Nella lettera di licenziamento economico non va indicata l’impossibilità di ripescaggio.
Nota a Cass. 6 agosto 2020, n. 16795
Pamela Coti
Il datore di lavoro non ha l’obbligo di indicare per iscritto, nella lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni. Ne consegue che è legittimo, sul piano formale, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo che si limiti ad esporre le ragioni alla base del recesso e il nesso causale con la posizione professionale del lavoratore licenziato, senza la necessità di precisare che in azienda non vi sono posti vacanti e disponibili cui poter adibire lo stesso lavoratore al fine di evitare il licenziamento.
Lo afferma la Corte di Cassazione (6 agosto 2020, n. 16795, conforme ad App. Milano n. 1330/2018) rilevando che “l’inutilizzabilità aliunde del lavoratore” è un elemento implicito della norma (art. 2, L. n. 604/1966) che, proprio per questo, non deve essere indicata dal datore di lavoro nella comunicazione al lavoratore del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
La Corte rileva, inoltre, che tale principio non è stato modificato dall’intervento riformatore operato dall’art. 1, co.37, della c.d. Legge Fornero (L. n. 92/2012) che ha imposto la specificazione dei motivi del licenziamento contestualmente alla comunicazione per iscritto al lavoratore. La novella legislativa si è limitata a rimuovere la possibilità per il datore di lavoro di intimare un licenziamento immotivato.
In altri termini, il repêchage, pur essendo un elemento costitutivo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, oggetto di prova in giudizio a carico del datore di lavoro che deve dimostrare che non vi erano altre possibili mansioni ove inserire il lavoratore licenziato, non rientra tra i motivi che il datore deve comunicare per iscritto al lavoratore quando comunica il licenziamento.