Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 novembre 2020, n. 25625

Nullità dei termini apposti ai contratti, Conversione in
rapporti a tempo indeterminato, Consorzio, qualificato come ente pubblico non
economico, Assunzione di nuovo personale subordinata all’esperimento di
procedure di evidenza pubblica

 

Rilevato che

 

1. il Tribunale di Termini Imerese ha respinto tutte
le domande proposte da G.B. e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe i
quali avevano convenuto in giudizio il Consorzio Intercomunale Rifiuti Energia
e Servizi ( COINRES) chiedendo: l’accertamento della nullità dei termini
apposti ai contratti stipulati con l’ente a far tempo dal 31 luglio 2008, la
conversione dei rapporti in contratti a tempo indeterminato, la condanna del Consorzio
alla riammissione in servizio, al risarcimento del danno, al pagamento delle
contribuzioni previdenziali nonché delle retribuzioni non corrisposte nel
periodo di illegittima sospensione delle prestazioni;

2. il primo giudice ha ritenuto che il Consorzio
dovesse essere qualificato ente pubblico non economico ed a tal fine ha
valorizzato la natura dell’attività istituzionalmente svolta, finalizzata alla
cura di interessi fondamentali della collettività, quali sono l’igiene e la
salute, perseguiti non in vista di un corrispettivo bensì in adempimento di un
dovere gravante sulla Pubblica Amministrazione;

3. ha, poi, richiamato l’art. 45, comma 2, della L.R. Sicilia
n. 2/2007, che subordina l’assunzione di nuovo personale all’esperimento di
procedure di evidenza pubblica, e, accogliendo l’eccezione proposta dal
resistente, ha ritenuto che i contratti a termine dedotti in giudizio fossero
stati stipulati in violazione della norma imperativa, perché il Consorzio, in
quanto amministrazione pubblica, avrebbe dovuto rispettare le forme imposte
dall’art. 35 del d.lgs. n.
165/2001 e non affidare la selezione ad un soggetto privato, la T. s.p.a.,
che aveva operato la scelta senza adottare meccanismi oggettivi e trasparenti;

4. ha escluso, pertanto, che i ricorrenti, facendo
leva su contratti nulli, in quanto tali improduttivi di effetti giuridici,
potessero rivendicare la riammissione in servizio, il risarcimento del danno ex
art. 32 della legge n. 183/2010,
il pagamento delle retribuzioni riferibili al periodo successivo alla scadenza
del termine;

5. la Corte d’appello di Palermo, con ordinanza ex art. 348 bis cod. proc. civ., depositata il
25.11.2014, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione ed ha evidenziato che
l’invocata conversione era impedita dall’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001
e che gli appellanti non avevano dimostrato la sussistenza di un danno
risarcibile;

6. per la cassazione della sentenza del Tribunale di
Termini Imerese i litisconsorti indicati in epigrafe hanno proposto distinti
ricorsi, ai quali il COINRES ha opposto difese con controricorso.

 

Considerato che

 

1. preliminarmente occorre rilevare che il principio
di unità dell’impugnazione, secondo il quale l’impugnazione proposta per prima
determina la pendenza dell’unico processo nel quale sono destinate a confluire,
sotto pena di decadenza, per essere decise simultaneamente, tutte le eventuali
impugnazioni successive della stessa sentenza, comporta che nei procedimenti
con pluralità di parti, una volta avvenuta ad istanza di una di esse la
notificazione del ricorso per cassazione, le altre impugnazioni devono essere
considerate incidentali ( Cass. S.U. n. 24876/2017);

1.1. sulla base del richiamato principio va, quindi,
qualificato incidentale il ricorso proposto da V.g. e dagli altri litisconsorti
rappresentati dall’Avv. N.S., i quali hanno notificato l’atto in data 23
gennaio 2015, in data successiva alla notifica del primo ricorso, ricevuto dal
COINRES il 9 gennaio 2015;

2. il ricorso principale di G.B. ed altri denuncia,
con il primo motivo articolato in più punti, la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1, 35 e 36 del d.lgs. n. 165/2001,
degli artt. 1, 3, 4, 4 bis, 5 del d.lgs. n.
368/2001, degli artt.
31, 114, 123 del d.lgs. n. 267/2000,
degli artt. 2070, 2082,
2091, 2331 cod.
civ., dell’art. 11 del CCNL Federambiente 2008-2011, degli artt. 115 e 116 cod.
proc. civ. e addebita al Tribunale di avere erroneamente qualificato il
Consorzio ente pubblico non economico;

2.1. i ricorrenti principali rilevano che il
COINRES, costituito ai sensi degli artt. 23 e 25 della legge n. 142/1990, ha
natura di azienda speciale ed è un ente strumentale dotato di personalità
giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto che, all’art. 3, individua lo scopo del
Consorzio nell’obiettivo di assicurare i servizi ambientali «secondo criteri di
efficienza, efficacia ed economicità …. al fine di consentire la totale
copertura dei costi di gestione»;

2.2. richiamano giurisprudenza di merito e della
Corte di Giustizia, sulla quale fanno leva

per sostenere che il Tribunale, ai fini della
qualificazione dell’ente, avrebbe dovuto esaminare lo statuto e le norme
speciali che all’ente stesso si riferiscono e non valorizzare solo l’asserita
gratuità dei servizi resi, gratuità tra l’altro smentita dal corrispettivo che
i cittadini pagano per lo smaltimento dei rifiuti;

3. la seconda censura del ricorso principale
denuncia la violazione dell’art.
45, comma 2, della L.R. Sicilia n. 2/2007, dell’art. 18 d.l. n. 112/2008, dell’art. 35 del d.lgs. n. 165/2001
perché ha errato il Tribunale nel ritenere che le assunzioni a termine fossero
radicalmente nulle, in quanto disposte in violazione delle norme inderogabili
indicate nella rubrica;

3.1. i ricorrenti principali evidenziano: che l’art. 45 della legge regionale è
applicabile alle sole assunzioni a tempo indeterminato, che il primo contratto
a termine era stato stipulato in data antecedente l’entrata in vigore dell’art. 18 del d.l. n. 112/2008,
che l’art. 35 del d.lgs. n.
165/2001 non disciplina le assunzioni degli enti pubblici economici;

4. il terzo motivo addebita alla sentenza impugnata
la violazione dell’art. 35
del d.lgs. n. 165/2001, dell’art. 92 del d.lgs. n. 267/2000,
dell’art. 2112 cod. civ., dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001,
della direttiva 1977/187/CE e della direttiva 1999/70/CE, degli artt. 115 e 116 cod.
proc. civ.;

4.1. sostengono i ricorrenti principali che anche
per le pubbliche amministrazioni non è richiesto il concorso qualora le
assunzioni si riferiscano, come nella fattispecie, alle qualifiche meno
elevate, per le quali è sufficiente il requisito della frequenza della sola
scuola media inferiore, ed aggiungono che, in ogni caso, la selezione era stata
effettuata dalla T. s.p.a., nel rispetto della norma regionale e dell’art. 92 del d.lgs. n. 267/2000,
che consente di ricorrere a procedure semplificate qualora l’ente locale debba
fronteggiare esigenze temporanee, eccezionali ed urgenti;

4.2. deducono ancora che i lavoratori, selezionati
dalla T. s.p.a., per accedere all’impiego presso l’amministrazione pubblica non
dovevano superare una nuova procedura selettiva, giacché il passaggio dalla
società di somministrazione al consorzio integrava un trasferimento d’azienda;

5. la quarta critica del ricorso principale denuncia
la violazione del d.lgs. n. 368/2001 (artt. 1, 3, 4, 4 bis, 5), del CCNL Federambiente 2008-2011 (
art.11), degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. perché il Tribunale avrebbe
dovuto dichiarare la nullità dei termini apposti ai contratti in quanto: le
assunzioni tendevano a soddisfare fabbisogni permanenti, erano state disposte
superando il limite quantitativo previsto dalle parti collettive, la durata
temporale dei rapporti si era protratta oltre i trentasei mesi previsti dal d.lgs. n. 368/2001 ed inoltre i contratti erano
stati stipulati sebbene il Consorzio non avesse effettuato correttamente la
valutazione dei rischi;

6. con il quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., i ricorrenti
principali addebitano al Tribunale di non avere pronunciato sulle domande
subordinate (condanna al pagamento delle retribuzioni non corrisposte per i
mesi di aprile e maggio 2013, al risarcimento dei danni, al versamento dei
contributi previdenziali) e fanno valere l’asserita nullità della sentenza
impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc.
civ.;

6.1. deducono, inoltre, che la domanda risarcitoria,
se esaminata, doveva essere necessariamente accolta in quanto, come affermato
da Cass. n. 26951/2013, in caso di abuso nella
reiterazione del contratto a termine il danno è in re ipsa ed il lavoratore
danneggiato non deve offrire alcuna prova del pregiudizio;

7. la sesta critica, formulata sempre ai sensi dell’art. 360 n, 4 cod. proc. civ., eccepisce la
«nullità del procedimento per totale omissione di motivazione dell’ordinanza
istruttoria del 16/4/2014, con la quale il giudice ha respinto tutte le
richieste istruttorie formulate dagli attori» e denuncia la violazione dell’art. 111 Cost. nonché degli artt. 134, 177, 115, 116, 210, 213, 228, 245 cod. proc.
civ. perché il Tribunale non ha indicato le ragioni per le quali le prove
richieste fossero inammissibili o irrilevanti;

8. la settima censura addebita alla sentenza impugnata
la violazione della direttiva 1999/70/CE e
dell’art. 36, comma 5, del
d.lgs. 165/2001 e richiama giurisprudenza della Corte di Giustizia al fine
di sostenere che la normativa nazionale sul contratto a termine può essere
ritenuta conforme al diritto dell’Unione solo qualora contenga un’altra misura
alternativa alla conversione del rapporto che sia effettiva ed idonea a
prevenire, ed eventualmente a sanzionare, l’abuso nella successione di
contratti a termine;

8.1. sulla base dei richiamati principi, pertanto,
il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere quanto meno il risarcimento del danno,
da liquidare, quale strumento dissuasivo, a prescindere dalla prova del pregiudizio
subito e con liquidazione equitativa;

9. l’ottavo motivo del ricorso principale denuncia
la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 comma 1 del d.lgs. n.
368/2001, dell’art. 11,
comma 15, CCNL Federambiente 2008 e 2011, dell’art.
2126 cod. civ., dell’art. 32
della legge n. 183/2010 perché le maggiorazioni retributive per le
prestazioni rese oltre la scadenza del contratto ed il risarcimento del danno
andavano riconosciuti anche nell’ipotesi in cui fosse stata ravvisata una causa
di nullità dell’intero contratto e non della sola clausola appositiva del
termine;

10. infine con il nono motivo i ricorrenti
principali censurano il capo della sentenza relativo al regolamento delle spese
di lite e denunciano la violazione degli artt. 91
e 92 cod. proc. civ. in quanto il Tribunale non
avrebbe dovuto commettere gli errori denunciati nei precedenti motivi e,
quindi, avrebbe dovuto accogliere le domande formulate dagli attori e
condannare il Consorzio anche al pagamento delle spese;

10. il ricorso incidentale, articolato in dieci
motivi (erroneamente numerati), censura innanzitutto il capo della sentenza
impugnata che ha qualificato il COINRES ente pubblico non economico (primo,
secondo, terzo, quarto motivo) e denuncia il vizio motivazionale nonché la violazione
di norme processuali (artt. 112, 113, 115, 116, 132 cod. proc.
civ.), dell’ordinanza del Commissario Straordinario per i rifiuti n.
2983/1999, dello Statuto dell’ente, della legge n.
142/1990, del d.lgs. n. 267/2000;

10.1. i ricorrenti incidentali sostengono che la
qualificazione si pone in contrasto con gli atti costitutivi, che affidano
all’ente la gestione di un’attività imprenditoriale secondo criteri di
efficienza ed economicità e con obbligo di pareggio di bilancio, ed invocano
l’applicazione della disciplina dettata per le aziende speciali e dal codice
civile, ignorata dal giudice di merito;

11. sulla natura di ente pubblico economico del
Consorzio i ricorrenti incidentali fondano le ulteriori censure (quinto, sesto,
settimo, ottavo motivo), con le quali addebitano al Tribunale di avere
erroneamente ritenuto applicabile l’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001,
anziché il d.lgs. n. 368/2001, e di avere
illegittimamente escluso la conversione dei rapporti a termine in contratti a
tempo indeterminato, in violazione della normativa eurounitaria, della L.R. Sicilia n. 2/2007, del d.lgs. n. 276/2003, dell’art. 35 del d.lgs. n. 165/2001,
della L.R. Sicilia n. 9/2010;

11.1. ribadito che la conversione doveva essere
disposta in ragione della natura privatistica dei rapporti, aggiungono che i
contratti a termine erano stati stipulati previo esperimento di procedura di
evidenza pubblica (sesto motivo), sebbene la stessa non fosse necessaria in
ragione dell’inapplicabilità della L.R. Sicilia n.
2/2007 ai consorzi già costituiti, e deducono, inoltre, che il diritto
all’assunzione doveva comunque essere riconosciuto ai sensi dell’art. 19 della
L.R. Sicilia n. 9/2010 (ottavo motivo);

11.2. denunciano la violazione degli artt. 4, 5 e 24 della legge n. 223/1991
perché non potevano essere risolti, in assenza di giusta causa e di
giustificato motivo, i contratti che si erano trasformati per l’illegittimità
del termine in rapporti a tempo indeterminato (nono motivo);

11.3. rinviano, infine, a quanto dedotto nell’atto
di appello sul diritto al risarcimento del danno, che andava riconosciuto in
conseguenza della violazione di norme imperative (decimo motivo);

12. con la memoria ex art.
380 bis 1 cod. proc. civ. i ricorrenti incidentali, descritta la complessa
vicenda che ha interessato il COINRES e che ha portato alla liquidazione del
Consorzio, hanno dichiarato di non avere più interesse alla definizione del
giudizio di cassazione, perché il loro «diritto all’assunzione presso le SRR
(obiettivo finale dei ricorrenti) si è consolidato indipendentemente
dall’interruzione del rapporto di lavoro con il COINRES» la cui attività è
cessata dall’anno 2016, ed hanno chiesto alla Corte di pronunciare sentenza di
cessazione della materia del contendere;

12.1. rileva il Collegio che non sussistono i
presupposti processuali necessari ai fini della pronuncia richiesta, giacché la
cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano
reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale
dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conclusioni conformi in tal senso
(Cass. n. 16150/2010; Cass. n. 2063/2014;
Cass. n. 5188/2015 e fra le più recenti in motivazione Cass. n. 19845/2019);

12.2. tuttavia nel giudizio di cassazione la
dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse alla definizione del
ricorso, resa dal difensore munito di mandato speciale, va equiparata alla
rinuncia ex art. 390 cod. proc. civ. e,
pertanto, in assenza dei requisiti richiesti dal comma 3 della disposizione
citata, la stessa, seppure non idonea a determinare l’estinzione del processo,
comporta l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso per carenza di interesse
(Cass. S.U. n. 3876/2010), atteso che quest’ultimo deve sussistere non solo nel
momento in cui è proposta l’impugnazione ma anche successivamente sino alla
decisione della causa;

13. i motivi del ricorso principale, con i quali si
censura il capo della sentenza impugnata che ha ritenuto la nullità dei
contratti a termine e negato la conversione degli stessi in rapporti a tempo
indeterminato, devono essere rigettati perché è corretto il dispositivo della
pronuncia del Tribunale di Termini Imerese, che va, quindi, confermata sul
punto con diversa motivazione ex art. 384, comma 4,
cod. proc. civ.;

13.1. ai fini che qui interessano non è determinante
e essenziale l’accertamento sulla natura economica o non economica del
Consorzio, giacché, come questa Corte ha già evidenziato nel decidere
controversie nelle quali venivano in rilievo le medesime questioni, per la
Regione Sicilia la regola della concorsuali, che rende nulli i contratti
stipulati in assenza di evidenza pubblica nel settore degli “ambiti
territoriali” per la gestione dei rifiuti e ne impedisce la conversione in
rapporti a tempo indeterminato, va tratta dall’art. 45, comma 2, della L.R. Sicilia
n. 2/2007, applicabile anche ai contratti stipulati dai consorzi già
costituiti alla data di entrata in vigore della legge (Cass. n. 26347/2016,
punti 60 e 61; Cass. n. 25749/2016 punto 36; Cass. n. 6394/2017 punto 45);

13.2. con le pronunce richiamate, alle quali si
rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.,
si è anche evidenziato che nella Regione Sicilia «l’amministrazione regionale,
le aziende ed enti dalla stessa dipendenti o comunque sottoposti a controllo,
tutela e vigilanza, gli enti locali territoriali e/o istituzionali, le aziende
sanitarie locali, nonché gli enti da essi dipendenti e comunque sottoposti a
controllo, tutela e vigilanza» (art. 49 della L.R. Sicilia n. 15/2004), ossia
tutti gli enti pubblici economici e non economici operanti sul territorio
regionale, sono tenuti, dopo l’entrata in vigore della L.R. n. 15/2004, al
rispetto della regola della concorsualità, qualificata o semplificata, che
opera anche per i profili professionali di minore rilievo, regola dalla quale
le Sezioni Unite di questa Corte hanno tratto l’impossibilità di convertire in
rapporti a tempo indeterminato i contratti a termine stipulati con enti
pubblici economici nella vigenza della normativa indicata ( Cass. S.U. n.
4685/2015);

13.3. si tratta di argomenti assorbenti, che rendono
non rilevante la questione, posta nel primo motivo del ricorso principale,
della correttezza degli indici utilizzati dal Tribunale ai fini
dell’accertamento della natura dell’ente;

13.4. l’orientamento già espresso da questa Corte,
qui ribadito perché condiviso dal Collegio, porta, inoltre, a ritenere
infondati il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, che muovono da
un’interpretazione non corretta della normativa regionale ed inoltre
prospettano inammissibilmente una questione di fatto, non di diritto, nella
parte in cui tendono a sostenere che le assunzioni sarebbero state precedute da
una valida procedura di evidenza pubblica;

13.5. manifestamente infondata è la censura,
formulata sempre nel terzo motivo, con la quale si sostiene che integrerebbe un
trasferimento di azienda, o di ramo di azienda, l’assunzione con contratti a
termine degli stessi lavoratori in precedenza utilizzati sulla base di un
contratto di somministrazione;

13.6. basterà al riguardo richiamare il consolidato
orientamento di questa Corte secondo cui «costituisce elemento costitutivo
della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità,
già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo
produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere,
autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del
cessionario, il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito
dell’impresa cedente, situazione ravvisabile (quando non occorrano particolari
mezzi patrimoniali per l’esercizio dell’attività economica) anche rispetto ad
un complesso stabile organizzato di persone, addirittura in via esclusiva,
purché dotate di particolari competenze e stabilmente coordinate ed organizzate
tra loro, così da rendere le loro attività interagenti e idonee a tradursi in
beni e servizi ben individuabili» (Cass. n.
28593/2018);

13.7. perché, quindi, possa assumere rilievo la sola
organizzazione del personale, a prescindere da quella dei mezzi, è necessaria
la ricorrenza di particolari requisiti ai quali neppure accennano i ricorrenti
e che sono all’evidenza smentiti, senza necessità di particolari accertamenti
di fatto, dall’inserimento del personale somministrato nell’organizzazione
produttiva dell’utilizzatore;

14. il quarto motivo, con il quale si addebita al
Tribunale di non avere accertato l’illegittimità dei contratti a termine per
violazione delle plurime disposizioni di legge richiamate nella rubrica, è
inammissibile in quanto le censure attengono tutte a questioni non esaminate
dal giudice di prime cure, che ha ritenuto assorbente il rilievo della nullità
dei contratti a termine per violazione delle procedure di evidenza pubblica;

14.1 i motivi del ricorso per cassazione devono
essere specificamente attinenti al decisum della sentenza gravata e non possono
riguardare le questioni assorbite, perché le stesse, che assumono rilievo solo
in caso di cassazione della pronuncia a seguito della ritenuta fondatezza del
motivo formulato avverso la ragione assorbente, vanno riproposte,
eventualmente, nel giudizio di rinvio;

15. parimenti inammissibili sono il quinto, il sesto
e l’ottavo motivo di ricorso con i quali si addebita al Tribunale di non avere
pronunciato su tutte le domande, di non avere motivato l’ordinanza di rigetto
delle istanze istruttorie, di avere respinto la domanda con la quale era
chiesta la maggiorazione prevista dal CCNL
Federambiente 2008 e 2011 per le prestazioni rese oltre il termine di
scadenza del contratto;

15.1. i motivi sono formulati senza il necessario
rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369
n. 4 cod. proc. civ., perché gli atti processuali e le clausole del
contratto collettivo che si assumono violate non sono riportati nel ricorso (se
non in minima parte, non sufficiente a consentire la valutazione ex actis sulla
fondatezza della censura) ed i ricorrenti non forniscono indicazioni sulla loro
allocazione nel fascicolo di parte o d’ufficio;

15.2. il requisito di cui al richiamato art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. deve
essere verificato anche in caso di denuncia di errores in procedendo, rispetto
ai quali la Corte è giudice del «fatto processuale», perché l’esercizio del
potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle
regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in
nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del
giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012);

15.3. la parte, quindi, non è dispensata dall’onere
di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore
denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, non essendo
consentito il rinvio per relationem agli atti del giudizio di merito, perché la
Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere
posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve
procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (
cfr. fra le più recenti Cass. S.U. n. 20181/2019; Cass. n. 20924/2019);

15.4. occorre, poi, ribadire che nel giudizio di
cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi di
diritto privato, imposto dall’art. 369, comma 2, n.
4, cod. proc. civ., è soddisfatto solo con la produzione del testo
integrale del contratto collettivo ed inoltre il ricorrente, nel rispetto del
l’obbligo di «specifica indicazione» di cui all’art.
366 n. 6 cod. proc. civ. è tenuto a precisare tempi e modi della produzione
sicché, a tal fine, non può essere ritenuto sufficiente il mero richiamo, in
calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove
manchi una puntuale indicazione del documento nell’elenco degli atti ( fra le
più recenti in tal senso Cass. n.6255/2019);

16. è, invece, fondato il settimo motivo con il
quale, sviluppando argomenti anticipati nel quinto motivo sulla fondatezza
della domanda risarcitoria, si sostiene che, una volta esclusa la conversione
del rapporto, ove il lavoratore abbia allegato l’abuso nella reiterazione del
contratto a termine ed invocato l’applicazione della direttiva
eurounitaria 1999/70/CE, non può il giudice negare anche il risarcimento
del danno, perché la Corte di Giustizia ha ripetutamente affermato che la
trasformazione del rapporto non è imposta dal diritto dell’Unione, ma a
condizione che la reiterazione abusiva del contratto a termine sia sanzionata
da altra misura dissuasiva ed idonea a garantire l’effettività della tutela;

16.1. le Sezioni Unite di questa Corte nel
sottolineare la necessità di fornire un’interpretazione del diritto nazionale
orientata al rispetto della direttiva 1999/70/CE,
hanno affermato che « in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi
di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista
dall’art. 36, comma 5, del
d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di
effettività della tutela affermato dalla Corte di
Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va
escluso – siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti per il
licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di
cui all’art. 32, comma 5, della
I. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e
qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed
un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne
derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico,
atteso che, per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile,
per il secondo, invece, agevola l’onere probatorio del danno subito.» (Cass.
S.U. 15.3.2016 n. 5072);

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 novembre 2020, n. 25625
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