La violazione del Protocollo Governo – Parti sociali siglato nel periodo di emergenza Covid-19 integra gli estremi della condotta antisindacale.
Nota a Trib. Treviso 2 luglio 2020, n. 2571
Sonia Gioia
Il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, sottoscritto il 14 marzo 2020 dal Governo e dalle parti sociali, ha carattere vincolante e la costituzione, in base a tale Protocollo, di un Comitato senza coinvolgere le OO. SS. costituisce condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28, L. 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. Statuto dei Lavoratori).
Lo afferma il Tribunale di Treviso (2 luglio 2020, n. 2571), in relazione al caso di una società, subentrata nell’appalto dei servizi di pulizia, sanificazione e smaltimento dei rifiuti di un ospedale, che aveva omesso di istituire, presso una sede periferica dell’azienda, il Comitato di verifica del rispetto delle disposizioni del Protocollo, senza, peraltro, coinvolgere le RSA e RLS della medesima sede nel Comitato unico costituito a livello centrale.
Al riguardo, il giudice di merito ha precisato che il Protocollo per la sicurezza nei luoghi di lavoro, concordato tra le parti sociali su invito delle più alte cariche istituzionali, ha efficacia erga omnes in quanto adottato in forza di un DPCM (11 marzo 2020), attuativo dell’art. 3, D.L. n. 6/2020 (convertito, con modificazioni, in L. 5 marzo 2020, n. 13 – contenente “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid – 19”) e legittimato dalla “fondamentale” L. n. 400/1988 (concernente la “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”).
L’accordo definisce linee guida per agevolare le imprese nell’adozione protocolli di sicurezza anti-contagio e, a tal fine, favorisce il confronto con le rappresentanze sindacali, aziendali e territoriali, affinché ogni misura adottata possa essere condivisa e resa più efficace dal contributo “di persone che lavorano, in particolare degli RLS e RLST tenendo conto delle specificità di ogni singola realtà produttiva e delle situazioni territoriali”.
Allo scopo di verificare il rispetto delle regole del Protocollo, le parti sociali hanno previsto, poi, la costituzione “in azienda” di un apposito Comitato, con la partecipazione delle RSA e delle RLS (punto 13), da istituire, secondo il giudice di merito, “nella specifica realtà territoriale ed ambientale” ove il lavoro della società datrice viene svolto, in quanto luogo in cui si manifestano “le concrete e specifiche esigenze” da monitorare e risolvere in modo condiviso e con il contributo degli RLS e RLST. Ciò, in conformità con la lettera e le finalità del Protocollo, nonché con l’andamento della pandemia che ha avuto una diffusione irregolare sul territorio italiano e che, di conseguenza, esige risposte differenziate.
In ragione di tali principi, il Tribunale ha ritenuto lesiva delle prerogative sindacali la condotta della società datrice consistita nell’aver costituito un solo Comitato “anti Covid-19” a livello centrale, e non in ogni singola realtà produttiva, non riconoscendo, peraltro, quali membri del Comitato medesimo le rappresentanze sindacali delle sedi territoriali, in violazione delle disposizioni del Protocollo, permeate “dalla valorizzazione delle specificità delle singole realtà lavorative attraverso l’interlocuzione privilegiata con la rappresentanza sindacale necessariamente locata”.