Il distacco di un dipendente, determinato dalla duplice necessità, causata da una temporanea crisi produttiva, di non disperdere il patrimonio professionale dell’impresa e di incrementare la polivalenza funzionale individuale del lavoratore, è legittimo.
Nota a Cass. 11 settembre 2020, n. 18959
Flavia Durval
La temporanea crisi produttiva legittima il distacco del lavoratore quando sussista un interesse del distaccante che si concretizzi nella utilità, occasionata dalla suddetta crisi, di non disperdere il patrimonio professionale di impresa costituito dal complesso delle competenze di ciascun dipendente e di incrementare la polivalenza funzionale individuale.
Questa, l’interessante pronunzia della Corte di Cassazione 11 settembre 2020, n. 18959, relativa alla vicenda di un lavoratore che aveva presentato ricorso nei confronti della Fiat Powertrain Technologies spa al fine di sentire dichiarare l’inefficacia del distacco disposto nei suoi confronti (dal 20.5.2009 al 20.2.2010) in quanto attuato in frode alla legge e, comunque, in violazione delle condizioni di liceità di cui all’art. 30, D.LGS. n. 276/2003, con condanna della suddetta Società alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e con riconoscimento di ogni consequenziale effetto retributivo, di inquadramento e riparametrazione di ciascun istituto contrattuale conformemente a tale rapporto di lavoro.
La Cassazione, in linea con la Corte territoriale, rileva che:
a) dalla documentazione prodotta e dal comportamento tenuto dalle parti, emerge che l’interesse del distaccante fosse effettivamente quello indicato nei provvedimenti aziendali e consistito nella utilità, occasionata dalla temporanea crisi produttiva in atti documentata, di mantenere il patrimonio professionale dell’impresa rappresentato dall’insieme delle competenze di ciascun dipendente, incrementando altresì la polivalenza funzionale individuale;
b) l’interesse al distacco “può essere anche di natura non economica o patrimoniale in senso stretto, ma di tipo solidaristico: l’importante è che non si risolva in una mera somministrazione di lavoro altrui” (v. Min. lav. Circ. n. 28/2005, secondo cui l’interesse (che deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente) va accertato caso per caso, in base alla natura dell’attività espletata e non in relazione all’oggetto sociale dell’impresa);
c) con specifico riguardo all’elemento della temporaneità (ossia che l’interesse deve sussistere per tutto il periodo del distacco), non rileva che la crisi aziendale sia cessata prima della fine del distacco, perché l’interesse, in quanto finalizzato all’incremento della polivalenza professionale, sebbene in una situazione di crisi temporanea aziendale, giustifica “il breve lasso temporale intercorso tra la fine della crisi e la cessazione del distacco stesso, cronologicamente non coincidenti”. Basta quindi che la durata del distacco coincida con l’interesse del datore di lavoro senza predeterminare fin dall’inizio la durata del distacco (v. Cass. n. 8068/2016);
d) dal momento che il distacco che comporti un mutamento di mansioni richiede il consenso del lavoratore (art. 30, co.3, D.LGS. n. 276/2003) spetta a quest’ultimo fare presente al datore di lavoro il proprio rifiuto (v. Cass. n. 32330/2018, annotata in questo sito da M.N. BETTINI, Distacco e mutamento di mansioni). Nel caso in questione, invece, lo stesso lavoratore aveva implicitamente avallato la bontà e la fondatezza di tale intento, non opponendosi ai provvedimenti datoriali.
e) le mansioni assegnate al lavoratore, “diverse da quelle espletate presso il distaccante, costituiscono, nel caso di specie, un indice sintomatico del perseguito incremento della polivalenza professionale, tanto è che erano state avanzate autonome domande di superiore inquadramento da parte dei lavoratori”;
f) la possibilità che il lavoratore interessato possa chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di chi ne ha utilizzato la prestazione è testualmente prevista solo per il caso dell’art. 30, co.1, D.LGS. n. 276/2003 e non anche per quello di cui al co.3 (distacco che comporti un mutamento delle mansioni, che richiede il consenso dei lavoratori e distacco con trasferimento ad una unità produttiva sita a più di 50 Km da quella cui il lavoratore sia adibito, che richiede la sussistenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive). Ed infatti, il co. 5 bis dell’art. 18, D.LGS. n. 276/2003 statuisce che le sanzioni ivi contemplate (ora depenalizzate, v. Cass. pen. n. 10484/2016) siano irrogabili solo nell’ipotesi di distacco privo dei requisiti di cui all’art. 30 co.1, restando conseguentemente esclusa quella di cui al co.3 (per il principio di tassatività e tipicità della sanzione amministrativa).
La fattispecie prevista dall’art. 30 co.3, D.LGS. n. 276/2003 non è dunque sanzionata con la tutela costitutiva, diversamente dall’ipotesi (più grave) di cui all’art. 30 co.1, D.LGS. n. 276/2003 del distacco senza i requisiti dell’interesse e della temporaneità, alla quale è attribuita la tutela civilistica di tipo “costitutiva” e sanzionatoria di tipo “amministrativo” (prima di tipo penale), mentre alle ipotesi disciplinate dal co.3 è accordata solo la tutela civilistica di tipo “risarcitoria”.
“Un conto, infatti, è che nella struttura dell’istituto manchino i requisiti fondamentali dell’interesse e della temporaneità; altro, invece, è rappresentato dal quomodo attraverso cui il distacco venga attuato e tale ultima ipotesi, che non è in contrasto con i fondamenti dell’istituto giuridico, giustifica pienamente una diversa tutela”;
g) la prova dell’interesse del distaccante, con le caratteristiche della sua liceità e temporaneità, costituendo requisito qualificante della fattispecie, è a carico del datore di lavoro (Cass. n. 7517/ 2016, punto 6 della motivazione);
h) l’accertamento sulla presenza dell’interesse al “distacco” costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass.n.26138/ 2013; Cass. n. 9694/2009; Cass. n. 17748/2004).
Legenda:
Art. 30, D.LGS. n. 276/2003
“1. L’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.
2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.
3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
4. Resta ferma la disciplina prevista dall’articolo 8, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
4-bis. Quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’ articolo 414 del codice di procedura civile , notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell’articolo 27 , comma 2 (Comma aggiunto dall’ art. 7, co. 1, D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251).
4-ter. Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilita’ dei lavoratori previste dall’articolo 2103 del codice civile. Inoltre per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso” ( Comma aggiunto dall’art. 7, co. 2, lettera 0a), D.L. 28 giugno 2013, n. 76, conv., con mod., dalla L. 9 agosto 2013, n. 99).
In riferimento al presente articolo v.: Min. Lav. Interpello 20 gennaio 2016, n. 1/2016. Per una richiesta di parere in riferimento al Contratto di apprendistato e formazione in distacco, di cui al presente articolo, vedi: Min. lav. Nota 17 gennaio 2019, n. 1118; ASSONIME, Circ. 19 maggio 2020 n. 8.
Articolo 18, co. 5 bis, D.LGS. n. 276/2003
“Nei casi di appalto privo dei requisiti di cui all’articolo 29, comma 1, e di distacco privo dei requisiti di cui all’articolo 30, comma 1, l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena della ammenda di euro 50 (1) per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo” (comma inserito dall’art. 4, co. 5, D.LGS. 6 ottobre 2004, n. 251).
(1) A norma dell’art. 1, co. 1, D.LGS. 15 gennaio 2016, n. 8 non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda. Se per le violazioni previste dal suddetto comma 1 è prevista una pena pecuniaria proporzionale, anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, la somma dovuta è pari all’ammontare della multa o dell’ammenda, ma non può, in ogni caso, essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 1, co. 6, del medesimo D.LGS. n. 8/2016. In virtù di quanto previsto dall’ art. 5, co.1, dello stesso D.LGS. n. 8/2016, quando i reati trasformati in illeciti amministrativi ai sensi del suddetto decreto prevedono ipotesi aggravate fondate sulla recidiva ed escluse dalla depenalizzazione, per recidiva è da intendersi la reiterazione dell’illecito depenalizzato.