In ipotesi di compensi reversibili, ai fini della determinazione del reddito imponibile della società presso cui l’amministratore svolge attività gestoria, trova applicazione il principio di competenza in luogo di quello di cassa.
Nota a Cass. 16 ottobre 2020, n. 22479
Francesco Palladino
Il costo dell’amministratore, dipendente di una società, ma che svolge la propria attività presso un’altra società, è deducibile, secondo il principio di competenza, in capo a quest’ultima, a condizione che riversi il relativo onere alla prima società e non all’amministratore medesimo.
Mancando, infatti, una diretta erogazione di denaro a colui che svolge l’attività gestoria, non è applicabile il principio di cassa, sicché detto costo si configura quale prestazione di servizi sostenuto dalla società “amministrata” a favore della società distaccante da dedurre secondo le regole ordinarie, ovverosia secondo il principio di competenza. Limitandosi la società “amministrata” a corrispondere all’altra società (presso cui l’amministratore è assunto) un corrispettivo per l’utilità ricevuta (l’attività di gestione societaria espletata dalla risorsa umana messale a disposizione) non opera la regola secondo cui i compensi agli amministratori sono deducibili per cassa.
Queste le conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione nella sentenza 16 ottobre 2020, n. 22479. La vicenda processuale trae origine da una verifica dell’Agenzia delle entrate presso una società in liquidazione che, nell’anno d’imposta 2003, aveva dedotto ai fini IRES un importo pari ad Euro 91.974,83 a titolo di compensi dovuti all’amministratore. La società in questione aveva tuttavia erogato a favore della società distaccante solo una parte di tale importo (pari ad Euro 30.000 che aveva dedotto per cassa), per cui, a parere dell’Ufficio, in applicazione dell’art. 95 TUIR (secondo cui i compensi spettanti agli amministratori sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti), risultava tout court non giustificata la deduzione della parte eccedente pari ad Euro 61.974,83.
La società riteneva errato il criterio impositivo applicatogli e riteneva l’eccedenza deducibile per competenza. Essa riteneva, infatti, che, ai fini della determinazione del proprio reddito imponibile, andasse valorizzata la circostanza che i compensi de quibus erano stati attribuiti ad un’altra società titolare di reddito d’impresa e quindi tassati per competenza. Non si potevano verificare quei rischi di salti d’imposta che l’art. 95 TUIR vuole contrastare.
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha concordato con l’applicazione del principio di competenza in quanto, nel caso di specifici accordi in cui lo svolgimento dell’attività gestoria è affidato a dipendenti o collaboratori coordinati e continuativi di altra società, generalmente in posizione di controllo, e il relativo compenso è erogato direttamente in favore di quest’ultima (c.d. compensi reversibili) si verifica che la società “amministrata” non versa alcun compenso all’amministratore – che risulta legato da un rapporto di lavoro dipendente con la società distaccante –. Ne deriva che il relativo costo è deducibile in capo alla prima società secondo il generale principio di competenza ai sensi dell’art. 109 TUIR e non secondo il principio di cassa previsto in via eccezionale dall’art. 95 TUIR.
Per la Cassazione il principio di cassa trova applicazione solo per i compensi erogati direttamente all’amministratore dalla società da cui egli è assunto. Il principio di competenza trova applicazione con riferimento ai compensi reversibili, dato che il corrispettivo pagato a tale titolo dalla società (presso cui l’amministratore svolge attività gestoria) all’altra società (presso cui l’amministratore è assunto) costituisce una ordinaria prestazione di servizi.