Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 novembre 2020, n. 24211

Contratto di somministrazione, Sussistenza di un rapporto a
tempo indeterminato, Termine di impugnazione, Prestazione lavorativa resa
senza soluzione di continuità, Ipotesi di successione di contratti a termine,
lmpugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della serie non si estende ai
contratti precedenti

 

Fatti di causa

 

1. Il Tribunale di Busto Arsizio aveva dichiarato
l’illegittimità del termine apposto al contratto di somministrazione stipulato
con R.I. ed aveva accertato la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato
tra il predetto e la s.p.a. A. Handling con decorrenza dal 29 aprile 2011,
condannando quest’ultima al ripristino del rapporto medesimo ed al pagamento di
tutte le  retribuzioni maturate dal 20
novembre 2012, data della messa in mora, sino all’effettiva riammissione in
servizio.

2. La Corte d’appello di Milano, ritenuto fondato il
primo motivo del gravame della società, osservava che il lavoratore era decaduto
dall’impugnativa del primo dei contratti, ossia di quello di somministrazione,
e che ogni altra questione relativa al lavoro somministrato era assorbita,
residuando le ulteriori questioni relative ai successivi contratti a termine.
In particolare, osservava che, essendo il contratto di lavoro somministrato
cessato prima del 31.12.2011, lo stesso doveva essere comunque impugnato nel
termine di sessanta giorni decorrenti dal 1.1.2012, ciò che non era stato fatto
dal lavoratore. Aggiungeva che non assumeva rilievo la circostanza che la
prestazione lavorativa era stata resa senza soluzione di continuità, non
incidendo ciò, in termini impeditivi, sulla decorrenza del termine di
decadenza.

2.1. Quanto ai rapporti a termine, la Corte
distrettuale rilevava che nessuna decadenza si era verificata, vertendosi in
ipotesi di successione di contratti a termine, non contemplata dalla lettera d)
del III comma dell’art. 32 I.
183/2010, e che, essendo stato stipulato 
il secondo di essi a distanza di soli diciannove giorni dalla scadenza
del precedente, il rapporto era da considerarsi a tempo indeterminato.
Peraltro, alla stessa conclusione doveva pervenirsi, secondo la Corte,
analizzando la causale apposta al primo di essi, che non assolveva al requisito
di specificità richiesto dall’art.
1 d. Igs. 368/2001, per essere le esigenze produttive dedotte prive di
ogni  specificità, ed, in ogni caso, il
datore non aveva assolto l’onere probatorio su di lui gravante, di dimostrare
almeno in sede giudiziale l’effettiva ricollegabilità della singola assunzione
a termine all’ipotesi prevista.

2.2. Alla rilevata mancanza di specificità della
causale conseguivano la conversione del contratto a termine ed il risarcimento
del danno, rideterminato, alla luce del disposto dell’art. 32, comma 5, I. 183/2010,
in nove mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, oltre accessori di legge a
far data dalla sentenza di primo grado.

3. Di tale decisione domanda la cassazione la
società, affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con
controricorso, l’Intravaia, che ha proposto ricorso incidentale fondato su un
unico motivo.

3.1. La causa è stata rinviata a nuovo ruolo
nell’adunanza del 4.12.2019, per mancanza dei presupposti di sua trattazione in
sede camerale ed è stata quindi fissata la odierna udienza pubblica. La società
ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

In fatto: la successione dei vari contratti
contempla un contratto di somministrazione part time 29.4/29.5.2011, stipulato
per esigenze organizzative connesse all’impossibilità di valutare il reale
fabbisogno degli organici a tempo indeterminato in vista di una nuova
ripartizione dei carichi di lavoro, a fronte dell’acquisizione di servizi di
handling per conto di varie compagnie e della scadenza di contratti con clienti
attualmente serviti, contratto prorogato, in virtù di tre successive proroghe,
sino al 15.9.2011; un primo contratto a termine 6.10.2011/10.5.2012 con la
medesima causale utilizzata per il contratto di somministrazione; un secondo
contratto a termine, stipulato il 29.5.2012 per il periodo dall’1.6.2012 al
31.10.2012, ai sensi dell’art. 2
d. Igs. 368/2001. Solo dopo la scadenza di tale ultimo rapporto l’Intravaia
ha impugnato tutti e tre i contratti, con lettera del 23.11.2012.

Ricorso Principale

1. Con il primo motivo, la società denunzia
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, commi 1, 3 e 4 della legge
n. 183/2010, sostenendo che anche l’impugnativa dei contratti a termine era
intervenuta a distanza di più dei 60 giorni previsti dalla formulazione
all’epoca vigente dell’art. 32
della I. 183/2010, avendo il ricorrente impugnato tutti i contratti
mediante lettera raccomandata del 23.11.2012. Sostiene che, in considerazione
della circostanza che il primo contratto era scaduto il 10.5.2012, l’istante é
decaduto dalla facoltà di impugnare tale contratto ed osserva, poi, che il
giudice del gravame, invece di limitarsi a valutare la legittimità o meno della
intervenuta successione tra i due contratti a termine, ha dichiarato
l’illegittimità della causale giustificativa del termine apposto al primo dei
due contratti, senza rilevare sul punto l’intervenuta decadenza.

Il giudice di secondo grado, secondo la
prospettazione della ricorrente, avrebbe, invece, dovuto dichiarare la
decadenza dall’impugnativa del primo contratto a termine, per poi valutare la
legittimità della reiterazione dei due contratti e, ove ritenuta la violazione
dell’art. 5 del d. Igs. 368/2001,
avrebbe al più dovuto disporre la conversione a tempo indeterminato – facendo
corretta applicazione del comma 3 del citato articolo – del secondo contratto,
in quanto, proprio alla stregua della successione di contratti considerata
illegittima (intervallo di soli 19 giorni fra un contratto e l’altro), il primo
dei due contratti non entra in alcun modo in gioco e non assume alcun rilievo.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 5 del d. Igs. 368/2001,
assumendo che il secondo contratto è stato stipulato ai sensi dell’art. 2 d. Igs. 368/2001, laddove
l’art. 5 d.Igs., al comma 3,
ratione temporis applicabile, disponeva che: “Qualora il lavoratore venga
riassunto a termine, ai sensi dell’articolo
1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto
di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un
contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a
tempo indeterminato…..” Rileva l’erroneità della decisione della Corte
distrettuale laddove ha ritenuto che la successione di contratti, di cui il
primo stipulato ai sensi dell’art.
1 ed il secondo ai sensi dell’art.
2 d. Igs. 368/2001, rientrasse nella previsione dell’art. 5 nella parte in cui
sanziona la nuova assunzione a termine intervenuta a distanza di meno 20 giorni
dalla data di scadenza di un contratto a tempo determinato di durata superiore
a sei mesi.

3. Con il terzo motivo, la società ricorrente si
duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 2, e 5 del d. Igs. 368/2001,
degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c.
in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.,
rilevando che la Corte territoriale non avrebbe potuto vagliare la legittimità
del termine apposto al primo contratto intercorso tra le parti, sottoscritto il
3.10.2011 e con decorrenza a partire dal 6.10.2011, stante la maturata
decadenza dall’impugnativa. Osserva come la Corte ha, invece, proceduto
all’esame della causale di tale contratto e ne ha dichiarato la nullità
ritenendone la genericità e sostenendo che le ragioni giustificative dedotte
non fossero assistite da alcuna prova.

4. Il quarto motivo ascrive alla decisione impugnata
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112
c.p.c. e dell’art. 1230 c.c., assumendo la
società che vi sia stata omissione di pronuncia sull’eccezione di novazione
formulata dall’azienda in primo grado e reiterata in grado d’appello.

5. Il quinto motivo contiene la denunzia di omesso
esame circa un fatto decisivo e violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 commi 5 e 6 I. 183/2010,
sostenendo la ricorrente che il giudice del gravame abbia omesso di considerare
che l’azienda in data 7.7.2010 aveva stipulato un accordo sindacale di
stabilizzazione della manodopera, ritualmente acquisito agli atti, circostanza
asseritamente dedotta nella memoria di costituzione di primo grado e ribadita
in appello, censurando la sentenza di primo grado che non ne aveva tenuto
conto.

6. Per motivi di priorità logico-giuridica, occorre
anteporre all’esame dei motivi del ricorso principale l’esame del ricorso
incidentale con il quale si contesta l’affermazione dell’avvenuta decadenza
dall’impugnativa del contratto di somministrazione, essendo evidente che la
diversa soluzione della questione potrebbe inciderebbe in termini di
assorbimento dei motivi formulati con il ricorso principale.

6.1. Questa Corte, sia pure con riguardo alla
successione di più contratti interinali a termine, ha affermato quanto segue:
“In tema di successione di contratti di lavoro a termine in
somministrazione, l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della
serie non si estende ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e
l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per
l’impugnativa, poiché l’inesistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro
– il quale potrà determinarsi solo ex post, a seguito dell’eventuale
accertamento della illegittimità del termine apposto – comporta la necessaria
conseguenza che a ciascuno dei predetti contratti si applichino le regole inerenti
la loro impugnabilità” (cfr. Cass. 30.9.2019
n. 24356, con richiamo a precedenti pronunce – Cass. n. 30134, 30135,
30136, 32702 del 2018 e nn. 422 e 2283 del 2019 -). E’ stato richiamato e
condiviso l’orientamento espresso da questa Corte già con la sentenza n. 2420 del 2016, con cui era stato
affermato che il termine di decadenza di cui all’art. 6 della legge n. 604 del 1966,
come successivamente modificato, decorre, per i contratti di somministrazione,
dalla data di scadenza originariamente pattuita, in quanto il potenziale
rinnovo per un numero indefinito di volte di tale tipologia di contratto, a
differenza di quanto previsto per i contratti a termine, non autorizza di per
sé il lavoratore a nutrire alcun affidamento. In continuità con tale principio,
è stato ritenuto che “la singolarità dei contratti di somministrazione e
l’inesistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro evidenzia la
necessità che a ciascuno di essi si applichino le regole inerenti la loro
impugnabilità, venendo altrimenti anticipata in modo non giustificato una
eventuale considerazione unitaria del rapporto lavorativo, estranea al fatto
storico allegato, il cui rilievo giuridico è oggetto della domanda
avanzata” (cfr. Cass. 24356/2019 cit.).
E’ stato ritenuto non pertinente il richiamo ai fatti impeditivi della
decadenza (art. 2966 cod. civ.), in quanto
specificamente previsti e, dunque, non suscettibili di applicazione estensiva
ed analogica.

6.2. Ciò è tanto più valido nella presente
fattispecie, in considerazione della circostanza che si tratta di unico
contratto di somministrazione, quindi di una tipologia diversa dai successivi,
e che tra tale contratto ed il primo contratto a termine è intercorso un
intervallo maggiore di 20 giorni.

Non può pertanto invocarsi una mancanza di interesse
del lavoratore ad impugnare il contratto di somministrazione, in virtù di un
possibile affidamento nella stipulazione di ulteriori rapporti a tempo
determinato.

7. Respinto il ricorso incidentale, ragioni di
priorità logico giuridica impongono il preventivo esame del secondo motivo del
ricorso principale, per essere la valutazione della questione nello stesso
affrontata assorbente rispetto a quella prospettata nel primo motivo e quindi
da anteporre alla stessa in sede di trattazione.

7.1. Per potere valutare la correttezza dell’operato
della Corte meneghina, la quale ha esaminato la causale del primo contratto,
occorre, invero, valutare se siano state correttamente applicate le norme in
tema di decadenza introdotte dal Collegato Lavoro. Non va, peraltro, mancato di
rilevare che la stessa Corte ha pure affermato, in termini contraddittori con
la rilevata nullità della causale del primo contratto a termine, che si è
verificata un’ipotesi di successione, cui non si applicherebbe la disciplina
della decadenza, in virtù della mancata menzione dell’art. 5 del d. Igs. 368/2001
nell’art. 32 comma 4 lett. a)
del Collegato Lavoro. In tale evenienza sarebbe, tuttavia, il secondo contratto
ad essere considerato a tempo indeterminato, prescindendosi dalla valutazione
della causale del primo. Questa potrebbe essere autonomamente valutata solo ove
si accedesse a diversa ricostruzione, esulante dalle ipotesi contemplate dall’art. 5, per la quale
rileverebbe, tuttavia, la questione della decadenza.

7.2. Con riguardo al contenuto del secondo contratto
a termine, nella narrativa e nel corpo del ricorso la ricorrente afferma che la
causale è quella di cui all’art.
2 del d. Igs. 368/01, che contempla un’ipotesi aggiuntiva per il trasporto
aereo ed i servizi aeroportuali per la quale si ritiene pacificamente
sussistente la ragione giustificativa dell’apposizione del termine in via presuntiva
in forza della previsione legalmente predeterminata da parte del legislatore,
che ne subordina l’operatività alla sussistenza di precisi limiti temporali ed
a percentuali di legge. Il controricorrente non replica all’affermazione, anzi
conferma la causale indicata. Se così é, l’ipotesi esula da quella contemplata
dall’art. 5 d. Igs. 368/2001,
non contemplata dall’art. 32,
comma 4 lett. a), a tenore del quale: Le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio
1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si
applicano anche:

a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai
sensi degli articoli 1, 2 e 4 del
decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla
data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza
del termine),

b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche
in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e
già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con
decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge.

7.3. La questione dovrebbe essere, allora,
affrontata in tale diversa prospettiva dalla Corte distrettuale, cui è
riservata la valutazione della  incidenza
di un’eventuale decadenza dall’impugnativa del primo contratto a termine, con
riflessi sulla complessiva diversa valutazione delle questioni scrutinate,
anche in termini di assorbimento di quelle che formano oggetto del primo motivo
della presente impugnazione.

8. Il terzo motivo è connesso al precedente – ed in
quanto tale va considerato congiuntamente all’altro – per essere relativo alla
questione della causale del primo contratto a termine, la cui rilevanza è
condizionata dall’esito della valutazione da compiersi in tema di decadenza
dall’impugnativa del primo contratto a termine, per effetto dell’accoglimento
del precedente, essendone evidente l’assorbimento, ove si ritenesse maturata la
indicata decadenza.

8.1. Per la parte della censura che attiene al
merito della causale, le critiche si palesano in ogni caso generiche e, con
riguardo al ritenuto mancato assolvimento dell’onere probatorio, non si
riportano i capi di prova e le allegazioni che sarebbero dovute essere oggetto
dell’istruttoria orale.

9. il quarto ed il quinto motivo peccano entrambi di
specificità, poiché, quanto al quarto, non si trascrivono i passaggi della
memoria di costituzione in primo grado, contenenti l’eccezione che si assume
reiterata in sede di gravame con il rinvio a tutto quanto scritto dedotto e documentato
nella comparsa di costituzione di primo grado, laddove, per il quinto è
richiamato un accordo di stabilizzazione della manodopera senza addurre le
precisazioni necessarie.

9.1. Ed invero, il rinvio ad una circostanza –
esistenza di un accordo di stabilizzazione – asseritamente dedotta nella
memoria di costituzione del giudizio di primo grado ed espressamente ribadita
in  appello attraverso la censura
articolata nei confronti della sentenza di primo grado che non ne aveva tenuto
conto, pur se in astratto idoneo ad imporne la valutazione al fine di dimidiare
l’indennità risarcitoria, secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 6, I. 183/2010,
non è stato prospettato con la dovuta specificità. Questa presuppone la
possibilità di applicazione in concreto degli accordi in oggetto, con
riferimento alla data di emissione della sentenza impugnata, alla posizione del
lavoratore, sì da renderne possibile la alternativa adesione alle relative
previsioni. In coerenza con tale impostazione, non è sufficiente, ai fini di
una valida deduzione del vizio di cui all’art. 360
n. 5 c.p.c., la mera reiterazione in appello della specifica eccezione,
senza ulteriori precisazioni.

10. Alle esposte considerazioni consegue che il
ricorso incidentale va respinto, che il quarto ed il quinto motivo del ricorso
principale vanno dichiarati inammissibili, laddove il secondo ed il terzo
motivo sono da accogliere, con assorbimento del primo.

11. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in
relazione ai motivi accolti e la causa va rimessa alla Corte distrettuale
indicata in dispositivo, che provvederà, alla luce dei principi sopra
richiamati in tema di decadenza, a nuovo esame della fattispecie.

12. allo stesso giudice del rinvio è demandata la
determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso
principale, assorbito il primo, e dichiara inammissibili gli altri; rigetta il
ricorso incidentale, cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, cui
demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di
legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 novembre 2020, n. 24211
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