Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2020, n. 26597
Mansioni di bidella e assistente scolastica presso la scuola
materna comunale, Testimonianze assunte in sede di appello, Dichiarazione di
decadenza in primo grado per mancata indicazione dei nominativi, Esercizio dei
poteri istruttori del giudice del lavoro
Ritenuto che
Il Comune di Spezzano Albanese ha proposto ricorso
per cassazione, con due motivi, avverso la sentenza con la quale la Corte
d’Appello di Catanzaro, accogliendo il gravame proposto da M.F.A. avverso la
pronuncia di rigetto del Tribunale di Castrovillari, ha condannato l’ente al
pagamento in favore della medesima, ai sensi dell’art.
2126 c.c., delle retribuzioni maturate, tra il gennaio ed il dicembre 1999,
per lo svolgimento di fatto, pur in assenza di regolare assunzione, delle
mansioni di bidella e assistente scolastica presso la Scuola Materna comunale;
la A. è rimasta intimata;
Considerato che
Con il primo motivo, formulato richiamando l’art. 360 n. 3 c.p.c., è denunciata violazione e
falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. per
essersi la sentenza fondata su testimonianze assunte in sede di appello,
nonostante per il medesimo mezzo probatorio vi fosse stata dichiarazione di
decadenza in primo grado per mancata indicazione dei nominativi delle persone
da escutere; il motivo è infondato;
come è noto, allorquando ricorrono i presupposti per
l’esercizio dei poteri istruttori del giudice del lavoro, essi possono e devono
essere utilizzati a prescindere dal maturare di preclusioni in capo alle parti
in causa (Cass. 10 dicembre 2008, n. 29006 e, più di recente, Cass. 25 agosto
2020, n. 17683); presupposti dell’esercizio di tale potere-dovere sono,
altrettanto pacificamente, la ricorrenza di una semipiena probatio rispetto ad
una data situazione controversa e l’individuazione ex actis di una pista
probatoria (da ultimo v. Cass. 10 settembre 2019,
n. 22628; Cass. 5 novembre 2018, n. 28134), che ben può essere costituita
dal riferirsi di alcuni testimoni, per la conoscenza dei fatti, ad altre
persone, secondo un’ipotesi già prevista in generale dal codice di rito (art. 257, co. 1, c.p.c.), ma che, nel ricorrere
dei requisiti di cui agli artt. 421 e 437 c.p.c., resta assorbita;
nel caso di specie la motivazione della Corte
territoriale è del tutto coerente con i menzionati principi, in quanto essa
l’ammissione officiosa in appello dei testimoni “de relato” si salda
con l’affermazione secondo cui «dalla prova testimoniale assunta in primo grado
emergeva una sia pur parziale conferma dell’attività lavorativa svolta dalla
ricorrente»;
si è quindi di fronte ad una chiara individuazione
della semipiena probatio di cui si è detto, mentre è pacifico che l’ammissione
di tali testimoni abbia fatto seguito all’indicazione (c.d. pista probatoria)
di tali persone da parte di altro testimone; con il secondo motivo è denunciata
la violazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 2126, co. 2, c.c. per essersi ritenuta la
sussistenza dei requisiti del lavoro subordinato in assenza di effettivi
riscontri rispetto alla continuità del rapporto, all’inserimento della
lavoratrice nella struttura organizzativa datoriale e nel rispetto di orari e
giornate determinate; il motivo è inammissibile;
esso consta infatti di una richiesta di
rielaborazione dei dati istruttori, con riferimento all’individuazione degli
elementi propri di una prestazione di natura subordinata, a fronte di una
sentenza che ha ritenuto riscontrata la continuità del rapporto, l’inserimento
della ricorrente nell’assetto organizzativo della scuola ed il rispetto di
giornate ed orari di lavoro determinate e quindi una serie di precisi indici
rivelatori del lavoro dipendente;
nonostante l’apparente impostazione nei termini
della violazione di legge il motivo ha quindi la sostanza di una richiesta di
rilettura del merito della decisione, certamente estranea al giudizio di
legittimità (Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n.
24148);
nulla sulle spese, in quanto la lavoratrice è rimasta
intimata;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13,
se dovuto.