Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 ottobre 2020, n. 22794

Società cooperativa, Licenziamento per superamento del
periodo di comporto, Assenze dal lavoro per malattia, Periodo di comporto
fissato dal regolamento sociale, Regime di cui al CCNL Imprese di Pulizia e
Servizi Integrati/Multiservizi, Difetto di un rapporto associativo

 

Rilevato che

 

1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza n.
626/2015, ha rigettato l’appello proposto dalla società cooperativa M. a r.l.
avverso la sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Parma che, in
accoglimento della domanda di G.C., aveva dichiarato l’illegittimità del
licenziamento intimato dalla società per superamento del periodo di comporto
fissato dal regolamento sociale.

2. Il Giudice di primo grado aveva ritenuto che la
resistente non avesse provato la sussistenza del rapporto associativo tra le
parti e che di conseguenza dovesse trovare applicazione il CCNL di categoria,
con l’ulteriore effetto che la C. non aveva superato, con le sue assenze dal
lavoro per malattia, il periodo del comporto fissato dalla normativa
collettiva.

3. In particolare, il Giudice di primo grado aveva
osservato che, a fronte della contestazione del rapporto associativo sollevata
con il ricorso introduttivo, la società avrebbe dovuto produrre tempestivamente
tutta la documentazione idonea a provare la sussistenza di tale rapporto ed in
particolare il verbale del Consiglio di Amministrazione riguardante la delibera
di ammissione a socio dell’istante, mentre con la memoria difensiva la M. si
era limitata a depositare la domanda di adesione della C., la lettera di
accoglimento e il libro dei soci.

4. Nel respingere i motivi di gravame proposti dalla
società, la Corte di appello ha osservato che il verbale del Consiglio di Amministrazione
costituisce un documento assolutamente necessario ai fini della dimostrazione
della natura sociale del rapporto e ha ribadito che, a fronte della specifica
contestazione di parte ricorrente, sarebbe stato onere della resistente
produrre tale documento in sede di memoria difensiva ex art. 416 cod. proc. civ.. Stante l’inammissibilità
della tardiva produzione in appello, ha affermato che l’unico rapporto
rilevante era quello di lavoro, assoggettato al regime di cui al CCNL Imprese
di Pulizia e Servizi Integrati/Multiservizi e non al Regolamento interno,
inapplicabile in difetto di un rapporto associativo.

5. La Corte di appello ha dunque concluso che il
licenziamento era stato intimato per superamento di 200 giorni di assenza in 36
mesi (precisamente giorni di assenza), e dunque per un numero di giorni
inferiore a quello dal CCNL (assenza protratta per 360/365 giorni nell’arco di
36 mesi), con conseguente illegittimità del recesso e diritto della ricorrente
ad essere reintegrata nel posto di lavoro, essendo pacifica la sussistenza del
requisito dimensionale.

6. Per la cassazione di tale sentenza la M. s.c. a
r.l. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi. Ha resistito con
controricorso G.C..

7. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

 

Considerato che

 

8. Con il primo motivo si denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. per
avere i giudici di merito addossato alla parte convenuta l’onere di dimostrare
la sussistenza del rapporto sociale, mentre tale onere gravava sulla
ricorrente, la quale doveva allegare e provare i fatti costituitivi posti a
fondamento della domanda proposta.

9. Con il secondo motivo si denuncia violazione
degli artt. 414 e 416
cod. proc. civ., in quanto nell’atto introduttivo la ricorrente aveva
contestato unicamente l’esistenza di una sua domanda di ammissione a socia
della cooperativa, per cui la società si era regolarmente difesa producendo gli
atti comprovanti l’esistenza di tale domanda.

Si deduce che soltanto in sede di note difensive
finali la ricorrente aveva eccepito la mancata produzione della delibera; che
la tardività di tale nuova eccezione era stata rilevata dalla società in sede
di udienza di discussione; che, in ogni caso, l’esistenza della delibera poteva
desumersi dalla comunicazione all’interessata e dall’annotazione al libro soci,
circostanze tempestivamente allegate da parte convenuta e debitamente
comprovate.

10. Con il terzo motivo si denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 421 e 437 cod. proc. civ. per avere la sentenza ritenuto
che la società fosse decaduta dal potere di produrre la delibera del Consiglio
di Amministrazione, pur potendo tale atto essere acquisito d’ufficio,
trattandosi di mera integrazione istruttoria a fronte dell’ampia documentazione
già ritualmente prodotta dalla convenuta, atta a supportare la propria difesa.

11. Con il quarto motivo si denuncia omesso esame di
un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.),
per avere la Corte di merito omesso di esaminare domanda di ammissione alla
cooperativa presentata dalla lavoratrice, che conteneva in sé gli elementi
della delibera di ammissione (numero di azioni da acquistare e tipologia del
rapporto di lavoro da instaurare) e che in calce riportava la dicitura
“approvata dal Consiglio di Amministrazione in data 27 agosto 2008”,
con timbro e firma del Presidente del Consiglio di Amministrazione.

Si deduce che la Corte aveva altresì omesso di
valutare la comunicazione di accettazione della domanda e l’estratto del libro
soci, dove poteva leggersi della ammissione della C. a socio cooperatore.

12. Il primo motivo è infondato.

13. La domanda ha ad oggetto l’impugnativa di un
licenziamento intimato da una società cooperativa di produzione e lavoro.
Stante l’oggetto della domanda, la Corte di appello ha fatto applicazione del
principio secondo cui l’onere probatorio della sussistenza anche del rapporto
associativo con il lavoratore compete alla società e, ove tale onere non sia
assolto, deve escludersi la possibilità di attribuire al medesimo la qualità di
socio-lavoratore, dovendo egli essere considerato un lavoratore subordinato
puro e semplice (Cass. n. 3043 del 2011,
richiamata anche da Cass. n. 21959 del 2018).

14. Il suddetto principio, che qui viene ribadito,
non inverte gli oneri probatori, poiché è costante nella giurisprudenza di
questa Corte che il lavoratore che agisce in giudizio per conseguire i rimedi
contro il licenziamento illegittimo ha l’onere di provare l’esistenza del
licenziamento, spettando al datore di lavoro provare la sussistenza di una
giusta causa o di un giustificato motivo (tra le tante, Cass. n. 18523 del 2011). E’ noto che il
licenziamento per superamento del periodo di comporto è assimilabile al
licenziamento per giustificato motivo oggettivo e il datore di lavoro, pur
potendo limitarsi a indicazioni complessive come la determinazione del numero
totale delle assenze verificatesi in un determinato periodo, ha tuttavia
l’onere, nell’eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente,
i fatti costitutivi del potere esercitato (cfr. Cass.
n. 23920 del 2010, n. 11092 del 2005; v.
pure Cass. n. 14143 del 2012, in motivazione).

15. Nel caso in esame, poiché il fatto costitutivo
del potere di recesso risiede nel dedotto superamento del periodo di comporto
fissato dalla normativa regolamentare, di durata inferiore al periodo di
comporto fissato dalla contrattazione collettiva, correttamente la Corte di
appello, al pari del primo giudice, ha ritenuto che gravasse sulla società
cooperativa dimostrare la qualità di socia della C.

16. Il secondo e il terzo motivo, da trattare
congiuntamente, sono fondati.

17. Giova premettere che il secondo motivo non
riguarda l’apprezzamento delle prove, ma l’errore giuridico di ritenere che la
prova dell’esistenza della delibera di ammissione a socio non potesse essere
data se non con il deposito del verbale che la contiene. Dalla sentenza sembra
emergere come un dato di fatto non contestato che la documentazione prodotta
dalla convenuta fornisse la prova indiretta sia dell’esistenza della delibera,
sia del suo contenuto e che invece la Corte di appello abbia ritenuto
giuridicamente irrilevanti tali fonti di prova, occorrendo necessariamente la
produzione del verbale, senza chiarire il fondamento di tale regola.

18. Tanto premesso, va osservato che la qualità di
socio di una cooperativa si acquista con la delibera di ammissione da parte
degli amministratori (art. 2525 cod. civ.), che
ha natura di fatto costitutivo. La delibera è da trascrivere nel libro delle
deliberazioni di consiglio e nel libro soci (v. Cass. 4023 del 1992, v. pure
Cass. n. 4961 del 1986). La trascrizione costituisce l’aspetto documentale e
riproduttivo, secondo le finalità e le funzioni dei libri sociali, dell’unico
fatto costitutivo da individuarsi nella delibera del Consiglio di
Amministrazione.

19. Questa Corte ha osservato che, sul piano
probatorio, qualora vi sia discrepanza tra il fatto costitutivo e l’aspetto
documentale e riproduttivo dello stesso, il primo assume rilievo essenziale,
ma, in difetto di contestazioni circa l’esattezza della riproduzione
documentale, la prova della qualità di socio può essere data o con i dati
annotati nel relativo libro soci, o con altro fattore di prova equivalente,
individuandosi l’equivalente valore probatorio nella dimostrazione del fatto
costitutivo e, cioè, della delibera del Consiglio (cfr. Cass. n. 4023 del 1992
citata, in motivazione).

20. Dalle svolte osservazioni deriva, in linea di
principio, che l’esistenza, o l’inesistenza della trascrizione, nelle
cooperative, ha carattere probatorio di un precedente fatto costitutivo e, se
costituisce necessariamente l’unico mezzo probatorio ammesso, la relativa
trascrizione ben può assurgere a prova indiretta della ammissione nella
compagine societaria.

21. D’altra parte, la verbalizzazione della delibera
ha funzione solo certificativa (cfr. Cass. 4402 del 1988) e non interferisce
sulla validità dell’atto.

22. Nel caso in esame, risulta dalla stessa sentenza
impugnata che la società cooperativa ebbe a produrre tempestivamente in
giudizio, in sede di memoria difensiva ex art. 416
cod. proc. civ., oltre alla domanda di adesione della sig.ra C. e alla
lettera di accoglimento, il libro dei soci (pagg. 14 e 15 ric.). La sentenza
rivela l’errore di diritto di ritenere irrilevante la trascrizione della
delibera, che invece – secondo l’orientamento interpretativo sopra menzionato –
ben può rivestire carattere probatorio di un precedente fatto costitutivo e, se
costituisce necessariamente l’unico mezzo probatorio ammesso, ben può assurgere
a prova indiretta della ammissione nella compagine societaria.

23. Quanto al terzo motivo, va ribadito che, nel
rito del lavoro, il ricorrente che denunci in cassazione il mancato esercizio
dei poteri istruttori di ufficio nel giudizio di merito deve riportare in
ricorso gli atti processuali dai quali emerge l’esistenza di una “pista
probatoria” qualificata, ossia l’esistenza di fatti o mezzi di prova,
idonei a sorreggere le sue ragioni con carattere di decisività, rispetto ai
quali avrebbe potuto e dovuto esplicarsi l’officiosa attività di integrazione
istruttoria demandata al giudice di merito, ed allegare, altresì, di avere
espressamente e specificamente richiesto tale intervento nel predetto giudizio
(Cass. n. 22628 del 2019, n. 25374 del 2017 e n.14731
del 2006).

24. Il ricorso per cassazione ora all’esame invoca
il principio di circolarità degli oneri di allegazione e prova deducendo che, a
fonte delle contestazioni sollevate nel corso del giudizio di primo grado dalla
ricorrente, la convenuta aveva chiesto di poter produrre il verbale del Consiglio
di Amministrazione relativo all’accoglimento della domanda di ammissione a
socio avanzata dalla C. (verbale di udienza del 14.6.2013, del pari riprodotto
in allegato al ricorso per cassazione). Il ricorso evidenzia dunque, accanto
all’indicazione di una “pista probatoria”, costituita dagli atti
tempestivamente prodotti ex art. 416 cod. proc.
civ., una richiesta di integrazione istruttoria per l’ipotesi in cui il
giudice di merito avesse ritenuto non pienamente raggiunta la prova anzidetta.

25. Poiché, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 421 e 437 cod.
proc. civ., l’uso dei poteri istruttori da parte del giudice non ha
carattere discrezionale, ma costituisce un potere-dovere del cui esercizio o
mancato esercizio il giudice è tenuto a dar conto, è errata l’affermazione di
tardività della produzione del documento in appello senza avere prima chiarito
le ragioni per le quali sarebbe legittimo che il giudice di primo grado non
abbia dato ingresso alla produzione del documento, sollecitata in corso di
giudizio da parte convenuta.

26. In conclusione, va rigettato il primo motivo,
mentre vanno accolti il secondo e il terzo, con assorbimento del quarto, che involge
l’accertamento di merito.

27. La sentenza va cassata in relazione ai motivi
accolti e va disposto il rinvio alla Corte di appello di Bologna in diversa
composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo; accoglie il secondo e il
terzo motivo, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai
motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Bologna
in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 ottobre 2020, n. 22794
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