La decadenza dall’impugnazione dell’atto è impedita dalla proposizione di un ricorso cautelare
Nota a Corte Cost. 14 ottobre 2020, n. 212
Fabrizio Girolami
La Corte Costituzionale, con sentenza 14 ottobre 2020, n. 212, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, co. 2, della L. n. 604/1966 (“Norme sui licenziamenti individuali”) nella parte in cui non prevede che l’impugnazione (del trasferimento del lavoratore illegittimo, fattispecie cui si riferisce la sentenza de qua) è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, oltre che dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, anche dal deposito del ricorso cautelare anteriore alla causa.
Nel caso di specie, un lavoratore disabile aveva impugnato, con ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., anteriore alla causa, il provvedimento con il quale il datore di lavoro ne aveva disposto il trasferimento presso un’altra sede. Nel procedimento cautelare, il datore aveva eccepito la decadenza dall’impugnazione – sia per la mancata impugnazione stragiudiziale della comunicazione di trasferimento entro il termine di 60 giorni (previsto dall’art. 6, co. 1, L. n. 604/1966) sia per l’omessa impugnazione giudiziale, nel termine di decadenza di 180 giorni contemplato dal co. 2 della stessa disposizione – con ricorso di merito (ex art. 414 c.p.c.) o con la richiesta di tentativo di conciliazione o di arbitrato. In particolare, secondo il datore di lavoro, la proposizione, prima dello spirare del termine in questione, di un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. non sarebbe idonea a impedire la predetta decadenza.
La Corte Costituzionale, in accoglimento della questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Catania (ordinanza 17 maggio 2019), ha dichiarato la norma incostituzionale, sulla base di quanto segue:
- il trasferimento del lavoratore da un’unità produttiva a un’altra può essere “annullabile” – laddove non ricorrano “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” in conformità a quanto disposto dall’art. 2103 c. c. – ovvero “nullo”, ad esempio perché discriminatorio;
- sia nell’una che nell’altra fattispecie (nullità o annullabilità dell’atto), il legislatore esige che il lavoratore abbia impugnato l’atto a pena di decadenza entro 60 giorni (art. 6, co. 1, L. n. 604/1966) e che “dia apertamente seguito alla sua contestazione dell’atto datoriale di trasferimento e coltivi l’impugnazione stragiudiziale nella sede giudiziaria, portandola innanzitutto alla cognizione di un giudice, oppure la faccia valere in una sede conciliativa o arbitrale” (art. 6, co. 2, L. n. 604/1966), promuovendo, dunque, l’esigenza di far emergere in tempi brevi il contenzioso sull’atto datoriale;
- nell’ottica della ratio della disposizione – che, come detto al punto precedente, è quella di “accelerare i tempi di emersione del contenzioso relativo alla contestata validità di una serie di atti negoziali riguardanti il rapporto di lavoro (come, nel caso in esame, il trasferimento del lavoratore)” – le norme contenute nell’art. 6, co. 1 e 2, L. n. 604/1966 sono disposizioni “di natura eccezionale” che derogano alla disciplina generale delle impugnative negoziali, in quanto l’azione di nullità e/o di annullamento è condizionata dalla previa proposizione di una tempestiva impugnativa stragiudiziale, poi coltivata nella sede giudiziaria (o analoga) entro un termine di decadenza;
- la mancata previsione anche del ricorso per provvedimento d’urgenza ai sensi degli artt. 669-bis, 669-ter e 700 c.p.c., quale atto idoneo a impedire, se proposto nel termine di decadenza, l’inefficacia dell’impugnazione stragiudiziale di cui all’art. 6, co. 1, L. n. 604/1966, e a dare accesso alla tutela giurisdizionale, è contraria:
- al principio di “eguaglianza” (di cui all’art. 3 Cost.), se posta in comparazione “con l’idoneità riconosciuta, invece, dalla stessa disposizione alla richiesta di attivazione della procedura conciliativa o arbitrale”;
- al principio di “ragionevolezza” (di cui al medesimo art. 3 Cost.), in riferimento alla finalità sottesa alla previsione del termine di decadenza in esame, essendo la domanda di tutela cautelare “idonea a far emergere il contenzioso insito nell’impugnazione dell’atto datoriale”.