Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 novembre 2020, n. 25053

Accertamento della non genuinità dell’appalto, Costituzione
di un diretto rapporto di lavoro subordinato con la società committente,
Caratteri distintivi di un appalto genuino, Sussistenza del solo potere
direttivo ed organizzativo dell’appaltatore e sussistenza del rischio d’impresa

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza del 11.4,2016, la Corte d’appello di
Torino respingeva il gravame proposto da D.C. avverso la decisione del
Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato la domanda proposta dal
predetto intesa all’accertamento della non genuinità dell’appalto conferito
dalla G.R. s.r.l. alla società cooperativa B.W. ed alla costituzione di un
diretto rapporto di lavoro subordinato con la prima società, ai sensi dell’art. 29, comma 3 bis, del d. Igs.
276/2003, con decorrenza dal 7.1.2009, oltre che alla condanna della stessa
al pagamento delle differenze retributive pari ad € 32.571,57 conseguenti
all’applicazione del c.c.n.I. industria metalmeccanica, livello 4°, in luogo
del c.c.n.I. settore trasporto merci e logistica, livello 4°.

2. La Corte evidenziava la novità e la conseguente
inammissibilità dell’allegazione secondo la quale il contratto di appalto
sarebbe stato (nullo per violazione dell’art. 26 T.U. 81/2008 e delle
clausole contrattuali 4.2. e 4.3, con riguardo a dedotte interferenze di
lavorazioni svolte anche da non meglio precisata società MAC, che peraltro,
secondo quanto dichiarato da un teste, effettuava assemblaggio e saldature in
una zona ben definita del capannone, ed osservava che l’eventuale nullità del
contratto per i motivi tardivamente allegati dal C. da un lato non avrebbe
inficiato il rapporto di lavoro tra B&W ed il predetto e, dall’altro, non
avrebbe implicato la costituzione di un rapporto di lavoro tra lo stesso e la
G. Ruote ex art. 29, comma 3bis,
del d. Igs. 276/2003.

2.1. Tale conseguenza poteva, secondo la Corte,
riconnettersi non alla nullità del contratto di appalto per i motivi introdotti
in seguito, bensì esclusivamente in relazione al fatto che il contratto di
appalto fosse stato stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1,
ossia al verificarsi di un’ipotesi di interposizione fittizia di manodopera.

2.2. Osservava che nella specie era pacifico che tra
la G. Ruote e la B&W era stato stipulato un contratto di appalto avente ad
oggetto la fornitura (da parte della seconda) di un servizio di handling,
movimentazione, ricevimento e spedizione merci presso il magazzino di Rivoli,
sulla base di accordo quadro del 12.1.2009, e che, alla luce delle acquisizioni
processuali, rappresentate dall’istruttoria orale espletata e dalle risultanze
documentali, doveva pervenirsi alla conclusione che il C. era stato alle
dipendenze della B&W e non dell’appaltante G. Ruote, non potendo sostenersi
che lo stesso si fosse trovato in posizione sostanzialmente sovrapponibile a
quella dei lavoratori da quest’ultima direttamente assunti.

3. Di tale decisione domanda la cassazione il C.,
affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la G.R.
srl. Vi è costituzione di nuovo difensore del C., essendo l’originario deceduto
nelle more.

4. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai
sensi dell’art. 378 c.p.c., la G. nella nuova
denominazione di G. Fad Wheels srl, assunta in sede di fusione per
incorporazione. Quest’ultima ha depositato nota spese.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo, il ricorrente denunzia
violazione e falsa applicazione dell’art. 26 T.U. n. 81/08, in
relazione agli artt. 1418 e 1421 c.c., con riferimento alla validità del
contratto d’appalto tra la Cooperativa B&W e la Srl G.R., sostenendo che la
lavorazione promiscua di lavoratori di due distinte società nello stesso
capannone rendeva applicabile il quinto comma dell’art. 26 T.U. 81/2008, con
nullità dell’appalto rilevabile anche d’ufficio, come confermato da Cass.
14828/2012 e statuito dalla Corte di Giustizia (C 243-08), ed assumendo che non
poteva neanche determinarsi, per effetto delle preclusioni e decadenze, quali
quelle rilevate dal giudice del gravame, una sanatoria della invalidità di un
atto nullo non prevista dall’ordinamento.

2. Con il secondo motivo, il C. lamenta violazione e
falsa applicazione del disposto dei commi I e III bis dell’art. 29 d. Igs. 276/2003, anche
in relazione agli oneri di cui all’art. 2697 c.c.,
sul rilievo che nella fattispecie esaminata la società cooperativa non
esercitava nessun potere direttivo e organizzativo, in quanto di fatto questo
era esercitato da dipendenti della G.R., essendo nel magazzino di Rivoli mezzi
e strumenti prevalentemente di proprietà di quest’ultima e risultando in capo
all’appaltatore solo la gestione amministrativa del rapporto.

2.1. Assume che l’incarico svolto era quello di
addetto alla movimentazione delle merce (ruote per autoveicoli) presso il
deposito di Rivoli, sulla base di direttive e controlli provenienti dai
responsabili della G.R. srl, senza alcun intervento organizzativo e/o direttivo
della società cooperativa di cui risultava fittizio dipendente.

2.2. Aggiunge che l’onere di provare l’esistenza
dell’opera e del servizio in presenza dei quali, in via eccezionale, l’art. 29 d. Igs. 276/03 consente
di configurare un effettivo contratto di appalto, a prescindere dalla
organizzazione di mezzi da parte dell’appaltatore, purché vi sia un’effettiva e
sostanziale organizzazione del personale da parte dell’appaltatore, competa
alla parte convenuta, che non aveva offerto o dedotto alcunché. Ciò con
riguardo alla circostanza che all’interno del magazzino di Rivoli vi era un
coordinatore dei due lavoratori, destinatario delle richieste giornaliere
dell’ufficio commerciale della G., con il compito di dirigere ed organizzare il
lavoro dei due facchini, dal che doveva desumersi, secondo il ricorrente, che
non vi fosse stato altro che una “fornitura di pura manodopera”.

3. Con riguardo al primo motivo, pur aderendosi ad
una impostazione in virtù della quale, come affermato dalla stessa
controricorrente, il giudice d’appello, investito di una domanda di nullità,
non può limitarsi ad una declaratoria di inammissibilità in ragione della
novità della domanda di nullità, ma debba, in conseguenza della conversione
della domanda (inammissibile) in eccezione (ammissibile) di accertamento della
nullità, esaminare il merito della questione (in linea con quanto sancito da
Cass. s. u. n. 26243/2014), il Collegio ritiene che il giudice del gravame
abbia proceduto a tale esame.

3.1. Ed invero, la Corte distrettuale ha analizzato
le prove assunte in primo grado rilevando che le interferenze delle lavorazioni
eccepite non erano state confermate in sede istruttoria e che, anzi, lo stesso
C. aveva escluso che nel magazzino oggetto di causa operassero dipendenti MAC
insieme a dipendenti della G.R. e questa ratio decidendi, come anche l’altra
secondo cui la nullità del contratto di appalto per i motivi tardivamente
allegati dal C. non inficerebbe il rapporto tra lo stesso e la B&W e non
implicherebbe la costituzione di un rapporto del primo con la G.R. ex art. 29, comma 3bis d.lgs 276/03,
non è stata idoneamente censurata.

3.2. Peraltro, la prospettazione del motivo quanto
al profilo in fatto della lavorazione promiscua di lavorazioni si risolve nella
deduzione di un’ inammissibile mera ricostruzione contrappositiva rispetto a
quella fornita dalla Corte distrettuale.

3.3. Neanche conduce alle conseguenze volute il
richiamo al contenuto dell’art
26, comma 5, T.U. 81/2008, a tenore del quale:

Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di
somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in
vigore del presente decreto, di cui agli articoli
1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi
essenziali, 1655, 1656
e 1677 del codice civile, devono essere
specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell’ articolo 1418 del
codice civile i costi relativi alla sicurezza del lavoro con particolare
riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. Con riferimento ai
contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi
della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008,
qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati
possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

3.4. La disposizione normativa richiamata attiene,
invero, alla violazione delle prescrizioni sui costi relativi alla sicurezza
nei contratti di somministrazione, ma la censura formulata dal lavoratore,
ritenuta dal giudice del gravame connotata da novità, non si collega a precise
deduzioni in fatto che diano fondamento alla stessa, anche in termini di
rilevabilità d’ufficio di eventuali ulteriori motivi di nullità.

4. Con riguardo alle ulteriori censure, formulate
con il secondo motivo, la Corte distrettuale ha evidenziato come non era la
G.R. ad organizzare l’attività dei dipendenti della B&W presso il
magazzino, limitandosi la committente a dare disposizioni inerenti unicamente
al risultato, nonché a manifestare al coordinatore B&W esigenze particolari
che poi il C. riferiva alla Cooperativa, la quale provvedeva di conseguenza
decidendo se e quanto personale inviare per far fronte alla prestazione oggetto
di appalto; ha, poi, osservato che non era emerso che permessi e ferie dei
dipendenti B&W fossero gestiti dalla committente, che l’assunzione del
rischio era a carico dell’impresa appaltatrice, come rilevabile dalla diversa
unità di misura adottata per il corrispettivo dell’appalto (un tot a
lavorazione) rispetto a quella per la retribuzioni dei dipendenti (un tot
all’ora), con alea gravante sull’appaltatore rispetto alla copertura di costi
di lavoro e di capitali con il ricavato dell’appalto in relazione a periodi
dell’anno in cui il mercato delle ruote subiva una naturale flessione.

4.1. Ha, quindi, in maniera chiara e indicativa
rispetto alla soluzione adottata, evidenziato come l’intervento dei dipendenti
della G.R. nel magazzino fosse mirato non a controllare i lavoratori, bensì la
regolarità ed appropriatezza del servizio reso dall’appaltatrice e che tale
controllo apparisse del tutto legittimo e non tale da denotare la non genuinità
dell’appalto, non comportando inoltre eventuali anomalie o disservizi
riscontrati interventi disciplinari da parte di G.R. sui dipendenti della
B&W, ma contatti tra appaltante ed appaltatrice per risolvere le situazioni
di criticità. Anche la presenza di dispositivi ed apparecchiature di proprietà
della committente nel magazzino erano valutati nel loro valore marginale ed
accessorio rispetto all’apporto dell’appaltatore in termini e di organizzazione
e di direzione della forza lavoro e di fornitura delle attrezzature (due
carrelli elevatori).

4.2. La Corte distrettuale ha individuato come
sussistenti i caratteri distintivi di un appalto genuino, in coerenza con i
principi giurisprudenziali che hanno valorizzato anche la sussistenza del solo
potere direttivo ed organizzativo dell’appaltatore e la sussistenza del rischio
d’impresa, ritenuti sicuramente presenti nella fattispecie esaminata.

4.3. La sentenza è pertanto conforme ai principi
affermati da questa Corte, secondo cui “Ai fini della applicazione delle
norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e
regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del
codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la
organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche
risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in
contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti
dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del
medesimo appaltatore, del rischio d’impresa” (cfr., tra le altre, Cass. 27.11.2018 n. 30964).

4.4. Ed è conforme alla fattispecie legale anche
l’appalto di opere o servizi espletato con mere prestazioni di manodopera, la
cui liceità è ritenuta sussistente “purché il requisito della
“organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore”,
previsto dall’art. 29 del d. lgs.
n. 276 del 2003, costituisca un servizio in sé, svolto con organizzazione e
gestione autonoma dell’appaltatore, senza che l’appaltante, al di là del mero
coordinamento necessario per la confezione del prodotto, eserciti diretti
interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore”
(cfr. in tali termini Cass. 10.6.2019 n. 15557).

5. Alla stregua di tali osservazioni il ricorso deve
essere complessivamente respinto.

6. Le spese del presente giudizio seguono la
soccombenza del ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in
dispositivo.

7. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115
del 2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro
200,00 per esborsi, euro 5250,00 per compensi professionali, oltre accessori
come per legge, nonché al rimborso delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis, del citato
D.P.R., ove dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 novembre 2020, n. 25053
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