione n.
2236 del 30 gennaio 2020 e da Cass. 2850 del 2020, che hanno esaminato
fattispecie del tutto analoghe alla presente;
contrariamente all’assunto svolto in memoria da ASL
Napoli 1 Centro, infatti, è la disciplina, inderogabile, dell’obbligazione
contributiva relativa al rapporto assicurativo obbligatorio che regola la
concreta fattispecie dedotta in causa senza che assuma rilevanza il dato che la
pretesa fatta valere dai ricorrenti sia ancorata anche agli obblighi derivanti
dalla convenzione intercorsa tra le parti;
i ricorrenti, sostanzialmente, addebitano alla
sentenza impugnata una errata interpretazione del quadro normativo al cui
interno si colloca la fattispecie che attiene alla individuazione del soggetto
effettivamente gravato dell’obbligo di versare all’Ente di Previdenza per i
biologi il contributo integrativo previsto dall’art. 8 del d.lgs. n.103 del 1996
e dall’art. 4 del Regolamento ENPAB;
va ribadito che la privatizzazione degli enti
previdenziali dei liberi professionisti fu disposta dalla I. 24 dicembre 1993, n. 537 (art.
1°, commi 32 e 33) ed attuata con il d.lgs. 30
giugno 1994, n. 509 ed il d.lgs. 10 febbraio
1996, n. 103;
in particolare, l’art. 1 d.lgs. 509 del 1994 ha
assoggettato a trasformazione in associazioni o in fondazioni di diritto
privato molteplici enti pubblici gestori, regolando tale processo di
privatizzazione con la previsione di apposita deliberazione dei competenti
organi di ciascun ente, imponendo l’assenza di finanziamenti pubblici o altri
sostegni pubblici di carattere finanziario;
Corte cost., 18 luglio
1997, n. 248 e 5 febbraio 1999, n. 15,
hanno precisato che tale processo di trasformazione non ha dato luogo ad una
privatizzazione sostanziale, essendo rimasto immutato il carattere
pubblicistico dell’attività istituzionale svolta dagli enti privatizzati,
“articolandosi sul diverso piano di una modifica degli strumenti di
gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi”;
in tale contesto va letto l’art.
8 d.lgs. n. 103 del 1996, che nella versione originaria, per quanto qui di
interesse, prevede: < 1. […] 2. Gli iscritti agli albi o elenchi […]
sono tenuti a presentare domanda di iscrizione alla gestione o ente
previdenziale secondo le modalità rispettivamente previste per esse e ad
effettuare i relativi adempimenti contributivi, ivi compreso il contributo
integrativo a carico dell’utenza, nelle misure e alle scadenze stabilite. 3. Il
contributo integrativo a carico di coloro che si avvalgono delle attività
professionali degli iscritti è fissato nella misura del 2 per cento del
fatturato lordo ed è riscosso direttamente dall’iscritto medesimo all’atto del
pagamento previa evidenziazione del relativo importo sulla fattura>;
ai sensi dell’art. 4 del Regolamento di disciplina
della funzione di previdenza adottato dall’ENPAB vigente ratione temporis: <
Gli iscritti all’Ente devono applicare una maggiorazione percentuale su tutti i
corrispettivi che concorrono a formare il reddito imponibile dell’attività
autonoma di libera professione, conseguito anche sotto forma di collaborazione
coordinata e continuativa, e devono versare all’Ente il relativo ammontare,
indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia eseguito colui che si
avvale dell’attività professionale. La maggiorazione è ripetibile nei confronti
di quest’ultimo; le Associazioni Professionali e le Società alle quali
partecipa un iscritto all’Ente devono applicare la maggiorazione per la quota
di competenza di ogni singolo socio o associato iscritto all’Ente;
l’ammontare complessivo annuo delle maggiorazioni
obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su una
percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società
corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettante all’iscritto
stesso […]>; da quanto sin qui esposto, emerge con particolare evidenza
che la riscossione da parte del professionista del contributo integrativo, pari
al due per cento del fatturato da porre a carico dell’utenza mediante evidenza
in fattura, deriva direttamente dalla legge e tale disposizione è chiaramente
rivolta a chiunque si trovi nella situazione descritta. Inoltre, la
disposizione regolamentare, contenente la ulteriore disciplina del sistema di
riscossione del contributo, laddove l’attività professionale sia resa in forma
associata o societaria, realizza una legittima applicazione del potere
regolamentare previsto dall’art.
6 del citato decreto legislativo n. 103 del 1996;
come questa Corte di legittimità ha più volte
affermato ( vd. da ultimo Cass. n. 4608 del 2019 e le pronunce ivi richiamate)
il principio di autonomia riconosciuto alle Casse professionali dal d.lgs. 594
del 1994 e dal d.lgs. n. 103 del 1996 realizza,
nel rispetto della natura pluralista dell’intero sistema previdenziale, lo
scopo di rispettare le istanze del gruppo professionale nella gestione
dell’assicurazione obbligatoria, all’interno dello spazio assegnato loro dalla
legge ( art. 3, comma 12, I. n.
335 del 1995), senza il concorso finanziario da parte dello Stato;
l’attribuzione di autonomia gestionale,
organizzativa e contabile a tali associazioni o fondazioni, con i limiti dovuti
«alla natura pubblica dell’attività svolta» (art. 2, 1° co.), garantisce ai
nuovi soggetti autonomia statutaria e regolamentare (art. 1, 4° co.) ed il
finanziamento attraverso i versamenti contributivi dei propri iscritti, con
divieto di contribuzioni pubbliche (art. 1, 1° e 3° co.), pur
permanendo, nei loro confronti, il controllo pubblico (art. 3);
con l’entrata in vigore della legge n. 133 del 2011, i contributi integrativi,
posti appunto a carico di chi si avvale delle attività professionali degli
iscritti, sono imposti nella misura fissata mediante delibera delle casse o
enti di previdenza competenti, approvata dai Ministeri vigilanti, in misura
percentuale rispetto al fatturato lordo e sono riscossi direttamente
dall’iscritto medesimo all’atto del pagamento, previa evidenziazione del
relativo importo nella fattura;
la legge suddetta ha pure previsto che, al fine di
migliorare i trattamenti pensionistici degli iscritti alle casse o enti di cui
al presente decreto legislativo e a quelli di cui al decreto
legislativo 30 giugno 1994,n. 509, che adottano il sistema di calcolo
contributivo è riconosciuta la facoltà di destinare parte del contributo
integrativo all’incremento dei montanti individuali, senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica garantendo l’equilibrio economico, patrimoniale e
finanziario delle casse e degli enti medesimi, previa delibera degli organismi
competenti e secondo le procedure stabilite dalla legislazione vigente e dai
rispettivi statuti e regolamenti;
se questo è, in sintesi, il peculiare ambito
normativo che connota il rapporto previdenziale intercorrente, in generale, tra
biologo ed Enpab, è evidente, che ipotizzare, come impone la tesi seguita dalla
sentenza impugnata, che la regola generale della riscossione del contributo
integrativo a carico dell’utenza non si debba applicare laddove la prestazione
del biologo sia resa quale socio di società accreditata presso l’Azienda
sanitaria, non risponde né al dato testuale delle norme sopra riportate e
neanche ad una logica di equa distribuzione degli obblighi contributivi tra gli
iscritti all’Ente di previdenza che è, invece, punto essenziale della
solidarietà categoriale;
senza alcuna giustificazione, infatti, il biologo
socio o associato si troverebbe gravato di oneri contributivi maggiori rispetto
ai colleghi non associati pur fruendo delle medesime prestazioni previdenziali;
in realtà, al contrario di quanto ritenuto dalla sentenza impugnata,
l’autonomia soggettiva della società professionale o dell’associazione non
incide sul rapporto previdenziale intercorrente tra l’iscritto e l’Ente ed il
vincolo associativo (o societario) riverbera solo sulle concrete modalità di
calcolo dell’importo contributivo dovuto, come fatto palese dal disposto
dell’art. 8 del Reg. citato che dispone che l’ammontare complessivo annuo delle
maggiorazioni obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su
una percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società
corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettante all’iscritto
stesso;
la regolamentazione contributiva appena descritta
non soffre, dunque, di alcuna lacuna, per cui non vi è spazio per
interpretazioni analogiche o solo estensive che attingano al disposto dell’art. 1, comma 39, I. n. 243 del 2004;
tali disposizioni, peraltro, non condividono la
ratio di quelle sopra applicate. Come affermato dalla giurisprudenza di questa
Corte di legittimità (Cass. n. 10959 del 2018; Cass. n. 11257 del 2016; Cass.
n. 11591 del 2016) esse sono relative alle società professionali mediche od
odontoiatriche ed quelle di capitali ed attribuiscono a ciascun medico la quota
parte della contribuzione di spettanza individuale, prevedendo che “le
medesime società” indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che
hanno partecipato alle attività di produzione del fatturato, attribuendo loro
la percentuale contributiva di spettanza individuale”: si è ritenuta la
portata specifica della disposizione nel senso che la stessa impone una lettura
appropriata e tecnica della parola “fatturato”, giacché essa non
avrebbe significato ove la base di calcolo fosse già costituita dalle fatture
emesse dai professionisti a fronte dei compensi ricevuti dalla società;
l’intento teleologico della norma in esame conferma che la L. n. 243 del 2004 è intervenuta a colmare una
lacuna normativa (l’assoggettamento a contribuzione delle attività dei medici
specialisti esterni operanti in strutture societarie), attraverso la previsione
del prelievo contributivo sul fatturato annuo delle società, in qualsiasi forma
costituite, prodotto dalle prestazioni specialistiche rese dai medici e
odontoiatri nei confronti del Servizio pubblico. Si è voluto così evitare che,
attraverso lo schermo della struttura societaria, l’attività di lavoro del
medico in regime di libera professione fosse sottratta alla contribuzione
previdenziale; in definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza va cassata e
rinviata per nuovo esame della fattispecie facendo applicazione del disposto
degli artt. 8 d.lgs. n. 103 del
1996 e 4 del Regolamento ENPAB sopra citato.
il giudice del rinvio, che si designa nella Corte
d’appello di Napoli in diversa composizione, regolerà anche le spese del
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le
spese del giudizio di legittimità.