La sottoscrizione di un accordo ‘separato’ con soggetti sindacali non legittimati e non con la RSU, cui il contratto collettivo assegna la legittimazione negoziale, configura una condotta antisindacale.

Nota a Trib. Milano 30 luglio 2020, n. 19596

Alfonso Tagliamonte

Qualora il contratto collettivo conferisca a specifici rappresentanti sindacali la legittimazione negoziale a stipulare un contratto aziendale, la sottoscrizione di un accordo “separato” con soggetti non legittimati dal ccnl costituisce comportamento antisindacale.

È quanto ha affermato il Tribunale di Milano (30 luglio 2020, n. 19596) in relazione ad un contratto collettivo con cui le parti collettive hanno stabilito che la sottoscrizione del successivo accordo aziendale in materia di premio di risultato (o di produttività) doveva appartenere alla titolarità della RSU (rappresentanza sindacale unitaria).

Il Tribunale rileva, che qualora l’azienda pervenga alla sigla del suddetto accordo integrativo aziendale solo con una parte maggioritaria della RSU e con soggetti non legittimati (quali le OOSS territoriali di CISL e UIL), viene a mancare “la sottoscrizione imputabile alla RSU come collegio”, nonché “l’espressione maggioritaria e legittima della volontà complessiva dell’organismo di rappresentanza dei lavoratori”.

Pertanto, il contenuto della nota aziendale con la quale si comunichi che è stato stipulato con la maggioranza delle rappresentanze sindacali l’accordo decentrato per l’erogazione ai dipendenti del premio di risultato non risponde alla realtà dei fatti, poiché non è stata raggiunta la maggioranza dei componenti della RSU “che, soli, potevano procedere alla sottoscrizione”.

Ne deriva che, ritenere perfezionato l’accordo sindacale privo della suddetta sottoscrizione, in quanto firmato dalla sola componente non maggioritaria della RSU medesima, nonché, da altri soggetti non legittimati, costituisce una limitazione del legittimo esercizio della libertà sindacale.

Tale esercizio, infatti, “significa anche riconoscimento del ruolo attribuito nella contrattazione aziendale a tutte le componenti della RSU, secondo la loro rappresentatività, nonché correttezza dell’informazione aziendale relativa all’esercizio della funzione sindacale”. Quanto alla continuazione ad oltranza del negoziato, sebbene essa non sia imposta dalla procedure sindacali, “tuttavia, la sua conclusione può tradursi o nella sottoscrizione di un accordo – che per definizione deve vedere il consenso della maggioranza degli aventi diritto – o nell’adozione di una soluzione di dichiarata iniziativa unilaterale, con la conseguente adozione di responsabilità”.

Nella fattispecie, il Tribunale ha perciò configurato un uso distorto da parte del datore di lavoro della sua libertà negoziale, “produttivo di un’apprezzabile lesione della libertà sindacale dell’organizzazione esclusa” (la componente facente capo alla CGIL).

Nello specifico, ai fini della rimozione ed eliminazione degli effetti della condotta antisindacale, i giudici hanno ritenuto necessario il riarretramento e la riattivazione della procedura di consultazione e definizione delle trattative. E, quanto alla rimozione degli effetti: a) la rettifica dell’informazione così come veicolata dal datore di lavoro, con ammissione che l’accordo non è stato correttamente raggiunto con la maggioranza della RSU; b) l’affissione nelle bacheche aziendali del dispositivo della sentenza per almeno 30 giorni per la necessaria informazione.

Accordi sindacali “separati” e condotta antisindacale
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