Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 dicembre 2020, n. 28226

Riconoscimento di un ulteriore periodo di inabilità temporanea
assoluta, Divieto di cumulo tra l’indennità giornaliera e rendita per
inabilità parziale permanente, Rinnovazione della c.t.u. medico-legale,
Contestazione del provvedimento di liquidazione delle prestazioni assicurative

 

Fatti di causa

 

1. Con ricorso per revocazione proposto da M.B. è
stata impugnata per errore di fatto l’ordinanza n. 27809 del 2017, pronunciata
da questa Corte in data 22 novembre 2017, con la quale era stato accolto il
ricorso per cassazione proposto dall’INAIL e, cassata la sentenza della Corte
di appello di Firenze n. 426 del 2011, la causa era stata decisa nel merito,
con integrale rigetto della originaria domanda proposta dall’assicurato.

2. L’ordinanza impugnata aveva affermato che
l’assicurato aveva agito quale titolare di una rendita per inabilità da
infortunio sul lavoro, riconosciutagli dall’INAIL nella misura del 18% con
decorrenza dal 6 marzo 2003; che la domanda verteva sul riconoscimento di un
ulteriore periodo di inabilità temporanea assoluta (rispetto al periodo già
riconosciuto dall’Istituto fino al 6 marzo 2003) e di un maggior grado di
inabilità parziale permanente; che il Tribunale aveva accolto in parte la
domanda, riconoscendo maggiori postumi nella misura del 25% con decorrenza dal
18 novembre 2007, nonché ulteriori periodi di indennità per inabilità
temporanea assoluta dal 7 marzo 2003 al 2 febbraio 2006 e dal 4 aprile 2007 al
18 novembre 2007; che tale sentenza era stata confermata dalla Corte di appello
di Firenze; che il ricorso per cassazione proposto dall’INAIL, vertente sulla
violazione degli artt. 74
e 89 del d.p.r. 1124 del 1965,
aveva censurato la sentenza di appello per avere violato il divieto di cumulo
tra l’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta e la rendita per
inabilità parziale permanente; che tale censura era fondata, non potendo
l’assicurato vedere cumulate dal 6 marzo 2003 la rendita già in godimento,
rapportata al grado di inabilità del 18%, con le prestazioni di cui agli artt. 66 e 68 D.P.R. cit. per i casi di
inabilità temporanea assoluta.

3. Il ricorso, già fissato per la trattazione in
sede camerale dinanzi alla Sesta Sezione civile, con ordinanza interlocutoria
n. 24199 del 2019 è stato rinviato a questa Sezione per la trattazione in
pubblica udienza.

4. L’INAIL, controricorrente, ha depositato altresì
memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

 

Ragioni della decisione

 

5. Il ricorso per revocazione denuncia errore di
fatto ex art. 391-bis cod. proc. civ., con
riferimento all’°art. 395 n. 4 cod. proc. civ.,
per avere questa Corte erroneamente supposto che il B. avesse agito quale
titolare di una rendita per ottenere in cumulo le prestazioni per l’inabilità
temporanea. Deduce il ricorrente che costituiva un dato pacifico in giudizio
che egli non avesse prestato adesione alle determinazioni dell’Istituto e
avesse agito per chiedere la prosecuzione della prestazione per inabilità
temporanea assoluta, assumendo l’erroneità della sua limitazione alla data del
6 marzo 2003, e per ottenere il riconoscimento della rendita con decorrenza
successiva al consolidamento dei postumi e per un maggior grado di inabilità
permanente.

6. Il ricorso è meritevole di accoglimento.

7. Occorre premettere che la revocazione per errore
di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità, esperibile avverso le
sentenze della Corte di Cassazione, ai sensi degli artt.
391-bis e 395 n. 4 cod. proc. civ.,
presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto,
emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa (ex
plurimis, Cass. n. 24512 del 2009).

8. Tale situazione è ravvisabile nel caso di specie.

9. L’ordinanza oggetto del ricorso per revocazione
muove dal presupposto di fatto che il B. avesse agito quale titolare di una
rendita con decorrenza dal 6 marzo 2003. Tanto si evince da alcuni passaggi del
provvedimento impugnato, dove si afferma che la sentenza del Tribunale di Lucca
era stata confermata dalla Corte di appello di Firenze “sull’implicito
presupposto della irrilevanza della circostanza che il B. già percepiva la rendita
per inabilità permanente dal 6 marzo 2003″ e che una rendita era già in
erogazione sin dal marzo 2003”, con la conseguenza che il ricorrente, al
più, “in presenza dei denunciati aggravamenti sanitari” avrebbe
potuto chiedere una “revisione ex art. 83 t.u. n. 1124/1965 ma
non l’indennità temporanea”. L’ordinanza assume, dunque, come un dato di
fatto incontestato la titolarità, in capo al B., di una rendita per inabilità
nella misura del 18% con decorrenza dal marzo 2003 e da ciò fa discendere la
qualificazione dell’azione in termini di richiesta di cumulo di prestazione con
l’indennità per inabilità temporanea.

10. Rileva il Collegio che il suddetto presupposto
di fatto non risulta in alcun modo affermato, né implicitamente ammesso dalla
stessa sentenza di appello. Questa ha affermato che il Tribunale di Lucca aveva
condannato l’INAIL ad attribuire a M.B. la rendita per infortunio nella misura
del 25% con decorrenza dal 18.11.2007 e l’indennità giornaliera dal 7 marzo
2003 al 2.2.2006 e dal 4.4.2007 al 18.11.2007; che tale sentenza aveva formato
oggetto di impugnazione sia dall’INAIL che dal B. (quest’ultimo per ottenere il
riconoscimento dell’indennità temporanea anche per il periodo dal 2.2.2006 al 4.4.2007);
che nel giudizio di appello era stata disposta la rinnovazione della c.t.u.
medico-legale, la quale aveva confermato l’esito del giudizio di primo grado;
che in conformità a tale c.t.u. doveva concludersi per il rigetto di entrambe
le impugnazioni. La motivazione della sentenza prosegue affermando che “Il
Collegio si dà carico di un ulteriore argomento speso dall’Inail che ha
ritenuto una ingiustificata sovrapposizione fra la rendita e la temporanea,
spiegando come la prima non può decorrere se non dalla cessazione della
seconda. Sul punto il Collegio osserva come la rendita decorra – secondo gli
esiti della c.t.u. – dal novembre 2007, e cioè dal momento nel quale è
certamente cessata l’inabilità temporanea assoluta; né, nonostante le diverse
indicazioni del consulente – è possibile alternare periodi coperti da rendita a
periodi coperti dalla temporanea, poiché in definitiva tutto il periodo
anteriore alla data di attribuzione della rendita è stato connotato da una
sostanziale incapacità a rendere la prestazione, ancorché, in sede di appello
incidentale, il B. abbia richiesto che a titolo di temporanea assoluta venisse
riconosciuto solo il più breve periodo di cui alle conclusioni”.

11. Risulta dagli atti che la stessa Corte di
appello, con successiva sentenza n.129 del 2013 (passata in giudicato), ha
rigettato il ricorso per revocazione proposto dall’INAIL ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ., osservando anche in
tale occasione che il B. aveva “sempre contestato la data della chiusura
della temporanea e che la effettiva controversia tra le parti si concentrava
sul momento dell’effettivo consolidamento dei postumi e quindi sulla iniziale
decorrenza della rendita”.

12. Nella fase rescindente del giudizio di
revocazione, il giudice, verificato l’errore di fatto (sostanziale o
processuale) esposto ai sensi del n. 4 dell’art.
395 cod. proc. civ., deve valutarne la decisività alla stregua del solo
contenuto della sentenza impugnata, operando un ragionamento di tipo
controfattuale che, sostituita mentalmente l’affermazione errata con quella
esatta, provi la resistenza della decisione stessa; ove tale accertamento dia
esito negativo, nel senso che la sentenza impugnata risulti, in tal modo, priva
della sua base logico-giuridica, il giudice deve procedere alla fase
rescissoria attraverso un rinnovato esame del merito della controversia, che
tenga conto del l’effettuato emendamento (Cass. n. 8051 del 2020).

13. Una volta rimossa l’affermazione errata, ossia
che il B. avesse agito in giudizio quale titolare di rendita, e sostituita con
quella esatta, ossia che oggetto della domanda era la contestazione del
provvedimento dell’INAIL sia con riguardo all’epoca del consolidamento dei
postumi (e quindi alla decorrenza della rendita), sia con riguardo al mancato
prolungamento della inabilità temporanea assoluta, ne discende che la decisione
impugnata risulta priva della sua base giuridica.

14. Occorre quindi procedere alla fase rescissoria,
con l’esame del ricorso per cassazione proposto dall’INAIL.

15. Con il primo motivo l’Istituto si duole della
violazione degli artt. 74
e 89 d.p.r. n. 1124 del 1965
(art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) per avere la
Corte di appello confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui
l’INAIL era stato condannato ad erogare, nel periodo in cui era in pagamento la
rendita commisurata al grado di inabilità del 18%, l’indennità giornaliera per
il periodo di inabilità temporanea assoluta dal 7.3.2003 al 2.2.2006 e dal
4.4.2007 al 18.11.2007, ciò in violazione degli artt. 74 e 89 t.u. 1124/65. Deduce che,
in costanza di erogazione di una rendita, non è possibile il cumulo con
l’indennità temporanea e che eventuali ricadute nella malattia o di
riacutizzazioni degli esiti dell’infortunio, che determinino l’impossibilità
temporanea di attendere al lavoro, possono essere prese in considerazione ove
aggravino stabilmente la condizione del lavoratore in sede di revisione della
rendita di inabilità ex art.
83 d.p.r. 1124 del 1965, restando salva la tutela del lavoratore
predisposta in via generale dall’art. 2110 cod.
civ. a mezzo delle prestazioni per malattia a carico dell’INPS.

16. Con in secondo motivo l’Istituto denuncia
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 cod. proc.
civ.); assumendo come circostanza non contestata tra le parti che con
provvedimento del 23 settembre 2003 la competente sede di Lucca avesse disposto
la costituzione di una rendita con decorrenza dall’8 dicembre 2001 nella misura
del 18%.

17. Il ricorso per cassazione è inammissibile.

18. Mentre la rendita per inabilità permanente ha la
funzione d’indennizzare il danno fisico subito dall’assicurato in relazione
alle percentuali di riduzione della sua attitudine al lavoro, l’indennità
giornaliera per invalidità temporanea costituisce una prestazione economica, a
carattere assistenziale, diretta ad assicurare al lavoratore i mezzi di
sostentamento finché dura l’inabilità che impedisce totalmente e di fatto
all’infortunato di rendere le sue prestazioni lavorative (tra le altre Cass. n.
12402 del 2002). Ai sensi dell’art.
104 dello stesso d.P.R. 1124 del 1965, se l’infortunato non accetta la
liquidazione della rendita comunque fatta dall’assicuratore comunica
all’istituto entro sessanta giorni i motivi per i quali non ritiene
giustificabile il provvedimento stesso, precisando la misura dell’indennità che
ritiene essergli dovuta.

19. Nel caso in esame, con il ricorso introduttivo
l’assicurato aveva chiesto che fosse accertata l’erroneità della liquidazione
della rendita. Poiché non si verteva in ipotesi di domanda di aggravamento, ma
di una originaria contestazione del provvedimento di liquidazione delle
prestazioni assicurative, non è conferente il principio di diritto invocato
dall’INAIL.

20. Il secondo motivo è del pari inammissibile.
Premesso il carattere di novità ex artt. 366 nn. 3
e 6 cod. proc. civ. della questione secondo cui la decorrenza della
rendita, nei termini di cui all’originario provvedimento di riconoscimento da
parte dell’INAIL, sarebbe l’8 dicembre 2001 e non il 6 marzo 2003, è assorbente
rilevare che l’oggetto della domanda giudiziale, come già ampiamente riferito,
concerneva la contestazione in toto del provvedimento amministrativo, anche con
riguardo al momento della stabilizzazione dei postumi, e non una revisione per
aggravamento.

21. L’esito del ricorso per cassazione è dunque
l’inammissibilità, non senza osservare che alcuni passaggi dello sviluppo
argomentativo dell’impugnazione lasciano infondatamente ipotizzare, inducendo
all’equivoco interpretativo, che la “ricaduta” subita dal ricorrente
il 30 gennaio 2003 fosse questione che avrebbe potuto giustificare una domanda
di revisione per aggravamento dei postumi.

22. In conclusione, va accolto il ricorso per
revocazione e, revocata la decisione impugnata, decidendo in sede rescissoria,
va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’INAIL
avverso la sentenza n. 426/2011 della Corte di appello di Firenze, confermativa
della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Lucca.

23. Le spese del giudizio di legittimità e del
giudizio di revocazione sono poste a carico dell’Inail e liquidate, per
ciascuna delle due fasi, rescindente e rescissoria, nella misura indicata in
dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso per revocazione; revoca
l’ordinanza impugnata e, decidendo in sede rescissoria, dichiara inammissibile
il ricorso per cassazione proposto dall’INAIL; condanna l’INAIL al pagamento
delle spese del giudizio di cassazione e del giudizio di revocazione, che
liquida per ciascuna fase, in euro 5.250,00 per compensi e in euro 200,00 per
esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 dicembre 2020, n. 28226
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