Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 novembre 2020, n. 26750
Importo della retribuzione mensile di fatto, Calcolo
dell’indennità sostitutiva della reintegrazione e dell’indennità risarcitoria,
Litispendenza, Diversità di petitum e causa petendi tra le diverse
controversie
Ragioni di fatto di diritto
1. Con sentenza pubblicata in data 18/3/2019, il
Tribunale di Genova, in accoglimento della domanda proposta da C.C. S.p.A., ha
determinato l’importo della retribuzione mensile di fatto spettante a P.S.,
utile per il calcolo dell’indennità sostitutiva della reintegrazione e
dell’indennità risarcitoria conseguenti al licenziamento intimato al lavoratore
dalla stessa C.C. s.p.a., con lettera del 3/3/2015, e dichiarato illegittimo
dal Tribunale di Napoli Nord con ordinanza del 23/5/2018.
2. Nel respingere l’eccezione sollevata dallo S.
nella sua memoria difensiva, il Tribunale ha ritenuto sussistente la sua
competenza territoriale sulla base dei seguenti dati: a) il licenziamento era
stato intimato dopo lo sbarco del lavoratore dalla nave C.P., nel cui turno
particolare il lavoratore era iscritto; b) la C.P. era iscritta nel registro
internazionale della Capitaneria del porto di Genova; c) l’art. 603, comma 2, del cod. nav.
stabilisce che le controversie di lavoro del personale marittimo sono proposte
avanti il tribunale, nella circoscrizione del quale è iscritta la nave o il
galleggiante, ovvero è stato concluso o eseguito o è cessato il rapporto di lavoro,
ovvero, se trattasi di ingaggio non seguito da arruolamento, è pervenuta la
proposta al marittimo; d) correttamente, pertanto, la società ricorrente aveva
adito il Tribunale di Genova, quale giudice nella cui circoscrizione era
iscritta la nave, trattandosi di un criterio di competenza tuttora operante e
alternativo rispetto alla competenza del Tribunale di Napoli Nord, dinanzi al
quale pendeva la causa della legittimità-validità del licenziamento.
2.1. Quanto all’ulteriore eccezione di litispendenza,
continenza o connessione, – sollevata dal lavoratore con riguardo sia al
giudizio avente ad oggetto l’accertamento della legittimità del licenziamento,
pendente dinanzi al Tribunale di Napoli Nord, sia ad altro giudizio, pendente
dinanzi al Tribunale di Bari, avente ad oggetto l’opposizione all’esecuzione
proposta dalla C.C. contro il precetto di pagamento notificato su istanza dello
stesso S. e relativo alle somme spettanti in forza dell’ordinanza del 23/5/2018
-, il Tribunale ha escluso la litispendenza, stante la diversità dipetitum e
causa petendi tra le diverse controversie; ha altresì escluso l’esistenza di un
rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica (tale da imporre la sospensione
necessaria ex art. 295 cod.proc.civ.), tra il
giudizio dinanzi a sé e quello avente ad oggetto la conferma della condanna
alla reintegrazione nel posto di lavoro, posto che l’eventuale caducazione di
quest’ultima spiegherebbe i suoi riflessi anche sul primo giudizio, anche ove
si fosse formato il giudicato.
2.2. Infine, con riguardo al giudizio pendente
dinanzi al Tribunale di Bari, oltre alle ragioni suddette, ha ritenuto di
escludere la sospensione del processo perché il convenuto non aveva depositato
il ricorso proposto in quella sede.
2.3. il Tribunale genovese ha quindi determinato
l’ultima retribuzione globale di fatto utile per il calcolo dell’indennità
sostitutiva della reintegrazione e delle indennità risarcitoria conseguenti
all’illegittimità del licenziamento.
3. Contro la sentenza, P.S. ha proposto ricorso per
regolamento di competenza, con ricorso notificato in data 5/4/2018: ha
precisato che è tuttora pendente il procedimento di opposizione dinanzi al
Tribunale di Napoli Nord, proposto dalla C.C. contro l’ordinanza del 23/5/2018,
assumendo di conseguenza che il giudice naturale competente ad accertare
l’ultima retribuzione globale di fatto era il Tribunale di Napoli Nord, quale
giudice del luogo di cessazione del rapporto, coincidente (all’epoca dei fatti)
con quello di residenza del lavoratore: tanto anche al fine di evitare una
frantumazione dei giudizi e di assicurare i principi del giusto processo.
3.1. La C.C. ha assunto, invece, che la sentenza che
ha dichiarato illegittimo il licenziamento e ha condannato al risarcimento del
danno è, in parie qua, una sentenza di condanna generica, autonoma rispetto
alla domanda proposta dal lavoratore dinanzi al tribunale di Napoli. Esclude
pertanto l’identità di cause, ai fini della litispendenza.
4. Conformemente alle conclusioni del Sostituto
Procuratore generale, il ricorso deve essere rigettato.
Il Tribunale di Genova è stato adito dalla C.C.
S.p.A. quale giudice nella cui circoscrizione è iscritta la nave sulla quale lo
S. ha lavorato, ai sensi dell’art.
603, comma 2, cod.nav. Si tratta di un criterio di radicamento della
competenza alternativo, tuttora applicabile (Cass. Sez.Un. 11/11/1982, n.
5944), sicché non può dubitarsi della competenza territoriale del Tribunale di
Genova, quale luogo di iscrizione della nave (Cass.
Sez.Un. 31/7/2014, n. 17443).
4.1. Non si ravvisano i presupposti per dichiarare
la litispendenza tra il giudizio che ha ad oggetto l’impugnativa di
licenziamento, ancora sub indice dinanzi al Tribunale di Napoli Nord, e quello
proposto dinanzi al Tribunale di Genova, per la determinazione della
retribuzione globale di fatto: vi è infatti un’obiettiva diversità del petitum
– che nella prima è dato dalla declaratoria della validità-legittimità del
licenziamento e dalla condanna alla reintegrazione e al risarcimento del danno,
e, nella seconda, dalla quantificazione dell’ultima retribuzione globale di
fatto – e della causa petendi, che nella prima è data dall’accertamento dei
presupposti per il legittimo esercizio del diritto di recesso, e, nella
seconda, dalla dedotta situazione di incertezza circa l’esatta entità della
retribuzione globale, il cui ammontare può essere dimostrato con altri e
diversi documenti e in un diverso e separato giudizio (cfr. Cass. 6/6/2003, n. 9132).
4.2. Questa Corte ha invero ripetutamente statuito
che la sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di quanto dovuto
al lavoratore a seguito del riconoscimento dell’illegittimità di un
licenziamento costituisce valido titolo esecutivo, che non richiede ulteriori
interventi del giudice diretti alla esatta quantificazione del credito, solo
allorquando tale credito risulti da operazioni meramente aritmetiche eseguibili
sulla base dei dati contenuti nella sentenza di condanna, mentre se la sentenza
di condanna non consenta la determinazione della somma dovuta, il creditore può
richiedere la liquidazione in un successivo giudizio (cfr. Cass. n. 9132/2003, che richiama Cass. 11/6/1999
n. 5784 e Cass. 21/2/2001 n. 2544; v. pure Cass. 05/02/2011, n. 2816).
5. Deve pur escludersi che sussista una delle
ipotesi di connessione previste dagli artt. 31,
32, 34, 35 e 36 c.p.c.
(rispettivamente dettati in tema di cause accessorie, cause di garanzia,
accertamenti incidentali, compensazione, cause riconvenzionali), che sole
giustificano la deroga ai criteri ordinari di competenza ai sensi dell’art. 40 cod.proc.civ. (v. Cass. 10/08/2012, n.
14386).
5.1. Come è stato di recente osservato da questa
Corte (Cass. 21/02/2017, n. 4442), nel caso, come quello di specie, di
contemporanea pendenza davanti a due giudici diversi del giudizio sull’an
debeatur e di quello sul quantum, non è configurabile alcun vincolo di
subordinazione o di garanzia o di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico,
poiché tra essi sussiste soltanto un rapporto di pregiudizialità logica: tale
rapporto potrà al più rendere operante l’art. 337, comma 2, cod.proc.civ., il
quale, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata
invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della
sospensione facoltativa di tale processo.
5.2. Deve altresì tenersi conto del fatto che, a
norma dell’art. 336, comma 2, cod.proc.civ., la
riforma o la cassazione della sentenza sull’an debeatur determina l’automatica
caducazione della sentenza sul quantum, anche se su quest’ultima si sia formato
un giudicato apparente, con conseguente esclusione del conflitto di giudicati
(Cass. 3/5/2007, n. 10185; Cass. 14 febbraio 2013, n. 3656; Cass. 31/10/2016,
n. 22049). In particolare, in quest’ultima decisione, resa in sede di
regolamento di competenza, si è ribadito che, con l’attribuzione, alla riforma o
alla cassazione della sentenza non definitiva, di un effetto espansivo esterno,
il legislatore ha risolto il problema del coordinamento fra gravame immediato
contro la sentenza non definitiva e giudizio ancora pendente sulla materia
residua del contendere.
Pertanto, secondo la giurisprudenza univoca di
questa Corte, restano caducate le successive sentenze definitive, pur se
passate in giudicato, che nella sentenza non definitiva riformata o cassata
trovano il loro fondamento logico giuridico (cfr. Cass.
25/7/2018, n. 19745; Cass. 27/8/2015, n. 17213; Cass. 18/6/2014, n. 13915;
Cass. Sez.Un. 4/2/2005, n. 2204).
6. Queste considerazioni inducono al rigetto del
ricorso, dovendosi confermare la competenza del Tribunale di Genova.
Le spese del presente giudizio, nella misura
liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della parte soccombente.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente, di una somma pari all’importo del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali, che liquida in € 3000,00 per compensi
professionali e € 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura
del 15% delle spese generali e agli altri accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del d.p.r.
n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello
stesso articolo 13.