I permessi per motivi di studio straordinari e retribuiti non possono essere fruiti dagli studenti “fuori corso”.
Nota a Cass. 18 settembre 2020, n. 19610
Pamela Coti
La concessione dei permessi straordinari e retribuiti per ragioni di studio è limitata ai soli studenti “in corso”, con la conseguenza che tale diritto non può essere esercitato dagli studenti c.d. “fuori corso”, e cioè oltre il limite della durata legale del corso di studi.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (18 settembre 2020, n.19610), confermando la pronuncia di merito (App. Bologna n. 1381/2014) che aveva respinto la domanda di un lavoratore volta al riconoscimento del diritto a godere di permessi per motivi di studio anche oltre la durata prevista del relativo corso universitario.
Al riguardo, la Corte ha ribadito che:
- i lavoratori – studenti, compresi quelli universitari, ai sensi dell’art. 10, L. 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. Statuto dei Lavoratori), hanno diritto di fruire di permessi retribuiti al fine di sostenere le prove d’esame;
- tale prerogativa spetta a tutti i prestatori “che intendono dedicarsi allo studio per conseguire la possibilità di affrontare, senza remore di carattere economico, gli esami per ottenere titoli riconosciuti dall’ordinamento giuridico statale” (Cass. n. 52/1985);
- l’esercizio del diritto allo studio deve essere, tuttavia, contemperato con l’interesse del datore di lavoro all’esecuzione della prestazione (Cass. n. 10344/2008);
- la disciplina sulle modalità, i termini, il numero di ore e la percentuale di dipendenti beneficiari di tali permessi è demandata ai contratti collettivi.
Nel caso di specie, la normativa contrattuale, di carattere migliorativo rispetto a quella legale, consentiva al lavoratore di fruire dei permessi retribuiti non solo per sostenere gli esami ma anche per la “frequenza” di corsi finalizzati al conseguimento di un titolo di studio, nel rispetto di precisi limiti posti a tutela delle prerogative aziendali, quali il numero massimo di ore individuali per anno (150) e di dipendenti ammessi a usufruire dei permessi (3% del totale delle unità in servizio) nonché la previsione di criteri di scelta tra gli studenti lavoratori in caso di concorso di richieste superiori al limite annuale (art. 28, ccnl Federcasa 2002 – 2005).
Per la Corte di merito, il diritto di beneficiare di permessi retribuiti non poteva essere riconosciuto “senza limiti, cioè al di fuori della durata legale del corso e a prescindere dal superamento o meno degli esami sostenuti per i corsi seguiti”, Ciò considerato che la “frequenza” di corsi studio universitari costituisce “attività chiaramente riservata ad un numero delimitato di anni, quelli coincidenti con il corso legale di studi” e che “la norma sarebbe stata formulata diversamente, ove lo svolgimento di attività didattiche preordinate alla preparazione degli esami dovesse essere considerato fungibile alla frequentazione delle lezioni per gli anni in corso regolare”.
La Cassazione ha affermato che la Corte distrettuale ha formulato “una lettura coerente e logica della norma” ed ha escluso il carattere discriminatorio della interpretazione fornita, dal momento che l’essere studente in corso o fuori corso non rientra tra i fattori di discriminazione oggetto di protezione normativa.