Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 dicembre 2020, n. 27547
Riliquidazione del trattamento di fine servizio, Conferimento
di incarichi dirigenziali a tempo determinato, Risoluzione di diritto del
rapporto d’impiego del dipendente
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Palermo , in riforma della
sentenza del Tribunale di Agrigento, ha accolto la domanda di C. C., già
dipendente del Comune di Agrigento dal 1970 al 2006 con inquadramento nell’ex
VIII qualifica, volta ad ottenere la riliquidazione del trattamento di fine
servizio atteso che, nell’ultimo periodo lavorativo, aveva avuto il
conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato, ma il trattamento
di fine servizio gli era stato liquidato con riferimento alla data
immediatamente precedente al primo degli incarichi direttivi ricevuto
(1/3/1999) sebbene il rapporto di lavoro fosse proseguito senza soluzione di
continuità. Aveva chiesto pertanto il ricalcolo del trattamento assumendo come
base le ultime retribuzioni percepite come dirigente e sulla base della
complessiva anzianità maturata, tenuto conto che il rapporto era proseguito
senza soluzione di continuità.
La Corte territoriale ha esposto che l’art 110 TU 267/2000,
secondo il quale il conferimento di incarichi dirigenziali determinava la
risoluzione di diritto del rapporto d’impiego del dipendente, non era
applicabile alla fattispecie riguardando esclusivamente il personale estraneo
ai ruoli dell’ente locale che conferiva l’incarico. Ha rilevato, infatti ,che
si verificherebbe l’abnorme conseguenza della risoluzione del rapporto senza
alcuna garanzia per il lavoratore della riassunzione (subordinata alla vacanza
del posto) con effetto deterrente all’accettazione di tali incarichi da parte
del personale di ruolo; che l’utilizzo del termine di amministrazione di
provenienza presupponeva una distinta amministrazione di destinazione; che non
era neppure richiamabile l’art
19, comma 6, Dlgs 165/2001, in base al quale il conferimento di incarichi
dirigenziali determinava il collocamento in aspettativa senza assegni con
riconoscimento dell’anzianità di servizio, in quanto il rapporto nella
fattispecie non veniva risolto ,ma subiva solo una fase di sospensione o di
quiescenza senza interrompere l’anzianità; che il principio di infrazionabilità
dell’indennità PS desumibile dalla L n.
152/1968 non poteva essere derogato dall’art. 110 citato ;
che, infine, non si era registrata di fatto alcuna
interruzione del rapporto di lavoro, come riferito dal teste escusso, anche se
una volta cessato l’incarico dirigenziale ritornava al profilo di origine di
categoria D.
La Corte ha, quindi ,concluso riconoscendo al C.
l’indennità premio di fine servizio in relazione all’anzianità complessivamente
considerata , compreso il periodo di incarico dirigenziale, assumendo come base
di calcolo la retribuzione degli ultimi 12 mesi percepita come dirigente.
2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un unico
articolato motivo, ulteriormente illustrato con memoria ex art 378 cpc. Resiste il C.. Il comune di Agrigento
è rimasto intimato .
Ragioni della decisione
3. Inps denuncia violazione dell’art. 110, 5 comma, TU
267/2000 , dell’art. 4 L n.
152/1968, dell’art 1, comma
9, DPCM 20/12/1999.
Osserva che l’art 110 citato prevede la
risoluzione di diritto del rapporto di impiego anche se relativo alla medesima
amministrazione, così disponendo letteralmente la norma.
Deduce che i periodi di lavoro a tempo determinato
avrebbero potuto essere valutati solo ai fini della liquidazione del TFR, ex DPCM del 1999 citato, e lo svolgimento di attività
come funzionario, svolta in concomitanza, potrebbe dar luogo solo ad un
compenso, trattandosi di mera prestazione di fatto alla quale non avrebbe
potuto seguire alcun diritto di natura previdenziale Denuncia che la Corte
territoriale non spiega perché sarebbe un deterrente ad accettare incarichi
dirigenziali senza certezza di riassunzione, solo per il lavoratore che ha già
un rapporto di lavoro con l’ente conferente, e non invece per il personale
estraneo ai ruoli dell’amministrazione conferente.
Lamenta che era irrilevante l’affermazione del C.
secondo cui aveva svolto sia funzioni dirigenziali sia mansioni di funzionario.
Osserva che, a prescindere dalla mancanza di prova dello svolgimento di
funzione di VIII livello avendo la Corte dichiarato tardiva la produzione
documentale , l’applicabilità della disciplina del TFS o del TFR dipendeva non
dalle mansioni svolte, ma dal tipo di rapporto di lavoro :se a tempo
determinato o a tempo indeterminato.
Deduce, infine, che il ricorrente non poteva essere
contemporaneamente titolare di due distinti rapporti ed ,in ogni caso, anche a
voler considerare l’unicità del rapporto di lavoro la retribuzione da prendere
come base di calcolo era quella di funzionario.
4. Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.
L’art 110 DLGS n 267/2000
stabilisce che lo statuto dell’ente locale può prevedere che la copertura dei
posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o
di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratti a tempo
determinato.
Il 5 comma, della norma citata, nella sua originaria
formulazione vigente all’epoca dei fatti ,stabilisce che” Il rapporto di
impiego del dipendente di una pubblica amministrazione è risolto di diritto con
effetto dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l’ente locale ai
sensi del comma 2. L’amministrazione di provenienza dispone, subordinatamente
alla vacanza del posto in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica,
la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro i 30
giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato o
alla data di disponibilità del posto in organico”.
5. L’interpretazione della norma offerta dalla Corte
territoriale non appare convincente. La Corte, infatti, pur dando atto che la
norma mira ad evitare che il soggetto possa cumulare due rapporti di impiego
(ente di provenienza ed ente di destinazione), ritiene che la norma possa
trovare applicazione solo nel caso dì incarico dirigenziale conferito a
soggetto estraneo ai ruoli dell’ente conferente. Tale interpretazione è
giustificata dalla Corte territoriale dal fatto che il soggetto prescelto
vedrebbe risolto il rapporto senza alcuna garanzia della riassunzione,
subordinata alla vacanza del posto, con effetto deterrente in ordine
all’accettazione e danno al buon funzionamento dell’amministrazione pubblica.
Secondo la Corte, inoltre, l’uso dell’espressione
amministrazione di provenienza presuppone una distinta amministrazione di
destinazione e aggiunge che il sopravvenire della risoluzione di diritto non
può determinare uno sdoppiamento in due soggetti distinti di ciò che costituiva
un’unica realtà.
6. La Corte d’appello , da un lato non spiega perché
non sarebbe un deterrente all’accettazione di incarichi a tempo determinato per
il personale estraneo all’amministrazione conferente, mentre lo sarebbe per i
dipendenti dello stesso ente conferente :la riassunzione è subordinata alla
vacanza del posto e la facoltà di conservare integro il pregresso rapporto è
esteso anche agli altri dipendenti diversi da quelli dell’ente di provenienza.
Desumere, inoltre, proprio dall’espressione
utilizzata dalla norma di “ente di provenienza ” – ovviamente
distinto da quello di ente di destinazione – il necessario riferimento a
soggetto diverso da quello presso il quale il dipendente incaricato risulta
dipendente, non è invero sostenuta da alcun valido argomento.
7. La formulazione della norma , tuttavia,
suggerisce una diversa interpretazione che sembra maggiormente in armonia con
la legislazione relativa al pubblico impiego di cui al Dlgs n 165/2001, nonché con la successiva
formulazione dello stesso art
110 citato, come modificato con l’art 11, comma 1, L n 114/2014,
oltre al generale principio desumibile dalla L n.
152/1968 di infrazionabilità dell’indennità premio di fine servizio.
8. L’art 110 citato , infatti,
dopo aver sancito la risoluzione di diritto del rapporto, prevede, tuttavia, la
possibilità di ricostituzione del rapporto, pur senza obbligo di superamento di
un concorso, e, così letta la norma, si pone in contrasto con il generale
principio di natura costituzionale disciplinante l’accesso presso le pubbliche
amministrazioni .
Una lettura costituzionale della norma consente di
pervenire ad affermare che la norma rappresenta una situazione riconducibile
più che ad una “risoluzione di diritto” , ad una forma di
“aspettativa “del soggetto cui è stato conferito un incarico
dirigenziale a tempo determinato. Tale interpretazione nasce e si giustifica in
considerazione della contraddizione insita nella norma stessa, la quale da un
lato sancisce la risoluzione di diritto del rapporto preesistente, dall’altro
consente la ripresa del rapporto di lavoro, sebbene già colpito dalla
risoluzione di diritto ,senza necessità di un concorso .
A ben vedere la fattispecie disciplinata dalla norma
, in realtà, non si concretizza in una effettiva risoluzione del rapporto, così
come avvenuto nella fattispecie, tanto che il rapporto del C. è proseguito
senza interruzioni e nessuna indennità di fine servizio risulta a lui
corrisposta, se non all’atto della cessazione definitiva del rapporto nel 2006
.
9. Tale interpretazione risulta in armonia con l’art 19 del Dlgs n 165/2001,
di poco successivo alla normativa del Dlgs n.
267/2000, che ha disciplinato le conseguenze dell’incarico dirigenziale
proprio stabilendo ” per il periodo di durata dell’incarico, i dipendenti
delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni,
con riconoscimento dell’anzianità di servizio “.
Ed ancora, lo stesso art. 110 citato è stato
adeguato alla normativa generale per il pubblico impiego con la citata legge
del 2014. La nuova formulazione dell’art. 110 è :”Per il
periodo di durata degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo
nonché dell’incarico di cui all’articolo 108, i
dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza
assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio.
10. L’interpretazione così proposta è anche conforme
al disposto della L. del 1968 da cui si desume il principio di infrazionabilità
dell’indennità di fine servizio: il C. ha lavorato sempre per il Comune senza
alcuna risoluzione, essendo mutate solo le mansioni.
11. Sulla base delle considerazioni che precedono
deve affermarsi che l’indennità premio di fine servizio dovrà essere calcolata
considerando l’integrale anzianità di servizio maturata dal C. ed entro tali
limiti la domanda può essere accolta.
12. Quanto alla retribuzione da assumere a base del
calcolo dell’indennità di fine servizio non può trovare accoglimento la domanda
volta ad assumere quale parametro per la liquidazione del trattamento quella
percepita come dirigente.
13. A riguardo , infatti, non può che condividersi
quanto affermato dall’Istituto previdenziale secondo cui l’istituto indennità
di fine servizio attiene al rapporto a tempo indeterminato quale funzionario e
dunque deve essere ancorata al trattamento retributivo formalmente spettante al
C. per la sua qualifica come funzionario ex VIII qualif., sulla quale è stato effettuato
il trattamento contributivo, e non già all’incarico di dirigente con
riferimento al quale è stato calcolato ed ha percepito il TFR .
Per la determinazione dell’indennità dovranno
trovare applicazione i principi affermati da questa Corte (cfr. ex aliis, Cass.
n n 13433/2019, Cass. n. 1156/2017, Cass. n 18999/2010, Cass. n. 15906/2004, Cass. n. 9901/2003, Cass. n. 681/2003, Cass.
SS.UU. n. 3673/1997) che ha da tempo statuito che la retribuzione contributiva,
alla quale per i dipendenti degli enti locali si commisura, a norma dell’art. 4, della legge 8 marzo 1968, n.
152, l’indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti
testualmente menzionati dall’art.
11, comma 5, della legge citata; si tratta di una elencazione tassativa e
nella quale la dizione “stipendio o salario” richiede una
interpretazione restrittiva, limitata alle sole sue componenti oggetto di specifica
menzione, come gli aumenti periodici, la tredicesima mensilità e il valore
degli assegni in natura con esclusione dell’indennità per le funzioni
dirigenziali (o retribuzione di posizione).
14. La sentenza impugnata deve essere cassata ed il
giudizio rinviato alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione al
fine di quantificare l’indennità premio di fine servizio sulla base
dell’anzianità complessivamente maturata dal C. e con la retribuzione di
funzionario, così come da ultimo percepita prima degli incarichi dirigenziali .
La Corte d’appello di Palermo, cui la causa è
rinviata, provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione
, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo anche
per le spese del presente giudizio.