La definizione di condotta antisindacale contenuta nell’art. 28 Stat. Lav. ha natura non analitica ma teleologica poiché individua il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali, bensì alla sua idoneità a ledere i beni protetti.
Pertanto, per integrare gli estremi della condotta antisindacale è sufficiente che il comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario, né sufficiente, uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro. “L’esigenza di una tutela della libertà sindacale può sorgere anche in relazione ad un’errata valutazione datoriale circa la portata della sua condotta, così come l’intento lesivo del datore di lavoro non può di per sé far considerare antisindacale una condotta che non abbia rilievo obiettivamente tale da limitare la libertà sindacale” (così, Trib. Milano 30 luglio 2020, n. 19596, in linea con la giurisprudenza consolidata. V., fra tante, Cass. SU. n. 5295/1997; Cass. n. 9250/2007 e Cass. n. 13726/2014).
S. R.