Il lavoratore del trasporto pubblico ha facoltà d’impugnare la sanzione disciplinare tramite il collegio di conciliazione di cui all’art. 7 Stat. Lav. ovvero mediante ricorso gerarchico di cui al R.D. n. 148/1931
Nota a Trib. Roma 23 settembre 2020, n. 5459
Valerio di Bello
Nel settore del trasporto pubblico, in caso di comminazione di una sanzione disciplinare (ex art. 7 Stat. Lav.), una volta che il lavoratore abbia promosso la costituzione del collegio arbitrale, il datore di lavoro ha 10 giorni di tempo, dall’invito rivoltogli dall’Ispettorato del lavoro, per nominare il proprio rappresentante o, in alternativa, per adire l’autorità giudiziaria. In caso di inerzia del datore di lavoro, la sanzione diventa inefficace.
Lo afferma il Tribunale di Roma (23 settembre 2020, n. 5459; v. anche Cass. n. 586/1989) relativamente ad un dipendente che, in seguito all’applicazione di sanzioni disciplinari, pur avendo promosso la costituzione di un collegio arbitrale, non aveva ricevuto risposta dalla società invitata dall’Ispettorato del lavoro a nominare il proprio rappresentante, sul presupposto che il lavoratore avrebbe dovuto presentare ricorso gerarchico anziché rivolgersi all’Ispettorato.
Il Tribunale precisa che i dipendenti delle aziende di trasporto pubblico in regime di concessione hanno (in base all’art. 58, all. A, R.D. n. 148/1931) solo la facoltà di proporre il ricorso gerarchico (“l’agente punito può ricorrere”), per cui “questa modalità di impugnazione della sanzione non può ritenersi impeditiva rispetto alla facoltà, contemplata dal citato art. 7, di attivare la procedura arbitrale, essendo oltre tutto quest’ultima procedura, che comporta la sospensione della sanzione, più favorevole rispetto al ricorso gerarchico, che non comporta alcuna sospensione”.
Ne consegue che, qualora il lavoratore abbia promosso la costituzione del collegio di conciliazione di cui al citato art. 7 Stat. Lav., il datore di lavoro è tenuto ad aderirvi pena l’inefficacia della sanzione disciplinare.