La prestazione di lavoro dei collaboratori che consegnano cibo e bevande tramite moto o bici in ambito urbano possiede le caratteristiche del contratto di lavoro subordinato.
Nota a Trib. Palermo, sez. lav., 24 novembre 2020, n. 3570
Gennaro Ilias Vigliotti
I lavoratori del settore del food delivering, e specificamente i c.d. “riders” – cioè il personale che si occupa della consegna programmata, tramite strumenti propri di locomozione, di prodotti da ristorazione e simili – sono stati inclusi da recente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 1663/2020, annotata in questo sito da G.I. VIGLIOTTI, Al rapporto di lavoro dei riders si applicano le tutele della subordinazione) all’interno del campo di efficacia dell’art. 2 del D.LGS. n. 81/2015 («Collaborazioni organizzate dal committente»), come modificato dal D.L. n. 101/2019, conv. dalla L. n. 128/2019. Secondo tale norma, nella versione precedente alla novella del 2019, «si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro». In applicazione di tale disposizione, dunque, ai lavoratori in questione deve essere riconosciuto tutto l’apparato di tutele previsto per il lavoro subordinato come, ad esempio, il diritto a ricevere la retribuzione stabilita dai contratti collettivi dei settori merceologici che contemplano la loro professionalità e le loro funzioni lavorative (che, nel caso di specie, è quello del settore merci, trasporti e logistica).
Sul punto, la discussione dottrinale degli ultimi mesi è stata molto intensa, con gli osservatori divisi tra chi, aderendo alla ricostruzione fornita dalla Cassazione, ha sostenuto la natura autonoma delle prestazioni rese dai ciclo-fattorini, con conseguente loro inquadramento, al ricorrere dei requisiti della etero-organizzazione, nello schema legale dell’art. 2 summenzionato ed altri che, invece, hanno affermato come la presenza di stringenti vincoli esecutivi imposti al rider dalla piattaforma digitale che organizza la prestazione (su tutte, Deliveroo, Just Eat, Uber Eats e Glovo) non può che attrare la loro collaborazione nell’ambito della subordinazione di cui all’art. 2094 c.c.
Nella questione è intervenuta di recente la sentenza di merito del Tribunale di Palermo n. 3570 del 24 novembre 2020, la quale, discostandosi da quanto sinora affermato in giurisprudenza anche prima dell’arresto di legittimità citato, ha messo in discussione l’impianto ricostruttivo riguardante le modalità di collaborazione dei riders, affermando che i ciclo-fattorini del marchio “Glovo” (lo stesso coinvolto nella controversia conosciuta dalla Cassazione nella sentenza menzionata), per le modalità di esecuzione della prestazione, non possono che essere qualificati come lavoratori subordinati.
Dagli accertamenti istruttori compiuti durante il processo, sarebbe emerso specificamente che la piattaforma digitale non si limitava a fornire al lavoratore le indicazioni essenziali per permettergli il ritiro dei prodotti e la loro consegna, bensì imponeva tassativi adempimenti, quali il necessario permanere in una zona prossima ai locali, l’accesso ad una app gestita da remoto con livelli minimi di batteria al cellulare, il rispetto di uno specifico percorso per ottimizzare i tempi di arrivo alle destinazioni, le penali in caso di ritardo o in caso di rifiuto di eseguire turni già accettati e programmati (tramite un complesso meccanismo di rating qualitativo solo falsamente premiale).
Nel caso di specie, peraltro, il rider ricorrente era stato “disconnesso” dalla piattaforma, cioè privato della possibilità di continuare a lavorare con Glovo, all’improvviso e senza alcuna formale comunicazione, molto probabilmente in diretta connessione con il suo attivismo sindacale.
Da tali circostanze, a detta del Giudice di merito del capoluogo siciliano, deriverebbe la conclusione che «l’organizzazione del lavoro operata in modo esclusivo da [Glovo, n.d.r.] sulla piattaforma digitale nella propria disponibilità si traduce, oltre che nell’integrazione del presupposto della etero-organizzazione, anche nella messa a disposizione del datore di lavoro da parte del lavoratore delle proprie energie lavorative per consistenti periodi temporali […] e nell’esercizio da parte [di Glovo, n.d.r.] di poteri di direzione e controllo, oltre che di natura latamente disciplinare, che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie del lavoro subordinato ex art. 2094 c.c.».
Il riconoscimento di un contratto di lavoro subordinato “puro” tra la piattaforma ed il rider ha comportato, sotto il profilo delle conseguenze sostanziali, la condanna di Glovo a pagare tutte le differenze retributive sul ccnl di riferimento (quello del Commercio e della Distribuzione), ad applicare tutte le tutele previdenziali ed assicurative previste dalla disciplina legale e, in ragione dell’interruzione non formalizzata del rapporto, la reintegra in servizio per licenziamento orale, in violazione del disposto dell’art. 2, L. n. 604/1966.