Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2020, n. 24210

Collaboratori assunti “a progetto”, Verbale di
accertamento, Corrispondenza della tipologia contrattuale adottata
all’effettiva volontà delle parti, Coincidenza del progetto con l’oggetto
sociale del datore di lavoro determina la nullità del progetto

Rilevato che

La s.r.l. C.S. SCD proponeva opposizione alla
cartella esattoriale n. 051 2009 00336090 77 con la quale l’INPS richiedeva il
pagamento della complessiva somma di €.796.566,30, comprensivi di sanzioni, in
conseguenza del verbale, di accertamento definito il 19 maggio 2009, a sua
volta conseguente l’accertamento compiuto dalla direzione provinciale del
lavoro di Grosseto nel febbraio 2009.

In particolare l’INPS aveva iscritto a ruolo i
contributi ricalcolati sui compensi maturati da tutti i collaboratori assunti
“a progetto” dei quali la società si era avvalsa nel periodo
settembre 2004-aprile 2009, riqualificando in termini di subordinazione le loro
prestazioni.

La società aveva contestato la cartella esattoriale,
denunciandone vizi formali e sostanziali, sostenendo la legittimità e
corrispondenza all’effettiva volontà delle parti della tipologia contrattuale
adottata.

Il Tribunale di Grosseto, con sentenza n.12913,
respingeva le eccezioni formali ma accoglieva l’opposizione nel merito
ritenendo non provata la subordinazione.

Proponeva appello l’INPS, in proprio e quale
mandatario della SCCI, mentre la C.S. SCD restava contumace.

Con sentenza depositata il 12.5.15, la Corte
d’appello di Firenze accoglieva il gravame, ritenendo sussistente la
subordinazione dei docenti in questione e respingendo quindi nel merito
l’opposizione alla detta cartella esattoriale.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso
la C. S., affidato a quattro motivi, cui resiste l’INPS con controricorso.

 

Considerato che

 

1- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la
violazione eo falsa applicazione del novellato art.
434 c.p.c., esponendo che la Corte fiorentina avesse errato nel non
ritenere inammissibile il ricorso in appello.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Deve infatti osservarsi che il nuovo testo dell’art. 434 c.p.c. non prevede che l’appellante debba
proporre “un ragionato progetto alternativo di decisione”, quanto
piuttosto di individuare, senza l’adozione di formule particolari, in modo
chiaro ed esauriente il “quantum appellatum”, circoscrivendo il
giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza
impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando,
sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso
adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idonéità di tali ragioni a
determinare le modifiche della decisione censurata (Cass. 5.2.2015 n. 2143).

Non è dunque più applicabile il principio, esposto
da questa Corte con riferimento alla precedente formulazione dell’art. 434 c.p.c., secondo cui la valutazione
dell’osservanza dell’onere di specificità dei motivi di impugnazione spetti al
giudice di merito, mentre il giudice di legittimità può solo indirettamente
verificare tale profilo avuto riguardo alla correttezza giuridica del
procedimento interpretativo e alla logicità del suo esito (Cass. 27.5.2014 n.
11828); deve invece oggi ritenersi, valutato il tenore della novella e
l’espressa riconducibilità alla categoria dell’inammissibilità dell’atto
difforme al modello legale prescritto dal legislatore, che questa Corte possa
valutare, quale giudice del fatto processuale (Cass. sez. un. n. 807712, Cass.
n. 2448114), la conformità del ricorso in appello alla luce dei nuovi
requisiti.

E’ tuttavia pur vero, come evidenziato dalla
medesima pronuncia n. 807712, che tale attività da parte della S.C. è
subordinata alla condizione che la censura sia stata proposta in conformità
alle regole / fissate al riguardo dal codice di rito, ed, in particolare dell’art. 366 c.p.c.

A tal fine la ricorrente si limita a contestare che
l’atto di gravame non era conforme al modello legale, censura che risulta alla
fine inammissibile non avendo la ricorrente prodotto l’atto di gravame. Nei
sensi sopraesposti si veda: Cass. 1101317.

2- Con secondo motivo la C. S. denuncia la
violazione dell’art. 1, co. 4 e
5, della L. n.620 (in materia di parità scolastica) evidenziando che il
mancato rispetto della percentuale del 25% del personale docente assunto con
contratto di lavoro autonomo a progetto ivi previsto (nella specie è pacifico
che.tale percentuale fosse del 99%), non poteva condurre ad una automatica
trasformazione di tali contratti in rapporti di lavoro subordinato.

Il motivo è inammissibile posto che la sentenza
impugnata ha comunque accertato la subordinazione sulla base delle effettive
mansioni svolte dai docenti in questione e sulla base della illegittimità del
progetto, non specifico e non avente carattere autonomo rispetto all’attività
svolta dalla Scuola.

3- Con terzo motivo la ricorrente denuncia infatti
l’omesso esame di “fatti oggetto di discussione” ed in particolare la
specificità dei POF (piani di offerta formativa) e dei progetti individuali in
questione.

Anche tale motivo è inammissibile, non avendo la
Scuola prodotto tali documenti, come previsto dall’art.
369, co. 2 n. 4 c.p.c. e non consentendo in sostanza alla Corte di decidere
sulla base delle deduzioni del ricorso e degli atti in suo possesso (Cass. ord.
30 luglio 2010 n. 17915; Cass. ord. 16.3.12 n. 4220; Cass. 9.4.13 n. 8569).

4- Con quarto motivo la Scuola contesta gli
accertamenti di fatto compiuti dalla sentenza impugnata (esistenza di un orario
predeterminato, assoggettamento al potere direttivo e disciplinare del datore
di lavoro, la forma della retribuzione), senza considerare che la pronuncia
impugnata si sofferma in particolare sull’assenza di specificità del progetto e
della mancanza di autonomia, rispetto all’attività sociale della Scuola, di
quest’ultimo.

A parte la contestazione di apprezzamenti di fatto,
non consentiti dal novellato n.5 dell’art. 360,
co.1, c.p.c., va detto che la pacifica coincidenza del progetto con quella
sociale della datrice di lavoro determina la nullità del progetto (Cass.
n.1763616: il contratto di lavoro a progetto, disciplinato dall’art. 61 del d.lgs. n. 276 del 2003,
prevede una forma particolare di lavoro autonomo, caratterizzato da un rapporto
di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale,
riconducibile ad uno o più progetti specifici, funzionalmente collegati al
raggiungimento di un risultato finale determinati dal committente, ma gestiti
dal collaboratore senza soggezione al potere direttivo altrui e quindi senza
vincolo di subordinazione; ne deriva che il progetto concordato non può
consistere nella “mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente”,
e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti
con l’ordinaria attività aziendale; Cass. n. 541819); tale considerazione non
è inficiata dall’argomento che la Scuola è “una società di capitali (s.r.I.)
che ha come proprio oggetto sociale la gestione di istituti paritari..” (pag.
20 ricorso), in quanto la Scuola ivi specifica che essa “fornisce agli utenti
un servizio scolastico a fronte del pagamento di un corrispettivo”.

5- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in
€.200,00 per esborsi, €.9.000,00 per compensi professionali, oltre spese
generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
1152, nel testo risultante dalla L. 24.12.12
n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1 bis dello stesso art.13, se
dovuto.

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