Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 novembre 2020, n. 24606

Assegno nucleo familiare, Titolarità del rapporto di lavoro,
Negazione della parte convenuta, Mera difesa, Conseguenze

 

Fatti di causa

 

1. la Corte d’appello di Reggio Calabria, in riforma
della sentenza del Tribunale della stessa città, accoglieva il ricorso proposto
dalla signora M.M., affidataria della figlia minorenne A.N., e dichiarava il
diritto della stessa alla percezione degli assegni per il nucleo familiare
spettanti al coniuge legalmente separato L.A.N. per il periodo dal 2006 al 2009
a carico di F. s.p.a. e INPS, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze.

2. La Corte territoriale riferiva che l’affermazione
contenuta nel ricorso ex art. 414 c.p.c. circa
la spettanza degli assegni familiari al coniuge separato in virtù del rapporto
di lavoro con F. s.p.a. non era stata contestata dalle controparti, che si
erano limitate a dedurre l’insussistenza del requisito reddituale in capo alla
stessa M., coniuge affidatario del figlio.

3. Riteneva che il reddito da valutare per la
spettanza degli assegni familiari fosse quello del Nocera, mentre quello del
nucleo familiare del genitore affidatario rilevasse solo ai fini della misura
della prestazione e che il reddito del coniuge separato, costituente
circostanza non contestata, dovesse ritenersi sussistente.

4. Rigettava inoltre l’appello incidentale di F.
s.p.a. – che deduceva di non essere il soggetto tenuto al pagamento degli
assegni familiari in quanto estranea al rapporto di lavoro del Nocera,
intercorrente con T. s.p.a. – argomentando che, trattandosi di eccezione in
senso stretto, la stessa andasse formulata nella memoria difensiva ex art. 416 c.p.c., mentre la società aveva fatto
valere tale circostanza solo alla prima udienza di discussione.

5. Per la cassazione della sentenza F. s.p.a. ha
proposto ricorso, affidato a due motivi, cui M.M. ha resistito con
controricorso. L’Inps ha depositato controricorso, nel quale ha dichiarato di
aderire alle conclusioni rassegnate dalla ricorrente principale ed ha proposto
altresì ricorso incidentale affidato ad un motivo. F. e Inps hanno poi
depositato anche memoria ex art. 380 bis.l.c.p.c.

6. Il P.G. ha depositato le proprie conclusioni con
cui ha chiesto il rinvio alle Sezioni Unite in relazione al primo motivo del
ricorso principale ed in ogni caso il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

Ragioni della decisione

 

7. F. s.p.a. deduce come primo motivo di ricorso la
violazione e falsa applicazione dell’articolo 416
c.p.c. e lamenta che la Corte territoriale non abbia esaminato l’eccezione
di difetto di legittimazione passiva da essa proposta alla prima udienza di trattazione
davanti al giudice di primo grado, sul presupposto dell’essere il coniuge
separato della ricorrente dipendente di T. s.p.a. non di essa F. s.p.a.:
sostiene che, trattandosi di circostanza attinente alle condizioni dell’azione
e ad un elemento costitutivo del diritto azionato, essa doveva essere provata
dall’attore ed il suo difetto era rilevabile anche d’ufficio.

8. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa
applicazione degli articoli 211
della I. n. 151 del 1975 e 2,
commi 12 e 6, del d.l. n. 69 del 1988 convertito in legge n. 153 del 1988. Lamenta che i giudici
d’appello, pur correttamente premettendo che per il riconoscimento del diritto
alla percezione degli assegni familiari occorre fare riferimento alla
situazione reddituale del coniuge separato e non dell’affidatario della prole,
non abbiano fatto corretta applicazione di tale principio, essendosi limitati a
rilevare che l’esistenza della necessaria situazione reddituale in capo al
Nocera non fosse stata contestata dalle controparti. Sostiene che la
contestazione della domanda attrice aveva investito l’intera domanda e quindi i
suoi stessi presupposti e che nulla aveva allegato la M. in merito al reddito
percepito dal proprio coniuge.

9. Il primo motivo del ricorso principale è fondato
nei termini qui di seguito meglio chiariti.

In applicazione dei principi elaborati dalle Sezioni
Unite di questa Corte nell’arresto n. 2951 del 16/02/2016 (e successive
conformi, v. ex aliis Cass. n. 7776 del 27/03/2017), occorre premettere che la
questione affrontata nel motivo investe propriamente non la «legitimatio ad
causarti» passiva di Federservizi, intesa come la titolarità del potere di
subire il giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto, secondo la
prospettazione della parte, bensì l’effettiva titolarità del rapporto
controverso, ovvero la posizione di datore di lavoro tenuto all’erogazione
degli assegni familiari, questione che integra un elemento costitutivo della
domanda attinente al merito della causa e, come tale, rientra nell’ambito
dell’onere deduttivo e probatorio dell’attore.

10. Tale titolarità, costituendo appunto un elemento
costitutivo del diritto fatto valere in giudizio, può essere negata dal
convenuto con una mera difesa e cioè con una presa di posizione negativa che,
proprio in quanto tale, non è soggetta a decadenza ex art. 167, II comma e 416
II comma c.p.c. né al divieto di nova in appello, quest’ultimo riferito
dagli artt. 345 e 437
c.p.c. a domande ed eccezioni (di merito) non rilevabili d’ufficio e non
anche a mere difese. A sua volta, il giudice deve esaminare anche d’ufficio chi
siano i titolari nel lato attivo e passivo del rapporto controverso.

11. La differenza tra le mere difese in fatto e le
eccezioni (in senso lato o in senso stretto) di merito (differenza che attiene
al più ampio discorso relativo alle modalità di esercizio del diritto di difesa
da parte del convenuto) è chiara: le prime consistono nella pura e semplice
negazione (se del caso arricchita da un’alternativa ricostruzione della vicenda)
dei fatti costitutivi del diritto azionato dall’attore, mentre le seconde sono
caratterizzate da un nucleo composto dall’allegazione d’un fatto (sempre inteso
nella sua accezione storico-fenomenica) e da una sua particolare
significatività giuridica, vale a dire dalla sua idoneità a impedire,
modificare, o estinguere l’altrui pretesa.

12. Ne consegue anche la differenza in termini di
effetti sul thema probandum (mentre il thema decidendum resta comunque
inalterato a fronte sia di mere difese sia di eccezioni di merito): mentre le
mere difese in fatto non lo estendono, giacché i fatti principali allegati
dall’attore e negati dal convenuto già appartengono al thema probandum in
quanto fatti costitutivi del diritto azionato (e, come tali, rientranti ex art. 2697, comma 1, c.c. nell’onere probatorio
dell’attore, inteso in senso sostanziale), le eccezioni (in senso lato o in
senso stretto) di merito estendono l’originario thema probandum proprio perché
introducono fatti (impeditivi, modificativi o estintivi dell’altrui pretesa,
anche essi – quindi – principali) nuovi rispetto a quelli costitutivi del
diritto azionato già dedotti dall’attore, fatti nuovi il cui onere probatorio
ricade ex art. 2697, comma 2, c.c. su chi li
alleghi (cioè sul convenuto, sempre inteso in senso sostanziale).

13. Tornando al caso che ne occupa, erroneamente la
Corte territoriale ha qualificato come eccezione in senso stretto il dedotto
difetto di titolarità passiva del rapporto giuridico controverso, che invece –
come detto – ha natura di mera difesa con cui il convenuto (F. s.p.a., nella
vicenda in esame) ha semplicemente negato un fatto costitutivo dell’altrui
pretesa, ossia ha negato di essere datore di lavoro del Nocera e, quindi, di
dovere erogare gli assegni per il nucleo familiare.

14. Resta assorbito il secondo motivo del ricorso
principale, in quanto il reddito del coniuge separato è circostanza che rientra
nella sfera di conoscibilità del datore di lavoro, sicché anche al fine di
valutare la sussistenza o meno di un’efficace contestazione in ordine a tale
circostanza da parte di F. s.p.a. rileva l’accertamento preliminare
dell’imputazione del rapporto di lavoro del Nocera.

15. A fondamento del ricorso incidentale l’INPS
deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli
2, commi secondo, sesto, nono e decimo del d.l. 13
marzo 88 n. 69 convertito con modificazioni dalla I. 13 maggio 1988 numero 153, e 211 della legge 19 maggio 1975
n. 151. Sostiene l’istituto che nell’ipotesi di separazione personale dei
coniugi debba considerarsi titolare del diritto all’assegno il coniuge
affidatario dei figli, con la conseguenza che i requisiti reddituali debbano
essere verificati con riferimento al nucleo familiare di detto coniuge
affidatario. Di conseguenza l’assegno non potrebbe essere riconosciuto ove in
capo al coniuge affidatario non si realizzino le condizioni di cui al citato
decimo comma dell’articolo 2 della legge n. 153
del 1988, che prevede che il totale dei redditi da lavoro dipendente o
equiparati – redditi nei quali rientra anche l’assegno di mantenimento
dell’affidatario corrisposto dall’altro coniuge – sia almeno pari al 70% del
reddito complessivo del nucleo familiare.

16. Il ricorso incidentale dell’Inps non è fondato.
Questa Corte ha chiarito nella sentenza del
30/03/2015, n. 6351, cui occorre dare continuità, che l’assegno per il
nucleo familiare, disciplinato dall’art. 2 del d.l. 13 marzo 1988, n.
69, convertito in legge 13 maggio 1988, n. 153
– finalizzato ad assicurare una tutela in favore delle famiglie in stato di
effettivo bisogno economico ed attribuito in modo differenziato in rapporto al
numero dei componenti e al reddito del nucleo familiare, tenendo conto
dell’eventuale esistenza di soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o
mentali (e, quindi, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un
proficuo lavoro) ovvero di minorenni che abbiano difficoltà persistenti a
svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età – ha natura
assistenziale, sicché, ai sensi dei commi 2 e 6 dell’art. 2 cit.,
il reddito rilevante ai fini dell’ammontare dell’assegno è quello del nucleo
familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli, con esclusione del
coniuge legalmente separato, anche se titolare del diritto alla corresponsione,
il cui reddito rileva solo ai fini del diritto all’erogazione della
provvidenza.

17. Il ricorso principale deve quindi essere accolto
in relazione al primo motivo, assorbito il secondo e rigettato il ricorso
incidentale; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto,
con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Reggio Calabria in diversa
composizione.

18. Al giudice di rinvio competerà anche la
regolamentazione delle spese del presente giudizio.

19. Sussistono i presupposti per il versamento, da
parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo del ricorso principale,
assorbito il secondo motivo. Rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolamentazione
delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Reggio
Calabria in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 novembre 2020, n. 24606
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