Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 novembre 2020, n. 24930

Mancato accorpamento del giorno non lavorato e del giorno di
riposo, Turni ricomprendenti la giornata di domenica, giorni festivi e riposi
settimanali, Risarcimento del danno, Condanna alle spese della parte
controricorrente, Principio di soccombenza virtuale

 

Rilevato che

 

1. con sentenza n. 3493/2016 la Corte di appello di
Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda con la
quale V. G., premesso di avere svolto in favore della convenuta V. s.p.a.
attività di montatore inserito in turni che ricomprendevano, quale conseguenza
del mancato accorpamento del giorno non lavorato e del giorno di riposo, pure
la giornata di domenica, i giorni festivi ed i riposi settimanali, anche per
sette e talora otto o nove giorni consecutivi rispetto ai sei giorni
settimanali previsti in contratto, dedotta la illegittimità, per violazione
degli artt. 2107, 2108
e 2109 cod. civ., dell’art. 36 Cost. e della I.
n. 370/1934, di tale modalità di turnazione, ha chiesto la condanna della
datrice di lavoro al risarcimento del danno patito per ciascun settimo, ottavo
e nono giorno lavorato e per ciascuno dei giorni di riposo non accorpati, oltre
maggiorazioni per lavoro straordinario, festivo o notturno;

1.1. la statuizione di rigetto della originaria
domanda è stata fondata sull’estinzione del credito azionato per decorso del
termine quinquennale di prescrizione, termine in concreto applicabile alla luce
della prospettazione attorea, vincolante per il giudice, che faceva riferimento
ad un compenso aggiuntivo di natura retributiva, nonché alla luce della
considerazione che si trattava di somme aventi natura indennitaria corrisposte
con periodicità mensile ex art. 2948 cod. civ.;
la controversia non riguardava, infatti, il mancato riposo aggiuntivo ma il
godimento del riposo oltre il termine di sette giorni; il Tribunale aveva
erroneamente applicato la normativa sull’orario di lavoro e sui riposi
settimanali confondendo tra il mancato riconoscimento di un riposo compensativo
aggiuntivo a quello festivo ed il suo riconoscimento ma con diversa
collocazione temporale, ipotesi quest’ultima ricorrente nella fattispecie in
esame;

2. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso V.G. sulla base di un unico motivo articolato in più profili; la parte
intimata ha resistito con tempestivo controricorso;

3. il PG ha depositato requisitoria scritta con la
quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

4. V. s.p.a. ha depositato memoria con la quale,
premesso di avere conferito l’azienda a V. Produzioni s.p.a. , a sua volta
incorporata da R.T.I. s.p.a., ha depositato verbale di conciliazione tra le
parti in sede sindacale chiedendo dichiararsi cessata la materia del contendere
con compensazione delle spese;

5. parte ricorrente ha depositato memoria tardiva;

 

Considerato che

 

1. con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente
deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.3 cod.
proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc.
civ. e degli artt. 2946 e 2948 cod. civ., censurando la sentenza impugnata
sul rilievo che nella domanda introduttiva era stata prospettata la
qualificazione anche risarcitoria della pretesa azionata secondo quanto
evincibile dai pertinenti brani del ricorso di primo grado trascritti nel
ricorso per cassazione; evidenzia, inoltre, la incomprensibilità dell’ulteriore
affermazione del giudice di appello circa il fatto che, considerati i turni
come regolare modalità di organizzazione del lavoro, le somme indennitarie
avrebbero dovute essere corrisposte con cadenza mensile, sicché ne risultava
confermata l’applicabilità, ex art. 2948 cod. civ.
del termine quinquennale di prescrizione;

2. dal verbale di conciliazione del 24 maggio 2019
in sede sindacale allegato alla memoria di parte controricorrente risulta che
le parti hanno inteso addivenire al una bonaria e definitiva composizione di
ogni eventuale e possibile controversia fra di loro anche in relazione
all’intercorso rapporto di lavoro alla base delle pretesa azionata nel presente
giudizio;

3. la definizione transattiva della lite determina
il venir meno della posizione di contrasto tra le parti per cui deve essere
dichiarata la cessazione della materia del contendere;

4. non sussistono i presupposti per la condanna alle
spese della parte controricorrente alla luce del principio di soccombenza
virtuale (Cass. 08/06/2017 n. 4267) stante la inidoneità del ricorso per
cassazione ad inficiare le ragioni alla base della decisione di appello in
ordine alla natura retributiva e non risarcitoria del titolo azionato dal
lavoratore nel presente giudizio;

5. parte ricorrente affida le censure articolate con
l’unico motivo di ricorso alla deduzione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., di
violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.
proc. civ. nonché degli artt. 2946 e 2948 cod. civ. in tema di prescrizione;

5.1. premessa la natura non vincolante della formale
indicazione in rubrica che fa riferimento ad un vizio riconducibile all’ambito
della violazione di legge, si rileva che con le critiche in concreto formulate
l’odierno ricorrente ha inteso denunziare la inesatta interpretazione della
domanda sotto il profilo della non corretta individuazione del petitum e,
quindi, un vizio riconducibile ad error in procedendo del giudice di merito
(Cass.10/06/2020 n. 11103; Cass. 25/10/2017 n. 25259; Cass.08/08/2003 n.
12022);

5.2. in tal caso, come è noto, il giudice di
legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza
e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la
questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i
documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta
dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito
ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (cfr.
tra le altre, Cass. Sez. Un. 22/05/2012 n. 8077; Cass. 28/11/2014 n. 25308; Cass. 21/04/2016 n. 8069);

5.3. parte ricorrente non ha assolto a tale onere in
quanto ha affidato le censure articolate ad una ricostruzione parcellizzata del
contenuto degli atti di causa ed in particolare del ricorso di primo grado,
insufficiente a consentire l’esame diretto del fatto denunziato da parte del
giudice di legittimità; in particolare è mancata la trascrizione di quella
parte del ricorso di primo grado (ricorso di primo grado, pag. 7) espressamente
valorizzata dalla Corte di merito nel pervenire alla qualificazione come
retributiva e non risarcitoria della pretesa azionata ( v. sentenza di appello,
pag. 6, 7° capoverso);

6. non sussistono i presupposti per farsi luogo al
meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228
del 2012, il quale è applicabile solo laddove il procedimento per
cassazione si concluda con integrale conferma della statuizione impugnata,
ovvero con la “ordinaria” dichiarazione di inammissibilità del
ricorso, non anche nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità sopravvenuta
di quest’ultimo per cessazione della materia del contendere, determinando essa
la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e
non passate in cosa giudicata, essendo a tali fini irrilevante la successiva
valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso in quanto avente
esclusivo rilievo in merito alla regolazione delle spese del giudizio di
legittimità (Cass. 10/02/2017 n. 3542);

 

P.Q.M.

 

dichiara cessata la materia del contendere.

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