Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 ottobre 2020, n. 21595

Dipendenti transitati in diversa società a loro insaputa,
Mantenimento dei loro diritti, llliceità, nullità, annullabilità e inefficacia
dei contratti e atti dissimulati, Adeguamento del trattamento economico e
normativo, Simulata costituzione di società

 

Rilevato che

 

1. Con ricorso proposto al Tribunale di L’Aquila gli
odierni ricorrenti, premesso di essere stati dipendenti della società R.R. poi
transitati -in seguito alla costituzione ad opera di T.I. spa, in data
31.12.2002, della T.I. Learning Services -T. spa- in quest’ultima società il
cui pacchetto azionario era stato ceduto nel giugno del 2006 a loro insaputa
alla T. Holding- assumevano che detta vendita non li garantiva nel mantenimento
dei loro diritti come, invece, avvenuto con la cessione del 2002; chiedevano,
quindi, che fosse accertata e dichiarata la nullità dei contratti di vendita
del 15.6.2006 e di fornitura di servizi del 17.7.2006, stipulati dalla T.I. spa
con la T. Holding spa e la T. spa e di tutti gli atti conseguenti e, per
l’effetto, fosse dichiarata l’illiceità, la nullità, l’annullabilità e
l’inefficacia dei contratti e atti dissimulati, come individuati nella
narrativa del ricorso, in quanto privi dei richiesti requisiti formali e
sostanziali, ai sensi degli artt. 1175, 1375, 1343, 1344, 1345, 1406, 1414 e ss., 1418 e ss., 2112 cc
e art. 29 co. 3 bis D.lgs. n. 276
del 2003, con ripristino dello status quo ante e ricostituzione del
rapporto a decorrere dal 15.6.2006, unitamente a tutte le conseguenze
economiche; che fosse accertata e dichiarata la violazione dell’art. 29 co. 3 bis del D.lgs. n. 276
del 2003 e, per l’effetto, costituito il rapporto di lavoro con T. spa a
decorrere dal 15.6.2006 o da altra data ritenuta di giustizia, sempre con ogni
conseguenza economica derivante dall’adeguamento del trattamento economico e normativo
nel frattempo intervenuto; il tutto con riserva di impugnare l’eventuale
licenziamento e di agire per il risarcimento dei danni subendi e subiti.

2. L’adito giudice del lavoro, nel contraddittorio
delle parti, con la pronuncia n. 439 del 2013 respingeva la domanda.

3. Sul gravame presentato dai lavoratori la Corte di
appello di L’Aquila, con la sentenza n. 14 del 2016, confermava la pronuncia
impugnata.

4. A fondamento della decisione i giudici di seconde
cure rilevavano: a) le domande azionate in prime cure dirette alla
riconducibilità dei rapporti di lavoro alle problematiche connessi alla
esternalizzazione dei servizi della T. spa e ai suoi rapporti con la T. spa
erano infondate perché i lavoratori non erano mai stati dipendenti della T.;
analogamente erano irrilevanti le richieste circa una asserita simulazione
della costituzione della T. spa, da parte di T., perché essi lavoratori
comunque erano stati dipendenti della R.R. spa rispetto alla quale nessuna
deduzione risultava svolta; b) nessun trasferimento di azienda era
astrattamente configurabile, nella mera cessione del pacchetto azionario della
T. spa in favore della T. Holding spa da parte di T. e, in ogni caso, dalla
nullità della cessione non avrebbe potuto mai conseguire l’esistenza di un
rapporto di lavoro alle dipendenze dirette di T.; c) anche i profili di
illegittimità del contratto di appalto, siglato il 17.7.2006 tra T. spa e la T.
spa, erano irrilevanti per la posizione dei ricorrenti in quanto essi non erano
stati mai dipendenti della T. spa né dopo il 2002 né prima di tale data; d)
inoltre, anche l’argomentazione secondo la quale il contratto di appalto
avrebbe dissimulato una interposizione di manodopera in violazione dell’art. 29 del D.lgs. n. 276 del 2003,
fondata sul fatto che la cessionaria spa T. Holding sarebbe stata priva di
autonomia organizzativa, di strutture proprie e di mezzi patrimoniali, adeguata
per assumere la gestione della fornitura a proprio rischio, non era significativa
per la situazione dei lavoratori in quanto tutti i rapporti di lavoro erano
sempre rimasti in capo alla fallita T.; e) non era rilevante la circostanza che
T. spa avesse proceduto alla assunzione di 23 dipendenti della T. spa a fronte
del totale di n. 500 dipendenti, in assenza peraltro della specificazione se
gli stessi fossero prima del 2002 dipendenti della R.R. oppure della T. spa; f)
infine, sfornito di prova era invece rimasto l’affermato sostegno finanziario
di T. alla T. spa erogato sotto forma di compenso maggiorato per le prestazioni
oggetto di appalto ovvero di pagamento anche per servizi non corrisposti.

5. Avverso la sentenza di secondo grado hanno
proposto ricorso per cassazione L.C., S.C., G.F., M.F., M.A.I., O.L., C.M.,
D.M., P.M., C.P., S.P., E.P., A.V., A.O. affidato a due motivi, illustrati con
memoria, cui ha resistito con controricorso T.I. spa.

6. A. Investments spa, già T. Holding spa, e il
Fallimento T. spa non hanno svolto attività difensiva.

7. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

 

Considerato che

 

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo i ricorrenti denunziano la
violazione dell’art. 112 c.p.c., degli artt. 342 e 434 c.p.c.,
anche con riferimento agli artt. 1406 e 2112 cc, per errata interpretazione della domanda,
ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c.; sostengono
che la Corte territoriale non aveva esaminato, incorrendo nelle denunziate
violazioni, le argomentazioni esposte nel ricorso introduttivo e riproposte
come motivo di appello: in particolare, per non avere considerato che nella T.
spa non era confluito solo il personale della R.R. spa ma anche tutto il
personale T. addetto alle scuole e società di formazione operanti all’interno
del Gruppo e che, in subordine, essi avevano richiesto la ricostituzione del
rapporto di lavoro in capo a T., come conseguenza della invocata illegittimità
del contratto di compravendita delle azioni del 15.6.2006 e avevano fatto
espressa riserva di una azione di risarcimento dei danni subiti di conseguenza
nei confronti di entrambe le società simulatrici; inoltre, per non essere
intervenuta la Corte territoriale di ufficio sulla questione del trasferimento
dei contratti di lavoro alla T. spa avvenuto con il consenso dei lavoratori e
per non avere rilevato che essi lavoratori non avevano mai dedotto che la T.
fosse una società illegittima.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione
degli artt. 343, 1344,
1345, 1414, 1418 cc e dell’art.
2112 cc, anche in relazione agli artt. 1175,
1375, 1362, 1363, 1364, 1366 e 1372, 1406 cc, a sensi dell’art.
360 n. 3 c.p.c.; la violazione degli artt. 1362,
1363, 1364, 1366 ss. e 1372,
in relazione al contratto di vendita di azioni del 15.6.2006 sottoscritto da
T.I. e T. Holding e in relazione all’accordo quadro (appalto) sottoscritto in
data 17.7.2006 tra T.I. e T., ai sensi dell’art.
360 n. 3 c.p.c.; la falsa applicazione dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003, art. 1655 cc, art. 47 legge n. 428/90 e art. 32 D.lgs. n. 276/2003, anche
in relazione agli artt. 1362, 1363, 1364, 1366 cc e ss., 1372 cc
e con riferimento all’accordo quadro sottoscritto in data 17.7.2006 tra T.I. e
T., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.. Si
sostiene che la Corte di merito non aveva rilevato che quella intervenuta tra
T. e la T. Holdings era una vera e propria cessione di azienda ai sensi dell’art. 2112 cc, violando le norme in tema di
ermeneutica contrattuale e che aveva ignorato quanto dedotto in merito alla
illegittimità dell’accordo quadro (appalto) stipulato il 17.7.2006, non
verificando la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 sia
con riferimento alla struttura societaria di T. sia al fatto che essa non aveva
altri clienti se non T..

4. Il primo motivo presenta profili di
inammissibilità e di infondatezza.

5. E’ inammissibile nella parte in cui si contesta
la ricostruzione delle vicende societarie relative alla costituzione della T.
spa e del ramo della società T., destinata alla formazione del personale, nella
prima confluito unitamente alla R.R. spa (originaria datrice di lavoro dei
ricorrenti) previa fusione con la T. e con il ramo di azienda relativo alla
formazione e all’addestramento professionale della società C..

6. La Corte territoriale è pervenuta alla suddetta
ricostruzione attraverso una adeguata valutazione degli atti processuali e
delle risultanze della deposizione del teste G.L. ritenendo, quindi,
irrilevante (oltre che carente di qualsivoglia specifica allegazione fattuale)
l’asserita simulata costituzione della spa T. da parte della T. spa “al
fine di frapporre uno schermo tra il dipendente e l’effettivo datore di
lavoro”, in quanto il rapporto lavorativo sarebbe stato riconducibile
comunque ad un soggetto diverso dalla T. e, cioè, alla R.R. spa.

7. Per il resto le censure formulate attengono alla
interpretazione della domanda e alla individuazione del suo contenuto che
integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice di
merito, con la conseguenza che, in sede di legittimità, va solo effettuato il
controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la
decisione impugnata (Cass n. 15063 del 2006; Cass. n. 7932 del 2012).

8. Nel caso in esame, l’interpretazione della
questione sottesa ai motivi di gravame e l’esame dei fatti ad essa inerenti
sono stati ampiamente argomentati dai giudici di seconde cure, come è stato
sopra specificato nello storico della causa.

9. E’, invece, infondato lì dove nel motivo si
denuncia l’omessa pronuncia sulla richiesta, avanzata in via subordinata, di
ricostituzione del rapporto di lavoro in capo alla T. spa come conseguenza
della invocata illegittimità del contratto di compravendita delle azioni del
15.6.2006 con espressa riserva di proporre una azione di risarcimento dei danni
subiti di conseguenza nei confronti di entrambe le società simulatrici.

10. Deve precisarsi che non ricorre il vizio di
omessa pronuncia, relativamente ad una sentenza di appello, quando, pur non
essendovi una espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo
di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la
reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel
caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si
palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass. n. 15255 del
2019).

11. La Corte territoriale, nella fattispecie, ha
escluso sia la possibilità di ravvisare un trasferimento di azienda nella
avvenuta cessione da parte della T. spa del pacchetto azionario della T. spa in
favore della T. Holding spa, sia la sussistenza di un illegittimo contratto di
appalto dissimulante una illecita interposizione di manodopera, di talché ha
escluso il presupposto logico e giuridico per l’accoglimento della domanda come
specificamente articolata.

12. Né la Corte di merito avrebbe potuto ampliare
l’esame di punti non compresi, neppure implicitamente, nel thema decidendum
come delineato dai motivi di gravame (cfr. Cass. n. 19229 del 2015; Cass. n.
5601 del 1994).

13. Il secondo motivo è infondato.

14. Questa Corte ha già esaminato la questione (cfr.
Cass n. 10861 del 2019) escludendo che il trasferimento dell’intero pacchetto
azionario da T. a T. configurasse di per sé un trasferimento di azienda, richiamando
i precedenti di legittimità (Cass n. 6131 del 2013;
Cass. n. 9251 del 2007) secondo cui il
trasferimento di un pacchetto azionario di

maggioranza di una società di capitale non integra
gli estremi del trasferimento di azienda ai sensi dell’art. 2112 cc, in quanto non determina la
sostituzione di un soggetto giuridico ad un altro nella titolarità dei rapporti
pregressi, ma modifica solo gli assetti azionari interni sotto il profilo della
loro titolarità, ferma restando la soggettività giuridica di ogni società anche
se totalmente eterodiretta.

15. Il Collegio condivide e fa proprie le suddette
argomentazioni in punto di diritto.

16. In punto di fatto, poi, deve precisarsi che,
nonostante la prospettazione delle altre censure come violazioni di legge, esse
si risolvono, essenzialmente, in una sollecitazione di una rivisitazione del
merito della vicenda (condizioni della cessione – eventuale frode alla legge-
continuità dell’attività – scelta del personale – sostegno finanziario) e in
una contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte
territoriale, sostanziante il suo accertamento in concreto, di esclusiva
spettanza del giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità (Cass.
n. 27197 del 2011; Cass. n. 6288 del 2011), in quanto congruamente e
adeguatamente motivato.

17. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve
essere rigettato.

18. Al rigetto segue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano
come da dispositivo in favore della controricorrente; nulla va disposto per
quelle relative al rapporto processuale con le altre intimate che non hanno
svolto attività difensiva.

19. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, nel testo risultante dalla legge
24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti
processuali, sempre come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio
di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro
200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1 bis dello stesso art. 13, se
dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 ottobre 2020, n. 21595
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