Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 ottobre 2020, n. 23366

Pagamento delle differenze maturate, Mancato riconoscimento
di lavoro straordinario, Base di calcolo degli istituti indiretti, Principio
di omnicomprensività, Retribuzione corrisposta per prestazioni di lavoro
straordinario, continuative e sistematiche, Esclusione dalla retribuzione
normale

 

Rilevato

 

che la Corte di Appello di Roma, con sentenza
pubblicata in data 17.2.2017, ha accolto parzialmente il gravame interposto da
E.S., nei confronti della S.r.l. M.P., avverso la pronunzia del Tribunale della
stessa sede n. 3793/2014, con la quale era stata respinta la domanda del
lavoratore diretta ad ottenere il pagamento delle differenze maturate – a causa
del mancato riconoscimento, da parte della società datrice, dell’aumento del
10% previsto dal R.d. n. 692 del 1923 – a
titolo di straordinario per il lavoro eccedente le 36 ore settimanali, di
lavoro festivo diurno o effettuato nelle festività nazionali ed
infrasettimanali, nonché di retribuzione per le festività nazionali
infrasettimanali e per quelle coincidenti con la domenica, dal gennaio 2004 al
settembre 2010;

che, pertanto, la Corte di merito, in parziale
riforma della sentenza del primo giudice, ferma nel resto, ha condannato la
M.P. S.r.l. al versamento, in favore dell’appellante, di Euro 84,27, oltre
accessori, per le festività nazionali coincidenti con la domenica;

che la Corte di merito ha ritenuto fondato il
relativo motivo di gravame, in quanto basato <<sulla giurisprudenza della
Cassazione per la quale il compenso aggiuntivo, previsto dall’art. 5 comma 3 I. n. 260/49,
spetta al lavoratore retribuito in misura fissa senza distinzione nell’ambito
delle categorie previste dall’art. 2095 c.c. e
si riferisce alle giornate di festività nazionali cadenti di domenica non
lavorate e anche alle altre festività in quanto indicate dalla legge (Cass. n. 13842/15>>;

che per la cassazione della sentenza ricorre E.S.
articolando due motivi contenenti più censure, cui resiste con controricorso la
M.P. S.r.l. in liquidazione;

che sono state comunicate memorie nell’interesse del
lavoratore;

che il P.G. non ha formulato richieste

 

Considerato

 

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento
all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la
violazione degli artt. 36 Cost.; 3, 4 e 5 del D.lgs. n. 66 del 2003;
2126, 1218, 2697, 1418 e 1419 c.c.; 4 della Carta Sociale Europea del
3.5.1996 (ratificata dallo Stato italiano con la I. n. 30 del 1999) e, nella
sostanza, si censura il capo della sentenza oggetto del presente giudizio, con
il quale sono state respinte le domande relative al compenso per lavoro
straordinario prestato oltre le 48 ore settimanali, e si assume che la Corte
distrettuale avrebbe erroneamente asserito che l’art.
36 della Carta costituzionale si riferisce alla proporzionalità o adeguatezza
della retribuzione globale e non ai singoli emolumenti; 2) in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione
degli artt. 36 Cost.; <<5 della legge 27.5.1949, n. 260 come modificato
dall’art. 1 della legge
31.3.1954, n. 90; 12 delle disposizioni sulla
legge in generale>>, e si censura il capo della pronunzia impugnata
con il quale è stata respinta la domanda attinente al ricalcolo della
retribuzione percepita per il lavoro prestato nei giorni festivi sulla base
della retribuzione omnicomprensiva; si deduce, altresì, che al lavoratore
spetterebbe <<la differenza del compenso delle prestazioni lavorative
eseguite nelle festività nazionali ed infrasettimanall>>, che <<non
era stato determinato sulla base della retribuzione onnicomprensiva o
comprensiva di tutti gli emolumenti obbligatori, ordinari, continuativi e
determinati o determinabili (quale lo stipendio, la contingenza, l’indennità
speciale aziendale, gli scatti di anzianità, l’ind. int., l’indennità
convenzionale, l’elemento distinto retributivo compreso quello ad personam, la
13^ e 14^ mensilità e l’emolumento econ. ex art. 10 CCNL 95, per la maggiore
produttività, essendo tutti, senza eccezione alcuna, come risulta in via
comunque assorbente, dai prodotti, incontestati, prospetti paga, emolumenti
retributivi, ordinari, obbligatori, continuativi e determinati o determinabili)
e della maggiorazione contrattuale festiva>>;

che il primo motivo non può essere accolto,
innanzitutto, in quanto il ricorrente non ha impugnato il capo della sentenza
con il quale sono state respinte le domande concernenti il compenso per il
lavoro straordinario asseritamente prestato oltre le 40 ore ed entro le 48 ore
settimanali (v. in particolare, le pagine 5 e 6 della sentenza impugnata); per
la qual cosa, su tale capo, la pronunzia impugnata è divenuta irrevocabile; inoltre,
i giudici di appello hanno reputato, altresì, la non fondatezza della domanda
subordinata (relativa al compenso per il lavoro straordinario eccedente le 48
ore settimanali), sulla base di due ragioni distinte ed autonome: <<fermo
quanto sopra esposto in ordine alla riconducibilità del compenso per lavoro
straordinario alle previsioni di cui alla contrattazione collettiva,
l’appellante non ha neanche offerto elementi indicativi sulla prestazione di
lavoro oltre le 48 ore>>;

che il ricorrente – a fronte di una sentenza fondata
su due rationes decidendi, quali, da un lato, la determinazione del compenso
per il lavoro straordinario rimessa alla contrattazione collettiva (cfr., in
termini, e tra le molte, Cass. nn. 13842/2015;
15781/2007; 5922/2006;
5934/2004); e, dall’altro, la carenza di elementi delibatori indicativi della
prestazione di lavoro oltre le 48 ore – si è limitato a censurare solo i
profili attinenti al primo aspetto, con conseguente inammissibilità del motivo
relativamente a tale doglianza; ed invero, alla stregua dei consolidati arresti
giurisprudenziali di legittimità, <<poiché il ricorso per cassazione si
caratterizza come rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione
determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti,
qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro
distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente
sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli
specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il
profilo del vizio di motivazione>> (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 22183/2020; 16314/2019; 26244/2018; 18641/2017; 4293/2016; 7932/2013;
3386/2011);

che il secondo motivo non è meritevole di
accoglimento, in quanto la Corte territoriale è pervenuta alla decisione
oggetto del presente giudizio uniformandosi agli ormai consolidati arresti
giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia, del tutto condivisi da
questo Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene – ed ai quali, ai
sensi dell’art. 118 Disp. att. c.p.c., fa
espresso richiamo -, secondo cui <<In tema di retribuzione nel lavoro
subordinato, ai fini della determinazione della base di calcolo degli istituti
indiretti (tredicesima mensilità, ferie, festività, ex festività soppresse e
permessi retribuiti) non vige nell’ordinamento un principio di
omnicomprensività, sicché il compenso per lavoro straordinario va computato, a
tali fini, solo ove previsto da norme specifiche o dalla disciplina
collettiva>>; pertanto, <<la retribuzione corrisposta per
prestazioni continuative e sistematiche di lavoro straordinario, non facendo
parte della retribuzione normale anche se corrisposta in maniera fissa e
stabile, non rileva ai fini del trattamento retributivo per le festività
infrasettimanali, poiché l’art.
5 della I. n. 260 del 1949, nel testo di cui alla I. n. 90 del 1954, fa riferimento alla normale
retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio>>
(cfr., ex multis, Cass. nn. 28937/2018; 25760/2017; 25761/2016;
9764/2000);

che, dunque, la sentenza Impugnata – che ha reputato
che la maggiorazione prevista dall’art. 5, secondo comma, della I. n.
260 del 1949, come modificato dalla I. n. 90
del 1954, sia istituto propriamente contrattuale rimesso all’autonomia delle
parti, le quali possono determinarne il quantum e la base di calcolo – non
incorre nelle dedotte violazioni, poiché il CCNL Federambiente del 2003,
applicabile ratione temporis alla fattispecie, non prevede una nozione
omnicomprensiva della retribuzione del lavoro festivo, ma dispone, all’art. 24,
che <<la base di calcolo è la retribuzione individuale>>, con la
conseguenza che la retribuzione da considerare per il lavoro prestato nelle
festività infrasettimanali non è, né alla stregua della disciplina legale, né
alla stregua di quella negoziale, la retribuzione omnicomprensiva, come
dedotto, invece, dal lavoratore; che per tutto quanto in precedenza esposto, il
ricorso va rigettato;

che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono
la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla
data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui
all’art. 13, comma 1 – quater, del
d.P.R. n. 115 del secondo quanto specificato in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00,
di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed
accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 ottobre 2020, n. 23366
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: