Il lavoratore può essere adibito, per motivate esigenze aziendali, anche a compiti inferiori, se marginali rispetto a quelli propri del suo livello (v. Cass. n. 22668/2020 e Cass. n. 21515/2018). È pertanto legittima l’assegnazione del lavoratore a mansioni promiscue o polivalenti, ossia a cavallo di diversi livelli contrattuali. Se vengono pattuite o svolte mansioni promiscue, l’inquadramento del lavoratore si attua in base alle mansioni prevalenti (perché maggiormente significative sul piano professionale), combinando il criterio qualitativo con quello quantitativo. In particolare, nel caso di svolgimento di attività polivalenti, la qualifica da attribuire al lavoratore va determinata con esclusivo riferimento al contenuto della mansione primaria e caratterizzante. Si deve cioè tener conto della mansione maggiormente significativa sul piano professionale e della frequenza temporale: è caratterizzante la mansione svolta con maggiore frequenza e ripetitività (per quanto concerne, invece, l’attribuzione di mansioni inferiori, v. art. 2103 c.c., co. 2-6).
F. I.