Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 dicembre 2020, n. 27424
Illegittimità del licenziamento, Reintegrazione nel posto di
lavoro, Mansioni di operaio agricolo specializzato, azienda agraria annessa
all’Istituto scolastico, Rapporto di lavoro funzionale all’esercizio
dell’attività dell’azienda, di natura privatistica, Non sussiste, Rapporti di
lavoro con le amministrazioni, sottratti all’applicazione della disciplina
dell’impiego pubblico contrattualizzato solo sulla base di una norma speciale
di pari rango
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Roma, nella contumacia
dell’Istituto Tecnico Agrario, ha accolto il reclamo proposto ex art. 1, comma 58, della legge n.
92/2012 avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che, all’esito
del giudizio di opposizione, aveva confermato l’ordinanza emessa nella fase
sommaria ed aveva rigettato il ricorso di J.S., volto ad ottenere
l’accertamento dell’inefficacia o dell’illegittimità del licenziamento intimato
il 1° settembre 2014 dal dirigente dell’Istituto Tecnico Agrario Statale G.G. e
la condanna dell’Istituto o del Ministero dell’Istruzione dell’Università e
della Ricerca alla reintegrazione nel posto di lavoro in precedenza occupato ed
al risarcimento del danno, pari alle retribuzioni maturate dalla data del
recesso a quella della riammissione in servizio.
2. La Corte territoriale ha premesso che con
contratto del 2 aprile 1998 il reclamante era stato assunto a tempo
indeterminato per svolgere le mansioni di operaio agricolo specializzato presso
l’azienda agraria annessa all’Istituto e nel contratto era stato precisato che
il rapporto sarebbe stato disciplinato dal C.C.N.L. per i dipendenti delle
aziende agricole.
3. Il giudice d’appello ha escluso che il rapporto
fosse affetto da nullità, perché instaurato senza il necessario rispetto della
normativa che, in ambito scolastico, va osservata quanto al reclutamento del
personale. Ha evidenziato al riguardo che l’azienda agraria annessa all’Istituto
tecnico, seppure strumentale al servizio pubblico espletato dalla scuola, è
gestita sulla base dei criteri di efficacia, efficienza ed economicità
richiamati dall’art. 20 del d.m. n. 44/2001 e quindi i rapporti di lavoro
funzionali all’esercizio dell’attività dell’azienda hanno natura privatistica.
Nella specie, inoltre, le parti con il contratto del 2 aprile 1998 avevano
chiaramente inteso instaurare un rapporto a tempo indeterminato, disciplinato
da contratti collettivi di diritto comune, sicché non poteva l’amministrazione
invocare la disciplina applicabile all’impiego pubblico né risolvere il
rapporto in questione in assenza di atto scritto, di giusta causa o di
giustificato motivo, facendo valere un inesistente termine di scadenza del
contratto.
4. Sulla base di dette argomentazioni la Corte
territoriale, previa dichiarazione di inefficacia del licenziamento, ha accolto
tutte le domande formulate nei confronti dell’Istituto Tecnico Agrario Statale,
condannato anche al pagamento delle spese di lite. Ha, invece, ritenuto che il
Ministero dell’Istruzione fosse estraneo alla controversia.
5. Per la cassazione della sentenza hanno proposto
ricorso il MIUR e l’Istituto Tecnico Agrario sulla base di due motivi, ai quali
J. S.t ha opposto difese con tempestivo controricorso. Entrambe le parti hanno
depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione degli artt. 36
del d.lgs. n. 165/2001 e 97 Cost. e
ribadiscono la tesi, disattesa dalla Corte territoriale, secondo cui il contratto
a tempo indeterminato stipulato in data 1° aprile 1998, in quanto affetto da
nullità per violazione di norme imperative, non poteva produrre alcun effetto
sicché, legittimamente, a partire dal 24 settembre 2010 e fino al 16 maggio
2014, erano stati stipulati contratti a termine. Nessun licenziamento era stato
intimato il 1° settembre 2014, perché il dirigente scolastico si era limitato a
far valere la scadenza del termine apposto all’ultimo contratto, una volta
venute meno le condizioni per il rinnovo.
2. La seconda censura, formulata sempre ai sensi
dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., addebita
alla sentenza impugnata la violazione dell’art. 20 del d.m. n. 44/2001 perché
l’azienda agricola non costituisce un soggetto giuridico distinto
dall’Istituto, ma solo un compendio di beni organizzati facenti capi
all’Istituto stesso e l’autonomia è limitata al piano contabile ed
amministrativo, con la conseguenza che i rapporti instaurati al fine di
consentire il funzionamento dell’azienda non possono avere natura privatistica.
3. L’eccezione di tardività del ricorso, formulata
nel controricorso e illustrata nella memoria ex art.
378 cod. proc. civ., va accolta solo limitatamente al Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca.
Risulta, infatti, dagli atti che in data 12 giugno
2017 la cancelleria della Corte d’Appello di Roma ha comunicato alle parti
costituite l’avvenuto deposito della sentenza, allegando al messaggio i «
documenti che nel registro di cancelleria sono associati a deposito sentenza
pubblicazione». Dall’attestazione si desume, quindi, che del provvedimento qui
impugnato è stata data comunicazione integrale all’Avvocatura Generale dello
Stato, costituitasi nel giudizio di reclamo in rappresentanza del M.I.U.R..
Questa Corte da tempo ha affermato che il termine di
sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, di cui all’art. 1, comma 62, della legge n.
92/2012, decorre dalla comunicazione del provvedimento, poiché la regola
dettata dalla disposizione, in ragione della specialità del rito, prevale sulla
disciplina generale dettata dall’art. 133, comma 2,
cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 45, comma 1, lett. b) del d.l.
n. 90/2014, nella parte in cui precisa che «la comunicazione non è idonea a
far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325» ( Cass. n. 19177/2016 e Cass. n.
32263/2019).
Sulla scorta del richiamato principio, condiviso dal
Collegio e qui ribadito, risulta evidente la tardività del ricorso proposto dal
Ministero dell’Istruzione il 20 novembre 2017, quando già era ampiamente
decorso il termine di sessanta giorni previsto dalla disposizione sopra
richiamata, decorrente dalla comunicazione del 12 giugno 2017.
A detta assorbente ragione si deve aggiungere che il
ricorso del Ministero, anche qualora tempestivamente proposto, sarebbe stato
comunque inammissibile per totale carenza di interesse all’impugnazione,
giacché, come si è evidenziato nello storico di lite, la Corte territoriale ha
accolto la domanda nei soli confronti dell’Istituto Agrario ed ha rilevato l’estraneità
del Ministero al rapporto controverso.
4. L’eccezione di tardività, invece, non può essere
accolta quanto all’Istituto Tecnico Agrario Statale.
Occorre premettere che già prima dell’entrata in
vigore della legge n. 59/1997 e del regolamento
approvato con d.P.R. n. 275/1999, con i quali è stata attuata l’autonomia delle
istituzioni scolastiche, il legislatore aveva attribuito agli istituti tecnici
e professionali la soggettività giuridica ed il potere di assumere autonomamente
obbligazioni.
L’art. 3 della legge n. 889/1931 ( abrogato dall’art. 2, comma 1, del d.l. n. 200/2008
e successivamente ripristinato dall’art.1,
comma 2, del d.lgs. n. 179/2009) prevede, infatti, il riconoscimento degli
istituti tecnici agrari, industriali e commerciali ( art. 6) come «enti dotati
di personalità giuridica e di autonomia nel loro funzionamento» «sottoposti
alla vigilanza del ministero dell’educazione nazionale» ( art. 3 comma 2).
4.1. Nell’interpretare le disposizioni normative
sopra richiamate questa Corte da tempo (Cass. n. 10982/1996 e Cass. n.
18281/2010) ha affermato che l’attribuzione agli istituti tecnici della
personalità giuridica ne assicura la distinzione soggettiva rispetto
all’amministrazione centrale della pubblica istruzione, con la quale, peraltro,
gli istituti stessi condividono gli interessi generali perseguiti, svolgendo
una funzione di carattere strumentale.
Si è, quindi, ricondotto il conferimento
dell’autonoma soggettività alla figura dell’organo – ente, che ricorre
allorquando all’organo di una persona giuridica viene a sua volta attribuita la
personalità, e se ne è tratta la conseguenza che, rispetto allo Stato, l’ente
mantiene la sua natura di organo, inserito nella medesima organizzazione sulla
base della inerenza allo Stato dei fini a cui quest’ultimo è preordinato;
rispetto ai terzi, invece, opera il connotato della personalità giuridica, che
consente all’organo-ente di poter gestire autonomamente il proprio patrimonio,
entrando in rapporti diretti con i terzi, nei confronti dei quali ha la
capacità di assumere direttamente diritti ed obblighi.
4.2. Quanto alla rappresentanza processuale, è stato
affermato, sviluppando i richiamati principi, che, salve specifiche fattispecie
derogatorie, gli istituti tecnici sono tenuti ad avvalersi della difesa
dell’Avvocatura dello Stato, perché gli stessi rientrano nella previsione degli
artt. 1 e 11 del r.d. n. 1611/1933 (Cass. n. 16560/2004), e questa
ricostruzione trova conforto nell’art. 14 del d.P.R. n. 275/1999 che, nel testo
modificato dal d.P.R. n. 352/2001, al comma 7 bis ha previsto che «
L’Avvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei
giudizi attivi e passivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrali e
le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche
cui è stata attribuita l’autonomia e la personalità giuridica a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo
1997, n. 59».
4.3. Dalle premesse poste discende che deve essere
esclusa l’eccepita tardività del ricorso per cassazione dell’Istituto Tecnico
Agrario, perché né la comunicazione della sentenza né la notifica della stessa
al dirigente scolastico pro tempore possono essere ritenute idonee a far
decorrere il termine breve.
Si è già detto che nel giudizio di reclamo si era
costituito il solo Ministero e, pertanto, la comunicazione, che la cancelleria
era tenuta ad effettuare alle “parti costituite” ( art. 133, comma 2 cod. proc. civ.), non può
spiegare effetti anche nei confronti dell’ente, dotato di un’autonoma
soggettività, che in quel giudizio era rimasto contumace.
Il controricorrente, inoltre, non può utilmente
invocare l’art. 170, comma 2, cod. proc. civ.,
perché il principio secondo cui nei giudizi con pluralità di parti, ai fini
della validità delle notificazioni e delle comunicazioni, è sufficiente la
consegna di un’unica copia dell’atto, opera allorquando il medesimo procuratore
assista più parti costituite. Il principio, quindi, non può trovare
applicazione qualora, come nella fattispecie, l’Avvocatura, seppure istituzionalmente
tenuta ad assumere la difesa dello Stato e dei suoi organi, si sia costituita
nell’interesse solo di uno dei soggetti evocati in giudizio.
4.4. La notificazione della sentenza alla parte
rimasta contumace è stata effettuata il 21 agosto 2017 presso la sede legale
dello stesso Istituto e, pertanto, non è idonea a far decorrere il termine
breve, giacché nei casi di patrocinio obbligatorio, quale è quello che viene
qui in rilievo, si applica il regime speciale delle notifiche degli atti
giudiziari di cui all’art. 11, comma 2, del r.d. n. 1611/1933, che non subisce
deroghe nell’ipotesi di contumacia dell’amministrazione, in quanto la
domiciliazione è prevista dalla legge e spiega efficacia indipendentemente
dalla scelta discrezionale dell’ente di costituirsi o meno in giudizio (Cass.
n. 15415/2017 e Cass. n. 7315/2004).
Non trovano applicazione nella fattispecie i
principi invocati dalla difesa del controricorrente nella memoria depositata ex
art. 378 cod. proc. civ., perché, da un lato,
la disposizione dettata dall’art.
23, comma 4, della legge n. 689/1981 ed ora dall’art. 6, comma 9, del d.lgs. n.
150/2011, ha carattere eccezionale e si applica ai soli giudizi di
opposizione (Cass. S.U. n. 752/2007); dall’altro i poteri che al funzionario
conferisce l’art. 417 bis cod. proc. civ.
restano circoscritti al solo giudizio di primo grado (Cass. 5853/2017 e Cass. n. 4690/2008) e pertanto allo stesso non
può essere utilmente notificata la sentenza che abbia definito il giudizio
d’appello, qualora in sede di impugnazione l’amministrazione sia rimasta
contumace.
Ne discende che il ricorso proposto dall’Istituto
Tecnico Agrario con atto notificato il 20 novembre 2017 è tempestivo, poiché la
notificazione è intervenuta prima che spirasse il termine previsto dall’art. 327 cod. proc.civ., al quale rinvia l’art. 1, comma 64, della legge n.
92/2012.
5. I motivi di ricorso, da trattare unitariamente in
ragione della loro connessione logicogiuridica, sono fondati.
Occorre muovere dalla premessa che, all’esito della
contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico, le amministrazioni
indicate nell’art. 1 del d.lgs.
n. 29/1993, poi trasfuso nell’art. 1 del d.lgs. n. 165/2001,
sono tenute a rispettare, quanto al reclutamento del personale ed alla
disciplina del rapporto, le disposizioni dettate dai decreti succedutisi nel
tempo (d.lgs. n. 93/1993, d.lgs. n. 80/1998, d.lgs. n. 165/2001 e successive modifiche ed
integrazioni), che costituiscono principi fondamentali ex art. 117 Cost. e, per il loro carattere imperativo
ed inderogabile, impediscono al datore di lavoro pubblico di instaurare
rapporti al di fuori delle regole fissate dagli stessi decreti.
I rapporti di lavoro con le amministrazioni indicate
nel richiamato art. 1, nelle quali il legislatore ha espressamente incluso «gli
istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative»,
possono essere sottratti all’applicazione della disciplina dell’impiego
pubblico contrattualizzato solo sulla base di una norma speciale di pari rango
che espressamente escluda l’applicabilità oppure qualora si sia in presenza di
rapporti anomali, estranei alle finalità istituzionali perseguite dall’ente
pubblico e, pertanto, del tutto eccezionali e marginali ( Cass. n. 14809/2007 e
Cass. n. 29897/2019).
5.1. I richiamati principi, che devono essere qui
ribaditi, portano ad escludere che possano essere assoggettati alla disciplina
privatistica i rapporti instaurati dagli istituti tecnici con i dipendenti
delle aziende annesse, con finalità didattiche, agli stessi istituti.
E’ necessario premettere che dette aziende non hanno
una loro autonoma soggettività, perché quest’ultima postula che si sia in
presenza di una organizzazione distinta, separata dalla struttura pubblicistica
e dotata di autonomia non solo contabile ma anche gestionale, finanziaria e
patrimoniale.
Da tempo, infatti, le Sezioni Unite di questa Corte
hanno affermato, e l’orientamento si deve ritenere ancora attuale, che
«l’attività imprenditoriale svolta da un ente pubblico non economico conserva,
a prescindere dalla sussistenza, o meno, di finalità speculative, la natura
pubblicistica quando si svolge nell’ambito dell’organizzazione tipica e
fondamentale dell’ente con gli strumenti propri dell’azione amministrativa,
mentre acquista natura privatistica solo nel caso in cui l’ente, per il suo
esercizio, si avvalga di un’organizzazione distinta e separata dalla struttura
pubblicistica, dotata di autonomia gestionale, finanziaria, contabile e
patrimoniale» ( Cass. S.U. n. 315/1997; Cass. S.U. n. 11626/2002; Cass. n.
517/2004 e la giurisprudenza ivi richiamata).
5.2. Detta autonomia è da escludere per le aziende
annesse agli istituti tecnici, la cui gestione, seppure condotta «secondo
criteri di rendimento economico, di efficacia, efficienza e di economicità»
(art. 20, comma 2, del d.M. n. 44/2001) è comunque riferibile all’istituzione
scolastica e «costituisce una specifica attività del programma annuale» ( art.
20, comma 1), in quanto si correla all’insegnamento delle tecniche di gestione
aziendale e di contabilità agraria.
La direzione dell’azienda è attribuita al dirigente
scolastico e il potere di deliberare la chiusura della stessa, in caso di
perdite irreversibili, è riservata al consiglio di istituto (art. 20, commi 4 e
8), sicché l’autonomia, che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto
sussistente e valorizzato, opera solo sul piano contabile, attraverso la
previsione di una gestione economica separata.
E’ significativo che il d.M. n. 129/2018, con il
quale è stato adottato un nuovo regolamento sulla gestione amministrativo
contabile delle istituzione scolastiche, abbia precisato, all’art. 25 comma 1,
che «alle istituzioni scolastiche possono essere annesse aziende agrarie o
speciali prive di autonomia e personalità giuridica propria con finalità didattiche
e formative perseguite mediante attività pratiche e dimostrative». La
disposizione, seppure non applicabile alla fattispecie ratione temporis,
elimina ogni incertezza quanto ai limiti dell’autonomia attribuita alle aziende
agrarie perché esplicita un precetto già desumibile dal quadro normativo
previgente, che le Sezioni Unite di questa Corte, da tempo risalente, avevano
interpretato in termini difformi rispetto a quelli sollecitati dal
controricorrente ritenendo che « deve qualificarsi come rapporto di pubblico
impiego, come tale devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, quello che si instaura con un dipendente dell’azienda di ente
pubblico non economico (nella specie, azienda agraria e tabacchificio annessi
all’istituto tecnico agrario statale), qualora l’azienda medesima presenti
un’autonomia meramente contabile, faccia capo agli stessi organi direttivi
dell’ente, e si inserisca nell’ambito della sua complessiva struttura, quale
strumento diretto ed indispensabile per il perseguimento delle finalità
pubblicistiche istituzionali dell’ente medesimo (nella specie, insegnamento
delle tecniche agrarie)» (Cass. S.U. n. 4828/1978).
5.3. D’altro canto la qualificazione del rapporto in
termini di impiego pubblico era già affermata con chiarezza dalla legge n.
889/1931 che, dopo aver previsto al comma 3 dell’art. 2 che «Le scuole
tecniche, le scuole professionali femminili, le scuole di magistero
professionale per la donna e i corsi superiori degli istituti tecnici debbono
avere a piena disposizione aziende, officine, laboratori di esercitazione
pratica, in relazione ai fini propri di ciascun istituto», all’art. 41, comma
1, prevedeva che «all’addestramento degli alunni al lavoro nelle aziende, nelle
officine e nei laboratori ed alla tenuta dei gabinetti provvede il personale
tecnico (assistenti, tecnici agrari, capi officina, sottocapi officina, maestre
di laboratori femminili, sottomaestre di laboratori femminili) Ad esso, quando
non sia fornito per legge da enti locali, si applicano tutte le disposizioni
relative agli impiegati civili dello Stato».
5.4. Con la contrattualizzazione dell’impiego
pubblico gli addetti alla gestione delle aziende agrarie sono stati inseriti
nel personale tecnico della scuola ed il CCNL di comparto per il quadriennio
1994/1997 ( art. 51) ha ricondotto al IV livello – collaboratore scolastico
tecnico – il profilo dell’addetto alle aziende agrarie che «esegue attività di
supporto alle professionalità specifiche dell’azienda agraria, compiendo nel
settore agrario, forestale e zootecnico, operazioni semplici caratterizzate da
procedure ben definite. In particolare, può essere addetto: o alla preparazione
materiale del terreno, alla semina e trapianto delle colture, alla raccolta dei
prodotti; o al supporto materiale connesso e conseguente alle analisi di
laboratorio e alla movimentazione di apparecchiature, macchine e strumenti in
dotazione».
5.5. Sul piano normativo, poi, il legislatore, nel
dettare con il d.lgs. n. 297/1994 il T.U. delle
disposizioni vigenti in tema di istruzione relative alle scuole di ogni ordine
e grado, ha previsto all’art.
191, comma 7, che «Agli istituti e scuole di istruzione secondaria
superiore sono annessi, a seconda delle rispettive finalità ed indirizzi,
gabinetti scientifici, laboratori, officine, reparti di lavorazione ed aziende
».
5.5. Il controricorrente, quindi, non può utilmente
invocare, per sostenere la natura privatistica del rapporto, il principio
affermato da Cass. n. 14809/2007, poi ripreso da Cass.
n. 29897/2019, perché in quel caso veniva in rilievo un’attività
assolutamente eccentrica rispetto alle finalità istituzionali dell’ente
pubblico, a differenza di ciò che accade nell’azienda agricola annessa
all’istituzione scolastica, la cui gestione è finalizzata alla formazione degli
alunni, perché consente l’apprendimento pratico, ed è strettamente correlata ai
programmi didattici annuali.
6. Ne discende che non poteva la Corte d’appello
ritenere valido ed efficace il contratto di lavoro a tempo indeterminato
stipulato il 10 aprile 1998 dall’Istituto Tecnico Agrario senza il necessario
rispetto della disciplina dettata dal d.lgs. n.
297/1994 ( art. 594) e
dalle ordinanze ministeriali alle quali il decreto rinvia né, tantomeno, era
consentito al dirigente scolastico qualificare il rapporto di diritto privato.
E’ ormai consolidato nella giurisprudenza di questa
Corte il principio secondo cui nell’impiego pubblico contrattualizzato, poiché
alla stipula del contratto si può pervenire solo a seguito del corretto
espletamento delle procedure concorsuali previste dall’art. 35, comma 1, lett. a, del
d.lgs. n. 165 del 2001, o per le qualifiche meno elevate nel rispetto delle
modalità di avviamento di cui al combinato disposto di cui al richiamato art. 35, comma 1, lett. b,
e dell’art. 23 del d.P.R. n. 487
del 1994, la mancanza o la illegittimità delle richiamate procedure si
traduce in un vizio genetico del contratto, affetto pertanto da nullità, che
l’amministrazione, in quanto tenuta a conformare il proprio operato alle norme
inderogabili di legge, può unilateralmente far valere perché anche nei rapporti
di diritto privato il contraente può rifiutare l’esecuzione del contratto nei
caso in cui il vizio renda il negozio assolutamente improduttivo di effetti
giuridici ( cfr. fra le tante Cass. n. 11951/2019, Cass.
n. 20416/2019, Cass. n. 30992/2019).
Ha, quindi, errato la Corte territoriale nel
ritenere che fra le parti, già a partire dall’anno 1998, si fosse validamente
instaurato un rapporto a tempo indeterminato soggetto alla disciplina
privatistica, riformando, di conseguenza, la decisione del Tribunale che,
invece, seguendo un percorso argomentativo rispondente ai principi sopra
richiamati, aveva correttamente rigettato la domanda del S. sul presupposto che
il primo contratto, quello a tempo indeterminato, fosse affetto da un vizio
genetico, e che il titolo della prestazione dovesse essere individuato nei
successivi contratti a tempo determinato, destinati, in quanto tali, a produrre
effetti solo sino alla data di scadenza.
7. In via conclusiva il ricorso proposto
dall’Istituto Tecnico Agrario deve essere accolto, con conseguente cassazione
della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto
la causa va decisa nel merito, ex art. 384, comma
2, cod. proc. civ., con il rigetto di tutte le domande proposte da J.S..
La novità delle questioni giuridiche trattate nonché
l’esito alterno dei gradi del giudizio di merito giustificano l’integrale
compensazione fra le parti delle spese dell’intero processo.
Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del
2002 perché quanto all’Istituto Agrario il ricorso ha trovato accoglimento
e quanto al Ministero la norma non può trovare applicazione trattandosi di
Amministrazione dello Stato istituzionalmente esonerata, mediante il meccanismo
della prenotazione a debito, dal materiale versamento del contributo (Cass.
S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P.Q.M.
accoglie il ricorso dell’Istituto Tecnico Agrario e
dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Istruzione dell’Università
e della Ricerca. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e
decidendo nel merito rigetta le originarie domande. Compensa integralmente fra
le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e del presente
giudizio di legittimità.