Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 novembre 2020, n. 27344
Inquadramento superiore, Differenze retributive, Piena
responsabilità del servizio, Comparazione soggettiva con altro dipendente che
abbia svolto le medesime mansioni
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del
18.2.2015, respingeva il gravame proposto dalla s.p.a. T. avverso la decisione
del Tribunale partenopeo, che, in accoglimento della domanda proposta da E.D.,
aveva dichiarato il diritto della predetta ad essere inquadrata nell’area V –
Quadri – categoria 8° del ccnl dell’1.1.1990, attuale posizione Quadri,
parametro B, profilo Professional del ccnl delle attività ferroviarie del
16.4.2003 a far data dal 4.9.2001, ed aveva condannato la società al pagamento
delle differenze retributive con decorrenza dall’1.9.2002;
2. la Corte distrettuale, premessa la descrizione
dei tratti distintivi del livello D1 Tecnico specializzato di inquadramento
della D., con i relativi profili professionali, rispetto a quelli della declaratoria
contrattuale dei Quadri di 8° categoria, caratterizzata, secondo il giudice del
gravame, da facoltà di rappresentanza, funzioni di sovraintendenza e di
coordinamento di altri lavoratori, qualità assenti nelle attività svolte dallo
specialista tecnico commerciale, riteneva che l’attività svolta dalla D., quale
emersa da risultanze documentali (in particolare nota del 26.11.2004) e dalla
prova orale, era congruente con la declaratoria del superiore livello di
inquadramento rivendicato;
3. in particolare, era emerso che la predetta aveva
provveduto ad istruire le pratiche inerenti alle condotte dei dipendenti
passibili di rilievi disciplinari e che la stessa era stata la referente delle
segnalazioni da parte dei capi impianto, deputata all’espletamento del relativo
iter procedurale, con svolgimento di funzioni di rappresentanza in sede di
Collegio arbitrale e ruolo di raccordo tra il personale e la Dirigenza,
elementi tutti che integravano i caratteri qualificanti dell’attività
corrispondente a quella di Quadro di 8° categoria;
4. di tale decisione domanda la cassazione la s.p.a.
T., affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso,
la D..
Considerato che
1. con il primo motivo, si denunzia violazione e
falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., nonché
delle previsioni contrattuali dell’art.
21 e dell’allegato 4 del
c.c.n.I. dell’Ente Ferrovie dello Stato del 18.7.1990, così come integrato
dall’accordo attuativo del 26.7.1991, e dell’art. 21 del c.c.n.I. del 16.4.2003
per i lavoratori addetti al settore delle attività ferroviarie, concernenti le
declaratorie relative: all’Area IV, Tecnici Qualificati, (Allegato 4, CCNL 18.7.1990); al
profilo di Capo gestione Superiore (Allegato 4, accordo attuativo del
26.7.1991)-; al livello D, Tecnici Specializzati (art. 21 del CCNL del 16.4.2003);
al profilo di Specialista Tecnico Commerciale (art. 21 lett. b) del CCNL del
16.4.2003); all’area Quadri (art.
101 del ccnl 18.7.1990, così come modificato dall’art. 6 del ccnl
18.11.1994); all’ 8° categoria ed al profilo di Capo Gestione Sovrintendente
(allegato 4, accordo del 26.7.1991), al livello B Quadri (art. 21 ccnl del 16.4.2003; alla
figura di Professional (Art. 21
lett. b) CCNL del 2003), anche in relazione agli artt.
1362 e ss. c.c., dolendosi la società ricorrente del fatto che la Corte
distrettuale abbia erroneamente enucleato ed individuato i tratti professionali
caratteristici dell’Area Quadri, 8° categoria, rivendicata ex adverso, ritenuti
necessari per potere legittimamente rivendicare l’inquadramento nell’Area
Quadri;
1.1. ciò in quanto è stato ritenuto che i requisiti
professionali richiesti risiederebbero nella titolarità di una posizione
organizzativa di maggior rilievo, nella facoltà di rappresentanza, nelle
funzioni di sovrintendenza e di coordinamento di altri lavoratori, laddove, con
riferimento alle declaratorie dei diversi c.c.n.I. susseguitisi ed applicabili
ratione temporis in relazione a tutto il periodo di riferimento, rispetto ai
compiti previsti per lo specialista tecnico/amministrativo, per l’inquadramento
professionale rivendicato sono privilegiati requisiti di alta professionalità,
facoltà di iniziativa e discrezionalità, nei limiti delle sole direttive
generali e l’assunzione di una responsabilità dei risultati”;
1.2. si osserva che nella specie era carente il
richiamo da parte della Corte distrettuale alla piena responsabilità del
servizio ed all’elevato grado di autonomia decisionale astretto nei soli limiti
delle “direttive generali”, sicché il procedimento sussuntivo doveva
ritenersi viziato;
2. con il secondo motivo, la società lamenta
violazione e falsa applicazione degli artt. 115,
116 cpc, 2103 c.c.,
nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto
di discussione tra le parti, avendo la Corte d’appello omesso di esaminare la
circostanza secondo cui la D. non ha mai usufruito del livello di autonomia
proprio dell’Area professionale rivendicata (nei soli limiti delle direttive
generali), né ha mai assunto la responsabilità dei risultati;
2.1. ciò, secondo la ricorrente, è rilevabile
dall’assegnazione delle responsabilità inerenti all’attività di disciplina e
del procedimento disciplinare ai Responsabili del Polo Gestionale, che di volta
in volta erano assegnati ad interim al reparto disciplina nelle persone di
dipendenti via via succedutisi ed, in ultima istanza, al dirigente di
struttura, dott. C.;
2.2. assume che la D., che svolgeva una attività di
supporto e collaborazione nella fase di istruzione dei procedimenti
disciplinari secondo le direttive ed istruzioni impartitele dai responsabili
del medesimo reparto, non era stata titolare di alcun potere decisionale,
essendo il dirigente C. a deliberare ed essendo le conseguenti responsabilità
di risultato in relazione all’attività di disciplina cui era addetta la stessa
di esclusiva competenza dei responsabili del Polo Gestionale avvicendatisi nel
periodo per cui è causa nella gestione delle attività di disciplina,
responsabili del Polo, cui la D. era gerarchicamente subordinata;
3. con il terzo motivo, la s.p.a. T. si duole della
violazione e falsa applicazione degli artt. 2103
e 2697 c.c., nonché delle previsioni
contrattuali riportate nel primo motivo, sotto il profilo della prova
incompleta fornita dalla D. ai fini voluti, non avendo la stessa provato di
avere espletato le mansioni di sovrintendenza, coordinamento e controllo del lavoro
altrui, ritenute dalla stessa Corte distrettuale rilevanti ma pacificamente mai
espletate dalla predetta;
3.1. osserva che in tal modo la Corte del merito
abbia fatto cattivo governo dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio,
riconoscendo il diritto all’attribuzione del superiore inquadramento reclamato
nonostante la mancata prova dei requisiti costitutivi dell’asserito diritto
rivendicato;
4. con il quarto motivo, è dedotta violazione e
falsa applicazione dell’art. 2103 c.c,
rilevando la ricorrente che nessun rilievo possa attribuirsi ad altri elementi
nell’ambito del procedimento teso al riconoscimento del superiore inquadramento
e, nello specifico, alla comparazione soggettiva con altro dipendente che si
assume abbia svolto le medesime mansioni del dipendente che rivendichi tale
inquadramento migliorativo, non potendo né l’art.
36 Cost, né l’art. 41 Cost. integrare
precetti idonei a fondare un principio di comparazione soggettiva, in base al
quale ai lavoratori dipendenti che svolgano identiche mansioni debba
attribuirsi la stessa retribuzione o il medesimo inquadramento (cfr. Cass. 2.12.2003 n. 18418);
4.1. la società ricorrente evidenzia che nel caso
all’esame è stata valorizzata la circostanza che la D. abbia svolto le stesse
mansioni del L. e sostiene che la Corte abbia deviato in base a ciò dal
procedimento logico giuridico sotteso alla valutazione degli elementi che
giustificano l’attribuzione o meno del superiore inquadramento;
5. l’ultimo motivo ascrive alla decisione impugnata
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362
c.c. e ss. art 116 c.p.c., con riferimento
alla nota del 26.11.2004, a firma del dott. G. C., prodotta al n. 2 del
fascicolo di primo grado della D., ed omesso esame circa un fatto decisivo, sul
rilievo che la circostanza che il C. avesse proposto la D. come potenziale aspirante
ad assumere la responsabilità delle attività della disciplina è stata intesa in
modo erroneo secondo i criteri ermeneutici di legge, poiché era inequivoco il
tenore letterale della nota, avuto riguardo anche alla volontà sostanziale
nella stessa espressa, di affidamento alla D. della responsabilità della
disciplina attribuita ad interim ai responsabili del Polo Gestionale, ai quali
soltanto poteva e doveva essere riconosciuta l’autonomia decisionale connessa a
tali attività e la responsabilità dei risultati, essendosi la D. occupata delle
attività suddette senza assumere la responsabilità di risultati e l’autonomia
decisionale, che facevano capo a dipendenti a lei gerarchicamente
sovraordinati;
5.1. si sostiene che la dichiarazione di cui alla
nota suddetta sia priva di ogni valenza qualificatoria in ordine alle mansioni
disimpegnate dalla D. e che dalla lettura del documento si evinca che lo stesso
non possegga il minimo valore probatorio rispetto al contenuto dell’attività
lavorativa espletata dalla predetta, non valendo a dimostrare lo svolgimento
delle funzioni di responsabile del settore disciplina, che, come detto, ad
interim era stata affidata ai responsabili del Polo gestionale, cui era da
riconoscere le richieste autonomia decisionale e responsabilità dei risultati;
5.2. si aggiunge che il valore di mera proposta
della nota in questione era comprovato dalle risultanze testimoniali, che
avevano escluso lo svolgimento dei compiti assunti dalla D. con la pienezza
dell’autonomia decisionale, e si richiamano comunicazioni a firma del C. che
avevano confortato tale interpretazione;
6. con riguardo al primo motivo, va premesso che,
quando è denunziata, con ricorso in cassazione, la violazione di norme del
contratto collettivo, la deduzione della violazione deve essere accompagnata
dalla trascrizione integrale delle clausole, al fine di consentire alla Corte
di individuare la ricorrenza dell’errore denunziato (cfr. Cass. nr. 25728 del 2013; Cass. nr. 2560 del
2007; Cass. nr. 24461 del 2005) nonché dal
deposito integrale della copia del contratto collettivo o dalla indicazione
della sede processuale in cui detto testo è rinvenibile (cfr. Cass., sez. un.,
nr. 25038 del 2013 e, da ultimo, in relazione a tutti gli oneri menzionati,
Cass. 31679/2019, Cass. 28893/2019, Cass. 8222/2019, Cass. 33310/2018);
6.1. nel caso all’esame, le disposizioni
contrattualcollettive di cui si assume la violazione sono idoneamente riportate
in ricorso, e si indica, altresì, il relativo testo come depositato sia in
allegato al subfascicolo relativo al giudizio di legittimità, sia come già
prodotto nel fascicolo di primo grado, sicché deve ritenersi consentito alla
Corte I’ esame del suo effettivo ed integrale tenore e ciò con riguardo alle
norme che identificano i tratti distintivi delle categorie e livelli da porre a
confronto nell’ambito del procedimento sussuntivo svolto dal giudice del
gravame;
6.2. la denuncia di violazione o di falsa
applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., come
modificato dall’art. 2 del d.lgs. 2
febbraio 2006 n.40, è parificata sul piano processuale a quella delle norme
di diritto, sicché anch’essa comporta, in sede di legittimità,
l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di
ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. cod. civ.)
come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di
commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione, senza più
necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica
indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti,
né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti
come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche
od insufficienti (cfr. Cass. 6335 del 19.3.2014,
Cass. 18946/2014, Cass.
21888/2016, Cass. 17244/2015);
6.3. relativamente alle declaratorie contrattuali
relative alla IV Area (tecnici qualificati) nell’ambito del CCNL 90-92, i tratti caratterizzanti la posizione di
provenienza della lavoratrice erano quelli riferiti ai “dipendenti i quali
svolgono, con iniziativa ed autonomia operativa mansioni tecniche,
amministrative o contabili per le quali è richiesta specifica conoscenza
teorica/pratica e che implicano funzioni di coordinamento e controllo
operativo”;
6.4. nella successiva corrispondente qualificazione
compiuta dal CCNL del 16.4.2003,
l’inquadramento del lavoratore è effettuato sulla base delle declaratorie
generali per ciascun livello professionale e delle caratteristiche
complementari individuate per ciascuna figura professionale;
6.5. in base alla corrispondente declaratoria, al
Livello D – Tecnici Specializzati – appartengono “i lavoratori che
espletano, con margini di autonomia e discrezionalità nell’ambito di procedure
e istruzioni ricevute, attività richiedenti un elevato livello di conoscenza
nonché professionalità e competenze tecniche, specialistiche, commerciali e/o
gestionali o che hanno un contenuto professionale di maggior rilievo,
finalizzate alla realizzazione di processi produttivi, anche attraverso
l’addestramento al lavoro, il controllo delle attività e dei processi
produttivi ed il coordinamento di personale di livello pari o inferiore;
6.6. rientrano in questo livello i lavoratori che,
in possesso delle prescritte abilitazioni e sulla base delle competenze
acquisite attraverso una specifica formazione o esperienza professionale
maturata anche nei livelli inferiori, nell’ambito dei rispettivi settori di
attività concorrono alla realizzazione dei processi produttivi anche attraverso
il coordinamento ed il controllo dei processi e delle attività di personale di
livello pari o inferiore”; Tecnici Specializzati
Amministrativi/Commerciali sono definiti coloro che, “in possesso della
necessaria preparazione professionale ed anche utilizzando specifiche
tecnologie, svolgono attività amministrative, contabili, finanziarie, di
gestione, commerciali, di analisi, di programmazione, di collaudo e verifica,
richiedenti conoscenze professionali e/o specialistiche in virtù delle relative
specializzazioni …”;
6.7. quanto all’Area V Quadri – con riguardo alla contrattazione collettiva del 90/92, con le
integrazioni di cui all’accordo attuativo del 26.7.1991 e relativamente all’8°
categoria, era fatto riferimento ai “titolari di posizioni organizzative o
funzionali che hanno un ruolo di raccordo tra la struttura dirigenziale ed il
restante personale” e allo svolgimento di “attività che implicano
facoltà di rappresentanza e funzioni di sovraintendenza, responsabilità,
coordinamento, controllo, vigilanza e gestione delle risorse, nonché attività
di ricerca, studio, progettazione e consulenza richiedenti specifica
preparazione professionale o rilevanti contenuti specialistici, anche con
preposizioni ad impianti o unità organizzative di rilievo”, con la
precisazione che “lo svolgimento delle suddette attività avviene in un ambito
di autonomia decisionale, nei limiti delle direttive generali, al fine di
concorrere all’attuazione dei programmi, indirizzi ed obiettivi fissati
dall’Ente, con diretta responsabilità dei risultati”;
6.8. il c.c.n.I.
16.4.2003 Livello B – Quadri contempla nella relativa declaratoria “i
lavoratori che, ai sensi della legge 13.5.1985, n.
190, svolgono, con autonomia decisionale, facoltà di iniziativa e
discrezionalità nell’attuazione delle direttive aziendali, attività che
richiedono alta professionalità, competenze ed esperienze per la gestione ed il
coordinamento organizzativo e funzionale di specifici ambiti amministrativi,
commerciali e tecnici, nonché i lavoratori in possesso di alta professionalità
che sulla base di specifici indirizzi realizzano, nell’ambito della loro
attività, studi, progettazione, pianificazione ed attuazione operativa, per il
conseguimento degli obiettivi aziendali”; con riguardo ai profili
professionali, alla lett b) Professional, è prevista la posizione dei
lavoratori che, “sulla base di direttive aziendali e con la necessaria
conoscenza ed esperienza in uno dei seguenti settori aziendali: manutenzione,
circolazione, condotta, servizi di bordo, marketing, assistenza alla clientela,
vendita, approvvigionamenti, logistica, amministrazione e contabilità,
tecnico-amministrativo, finanza, pianificazione e controllo, personale e
organizzazione, nel loro campo di attività realizzano studi di ricerca, di
progettazione o di pianificazione operativa finalizzati al conseguimento degli
obiettivi aziendali, anche attraverso l’utilizzo di sistemi e metodologie
innovativi, nonché i lavoratori che curano la supervisione o concorrono
all’attuazione operativa dei programmi aziendali e dei processi produttivi,
anche con funzioni di coordinamento nell’ambito di strutture operative
complesse o esercitando funzioni di rappresentanza”;
6.9. la Corte distrettuale ha rilevato a livello
intepretativo che il tratto distintivo della categoria di quadro rispetto a
quella di “specialista tecnico commerciale” fosse costituito dalla
titolarità di una posizione organizzativa di maggior rilevo e dallo svolgimento
di funzioni con facoltà di rappresentanza .funzioni di sovraintendenza e di
coordinamento di altri lavoratori, ciò che esulava dall’attività propria della
qualifica di provenienza della D.;
6.10. la interpretazione delle norme contrattuali
del 90/92, con le integrazioni di cui all’accordo
attuativo del 26.7.1991 e con le modifiche apportate, in relazione all’Area
Quadri, dal CCNL 18.11.1994, art. 6, e dalla contrattazione successiva del 16.4.2003, è coerente con quanto evincibile
dall’esame diretto delle stesse, essendo idonea a connotare il grado di
autonomia e discrezionalità proprio dell’8° categoria dell’Area Quadri
rivendicata, e del livello B della successiva contrattazione, la gestione di
funzioni con facoltà di rappresentanza con responsabilità dei risultati
relativi all’ attività svolta;
6.11. la funzione di responsabile del procedimento
disciplinare, quale quella facente capo alla D., di fatto divenuta la referente
esclusiva del Reparto della Disicplina, risultato scoperto ed affidato solo
formalmente ad interim al Responsabile del Polo Gestionale, rende ragione della
validità del procedimento sussuntivo effettuato dal Giudice del gravame alla
stregua delle emergenze istruttorie;
6.12. ed invero, non può ritenersi dirimente ai fini
voluti la valorizzazione dell’ampiezza dell’autonomia decisionale quale intesa
dalla ricorrente, posto che il ruolo di raccordo nell’ambito della specifica
funzione con la Dirigenza risulta integrato anche ove l’attività riferita ad
una specifica competenza riguardi un segmento rilevante di una più ampia attribuzione
di compiti facenti capo a distinto soggetto, segmento rispetto al quale il
titolare della posizione organizzativa porti a compimento in maniera autonoma
la specifica funzione;
6.13. nel giudizio relativo all’attribuzione di una
qualifica superiore, l’osservanza del cd. criterio “trifasico”, da
cui non si può prescindere nel procedimento logico-giuridico diretto alla
determinazione dell’inquadramento del lavoratore, non richiede che il giudice
si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata
sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che
ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia
trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio, concorrendo a stabilirne
le conclusioni (cfr. Cass. 27.9.2016 n. 18943);
6.14. il detto procedimento è stato nella specie
osservato e non rileva, come osservato dalla Corte del merito, il concorrente
espletamento, da parte della D., in un uno all’attività di disciplina, di
incombenze di natura amministrativa proprie della qualifica inferiore, in
quanto, in caso di mansioni promiscue, ove la contrattazione collettiva non
preveda una regola specifica per l’individuazione della categoria di
appartenenza del lavoratore, la prevalenza – a questo fine – non va determinata
sulla base di una mera contrapposizione quantitativa delle mansioni svolte,
bensì tenendo conto, in base alla reciproca analisi qualitativa, della mansione
maggiormente significativa sul piano professionale, purché non espletata in via
sporadica od occasionale (cfr. Cass. 22.12.2009 n.
26978, Cass. 18.3.2011 n. 6303, in
continuità con Cass. 23.3.2009 n. 2744 richiamata dalla Corte distrettuale);
6.15. nell’ambito del complessivo percorso
ricostruttivo seguito, la Corte territoriale ha posto in rilievo, a fronte
della riferibilità delle mansioni in concreto e prevalentemente svolte al
superiore livello rivendicato, l’inadeguatezza dell’inferiore inquadramento posseduto,
analizzando il profilo di “tecnico specializzato
amministrativo/commerciale” attribuito dal datore di lavoro e
motivatamente concludendo per la marginalità delle mansioni, che vi risultano
elencate, rispetto ai compiti effettivamente esercitati dalla lavoratrice;
7. la doglianza prospettata nel secondo motivo è
articolata in maniera inammissibile per quanto reiteratamente affermato da
questa Corte con riguardo alla deduzione di violazione delle norme richiamate,
in quanto un’autonoma questione di malgoverno degli artt.
115 e 116 cod. proc. civ. può porsi solo
allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito: – abbia posto a base
della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di
fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; – abbia fatto
ricorso alla propria scienza privata ovvero ritenuto necessitanti di prova
fatti dati per pacifici; – abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente
apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena
prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece
siano soggetti a valutazione; tendendo unicamente ad una rivisitazione del
merito, la doglianza non è consentita nella presente sede di legittimità;
8. anche con riguardo alla censura di cui al terzo
motivo, non si tratta propriamente di inversione degli oneri probatori, in
quanto, in realtà, una tale situazione non è quella rappresentata nel motivo
anzidetto, e la relativa doglianza è mal prospettata, tendendo anch’essa
unicamente ad una rivisitazione del merito, preclusa nella presente sede di
legittimità; per osservazioni analoghe a quelle spese con riguardo al
precedente motivo, è evidente che anche la prova espletata è stata considerata
dalla ricorrente avendosi riguardo a tratti qualificanti le mansioni non
rispondenti ai tratti distintivi della declaratoria contrattuale di
riferimento, come evidenziato in relazione al primo motivo di ricorso;
9. in ordine al quarto motivo, è pacifica
l’inesistenza nell’ ordinamento di un principio che imponga al datore di
lavoro, nell’ambito dei rapporti privatistici, di garantire parità di
retribuzione e/o di inquadramento a tutti i lavoratori svolgenti le medesime
mansioni, atteso che l’art. 36 Cost. si limita
a stabilire il principio di sufficienza ed adeguatezza della retribuzione
prescindendo da ogni comparazione intersoggettiva e che l’art. 3 Cost. impone l’uguaglianza dei cittadini di
fronte alla legge e non anche nei rapporti interprivati, sicché la mera
circostanza (priva di ulteriori specificazioni) che determinate mansioni siano
state in precedenza affidate a dipendenti cui il datore di lavoro riconosceva
una qualifica superiore è del tutto irrilevante per il dipendente al quale, con
diversa e inferiore qualifica, siano state affidate le stesse mansioni (cfr.,
tra le altre, Cass. 12.12.2014 n. 26236, Cass. 16015 del 19.7.2007, Cass. 17.5.2003 n.
77529);
9.1. nell’ambito dello sviluppo argomentativo
seguito dalla Corte distrettuale la circostanza che la lavoratrice abbia
espletato nel periodo per cui è causa l’attività in precedenza assegnata al L.
non è, tuttavia, utilizzata nei sensi censurati dalla società, ma unicamente a
fini di individuazione delle mansioni caratterizzanti la posizione lavorativa
della D., incaricata dello svolgimento delle attività di disciplina nell’intero
periodo quinquennale;
10. con riferimento al quinto motivo, è sufficiente
osservare che nell’interpretazione degli atti unilaterali, il canone
ermeneutico di cui all’art. 1362, primo comma, cod.
civ., impone di accertare – mancando una comune intenzione delle parti –
esclusivamente l’intento proprio del soggetto che ha posto in essere il
negozio, ferma l’applicabilità, atteso il rinvio operato dall’art. 1324 cod. civ., del criterio dell’interpretazione
complessiva dell’atto e senza che possa farsi ricorso alla valutazione del
comportamento dei destinatari di esso (cfr. Cass. 14.11.2013 n. 25608, Cass.
6.5.2015 n. 9127);
10.1. il criterio interpretativo letterale, del
quale si assume la violazione, non risulta disatteso, laddove si abbia riguardo
al tenore della nota in oggetto, quale specificato in sentenza, che
testualmente prevede, in ragione della scopertura della titolarità del reparto
di disciplina affidato ad interim al Rsponsabile del Polo gestionale,
l’affidamento della posizione alla D.;
10.1. in ogni caso, il motivo è, prima ancora,
inammissibilmente confezionato come motivo composito, simultaneamente volto a
denunciare violazione di legge e vizio di motivazione, avuto riguardo al
principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la
mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti
riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo
360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., non essendo consentita la
prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali
quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che
suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere
della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione,
che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione
(Cass. 23 giugno 2017, n. 15651; Cass. 28
settembre 2016, n. 19133; Cass. 23 settembre 2011, n. 19443 e, da ultimo
Cass. 23.10.2018 n. 26874, nei termini riportati);
10.2. come affermato, altresì, da Cass. 4.4.2013 n. 8315, il vizio di violazione di
legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del
provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di
legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa;
viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta
a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della
norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura
è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di
motivazione; vizio di motivazione tuttavia nella specie, come visto
insussistente, avuto altresì riguardo ai rigorosi limiti in cui lo stesso possa
rilevare in base al vigente testo dell’art. 360, n.
5, c.p.c., nei sensi di cui alla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10
febbraio 2015, n. 2498; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015,
n. 21439);
10.3. non va, infine, mancato di rilevare che delle
ulteriori comunicazioni asseritamente inviate dal C. ai colleghi non si
specifica poi di avere effettuato adeguata menzione nei gradi di merito del
giudizio, con evidenti profili di novità della deduzione, che ne comportano
l’inammissibilità;
11. alla stregua delle svolte osservazioni, il
ricorso va complessivamente respinto;
12. le spese del presente giudizio seguono la
soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in
dispositivo, con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario;
13. essendo stato il ricorso proposto in epoca
posteriore al 30 gennaio 2013, occorre dare atto della sussistenza dei
presupposti per l’applicabilità dell’art.
13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto
dall’art. 1, comma 17, legge 24
dicembre 2012, n. 228;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro
200,00 per esborsi, euro 4500,00 per compensi professionali, oltre accessori
come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%,
con attribuzione all’avv. C.P..
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
ove dovuto.