Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 novembre 2020, n. 25975
Rendita ai superstiti, per infortunio sul lavoro, Difetto del
requisito della vivenza a carico, Diretto e costante apporto economico del
figlio nel mantenimento dei genitori
Rilevato che
1. con sentenza in data 21 giugno 2013, la Corte di
Appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato
la domanda proposta da D.T. e V.V., in proprio e quali eredi del figlio, V.R.,
volta al riconoscimento della rendita ai superstiti, per infortunio sul lavoro,
in favore degli ascendenti superstiti, negato per difetto del requisito della
vivenza a carico per essere il lavoratore deceduto e il genitore operai presso
la medesima società, il che ipotizzava reciproca assistenza nei bisogni
familiari e non integrava il concetto di vivenza a carico;
2. per la Corte di merito non potevano trarsi, dal
ricorso di primo grado, elementi indicativi della vivenza a carico nel senso di
un diretto e costante apporto economico del figlio nel mantenimento dei
genitori, né della insufficienza dei mezzi di sostentamento propri di questi
ultimi, con la precisazione che le vicende successive al tragico evento – che
aveva procurato la morte dello sfortunato giovane nell’incendio della fabbrica
di materiale pirotecnico e causato anche la perdita dell’occupazione lavorativa
del padre, licenziato per distruzione della fabbrica – non potevano assumere
rilevanza ai fini della rendita ai superstiti i cui requisiti andavano
accertati con riferimento al periodo in cui il figlio era in vita;
3. avverso tale sentenza D.T. e V.V., in proprio e
quali eredi di V.R., hanno proposto ricorso, ulteriormente illustrato con
memoria, affidato a due motivi, al quale ha opposto difese l’INAIL, con
controricorso;
Considerato che
4. preliminarmente va disattesa l’eccezione di
tardività del ricorso, sollevata dall’INAIL, dal momento che la sentenza
impugnata, pubblicata il 21 giugno 2013 e relativa a procedimento instaurato,
in primo grado, dopo il Io marzo 2006, risulta affidata all’agente notificante
tempestivamente, tenuto conto della proroga al lunedì del termine in scadenza
il sabato (ex art. 155, quinto comma, cod. proc.
civ., aggiunto dall’art. 2,
comma 1 lett. f) legge n. 263 del 2005; v., inoltre, l’art. 2, comma 4, legge n. 263 cit.,
come modificato dall’art. 39-quater
d.l. n. 273 del 2005, conv., con modif., in legge
n.51 del 2006 per l’entrata in vigore della novella al codice di rito del
1° marzo 2006 e per l’applicabilità ai procedimenti instaurati successivamente
al 1° marzo 2006);
5. ciò premesso, con i motivi di ricorso, deducendo
violazione e falsa applicazione degli artt. 85 e 106 del d.P.R. n. 1124 del 1965
e degli artt. 244, 115,
116 cod. proc. civ. e vizio di motivazione, i
ricorrenti censurano la sentenza impugnata per non avere la Corte di merito
tratto elementi sufficienti ad integrare il requisito della vivenza a carico
dalla convivenza del lavoratore superstite con i genitori e dall’esiguo
stipendio mensile percepito dal genitore, insufficiente ad assicurare una
dignitosa e decorosa assistenza al compendio familiare di tre persone e dalla prospettiva
di una futura continuità dello stipendio percepito dal figlio; quanto alla
madre superstite si assume che il diritto autonomo alla rendita poteva venir
meno solo ove comprovato in giudizio che la contribuzione del figlio deceduto
rientrava più nell’art. 315 cod. civ. che nel
mantenimento della madre al fine di elidere uno stato di bisogno e che in tale
quadro interpretativo andava valutato anche l’obbligo di contribuzione del
marito e che, in ogni caso, l’onere della prova dell’insussistenza di mezzi di
sostentamento non ritenuta dalla Corte sufficiente a configurare l’assenza di
un reddito da lavoro della madre superstite, era stato assolto con la
dichiarazione di notorietà (primo motivo);
6. con il secondo mezzo, deducendosi violazione
degli artt. 244, 115,
116 cod. proc. civ. e vizio di motivazione, si
censura la ritenuta irrilevanza della prova testimoniale assumendosene, invece,
la decisività in riferimento alla allegazione dei caratteri di continuità e
regolarità degli apporti e contribuzione forniti dal figlio;
7. il ricorso è da rigettare;
8. i motivi, da trattare congiuntamente in quanto
logicamente connessi, sono infondati alla luce dei principi ripetutamente
affermati da questa Corte secondo cui il diritto alla rendita per infortunio
sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti, alla stregua dell’art. 85 d.P.R. 30 giugno 1965, n.
1124 presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la vivenza a carico, la
quale è provata allorché ricorrano contestualmente due condizioni: a) che gli
ascendenti medesimi si trovino senza sufficienti mezzi di sussistenza autonomi;
b) che al loro mantenimento concorreva, in modo efficiente, il lavoratore
defunto, dovendo intendersi tale requisito nel senso che non è necessario che i
superstiti siano totalmente mantenuti in tutti i loro bisogni dal lavoratore
defunto ma è indispensabile che quest’ultimo abbia contribuito in modo
efficiente al loro mantenimento mediante aiuti economici che, per costanza e
regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza
(orientamento costante affermato da Cass. n. 5910 del 1998 e ribadito in
numerose successive conformi, fra cui v. Cass. n. 2630 del 2008; Cass. n. 18520 del 2006; Cass. n. 14490 del 2014);
9. in particolare, in ordine alla necessità che al
mantenimento dell’ascendente superstite abbia concorso in modo efficiente il
discendente defunto, occorre considerare anche il reddito del coniuge
dell’ascendente che domanda la prestazione previdenziale, e ciò perché, anche
ove non fosse operante il regime di comunione legale tra gli stessi, comunque
sussiste l’obbligo di assistenza materiale tra coniugi posto dall’art. 143 cod. civ. (v., fra le altre, Cass. n.
1999 del 2005 e i precedenti ivi richiamati);
10. quanto, poi, al concetto di sufficienza dei mezzi
di sussistenza va riaffermato, in continuità con Cass.
n. 24517 del 2014, che trattasi di requisito non legislativamente
determinato, così come non sono specificamente individuati i cespiti e i debiti
rilevanti per la sua definizione e che la giurisprudenza di questa Corte ha
tuttavia ritenuto che la norma, come formulata, riecheggia l’espressione «mezzi
necessari per vivere» di cui all’art. 38, comma 1,
Cost., piuttosto che la diversa espressione «mezzi adeguati di vita dei
lavoratore» di cui al comma 2 dello stesso articolo, il che porta ad includere
la norma in esame nell’ambito del più generale sistema di sicurezza sociale,
improntato alla solidarietà collettiva che garantisce ai cittadini, ove ad
alcuni eventi si accompagnino situazioni di bisogno, i mezzi necessari per
vivere (v., per riferimenti al diverso modello, normalmente realizzato mediante
gli strumenti mutualistico-assicurativi, che prevede il riconoscimento ai
lavoratori della diversa e più elevata garanzia del diritto a mezzi adeguati
alle loro esigenze di vita, prescindendo da uno stato di bisogno, Corte Cost.,
19 gennaio 1995, n. 17);
11. il requisito della sufficienza dei mezzi di
sussistenza è dunque da intendersi nel senso di un rapporto diretto di
dipendenza economica dei congiunti con il lavoratore infortunato con la
conseguenza che, ai fini della sussistenza del diritto alla rendita, non è
sufficiente la dimostrazione della sola circostanza della loro convivenza con l’assicurato
o che da questi ottenevano un parziale mantenimento (Cass. n. 24517 del 2014 e i precedenti ivi
richiamati);
12. inoltre, l’argomentazione difensiva incentrata
dai ricorrenti sull’aspettativa nel tempo osta con i precisi criteri
descrittivi appena esposti per la sussistenza del requisito in esame, nel senso
che il conferimento dell’assicurato deve rispondere alle esigenze del
soddisfacimento, in termini di costanza e sufficienza, del mantenimento delle
persone alle quali può ricondursi la circostanza di essere a carico e in tale
ambito non può ricomprendersi, agli effetti del beneficio preteso, la mera
aspettativa, di incerto avverarsi e per di più incerta in termini di quantità,
sufficienza, continuità (v., fra le altre, Cass. n. 6794 del 2001);
13. per il resto il ricorso non si confronta con il
decisum incentrato, con dovizia di argomenti, sul carattere meramente
apodittico delle deduzioni in ordine al contributo efficiente e determinante
del figlio al mantenimento dei genitori privi di sufficienti mezzi di
sostentamento; sulla mancata allegazione in ordine alle modalità del contributo
al mantenimento, al determinante contributo dell’apporto economico del figlio
per il sostentamento degli ascendenti o alle specifiche ragioni per cui il
reddito del genitore non costituisse per il nucleo familiare una entrata
sufficiente per due coniugi; ed ancora, sulla mancata allegazione dei caratteri
di costanza, regolarità ed entità degli apporti asseritamente forniti dal figlio,
da cui la Corte di merito ha tratto, per la genericità delle allegazioni,
l’inammissibilità della prova testimoniale;
14. in conclusione i mezzi d’impugnazione pretendono
di sollecitare un inammissibile riesame del merito e la sentenza impugnata,
conforme ai principi illustrati, è immune da censure;
15. segue, coerente, la condanna alle spese del
giudizio, liquidate come in dispositivo;
16. ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
delle parti ricorrenti, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro
2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R.n.115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.