Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 dicembre 2020, n. 27757

Mancata corresponsione degli aumenti contrattuali, Rinnovo
del CCNL, Mancata sottoscrizione, in sede di rinnovo del contratto collettivo,
da parte dell’associazione sindacale cui è iscritta il datore di lavoro,
Rispetto del principio di adeguatezza della retribuzione, Una tantum, quale
indennità di vacanza contrattuale

Rilevato che

1. M.M. autista dipendente di C. Soc. Coop., p.a.
ottenne decreto ingiuntivo per il pagamento della complessiva somma di €
1.828,75, oltre spese legali, di cui € 933,33 per mancata corresponsione degli
aumenti contrattuali previsti dal c.c.n.l. Trasporto merci industria ed €
895,42 previsti dal rinnovo del c.c.n.l. 1.8.2013 Trasporto merci industria per
il periodo 1.6.2013/30.9.2014;

2. l’opposizione proposta dalla società C. avverso
il decreto ingiuntivo fu respinta dal giudice di prime cure;

3. la Corte di appello di Genova, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, revocò il decreto ingiuntivo opposto e
condannò la società a corrispondere al M. la differenza tra l’importo di cui al
decreto ingiuntivo e l’importo di € 400,00 erogato dalla società al lavoratore,
oltre interessi legali e rivalutazione monetaria;

3.1. il giudice di appello, in relazione al credito
di € 895,42 vantato dal lavoratore quale conseguenza degli aumenti contrattuale
previsti dal c.c.n.l. Trasporto merci industria rinnovato nel 2013, unica
questione ancora rilevante, ritenne che la circostanza della mancata
sottoscrizione, in sede di rinnovo del contratto collettivo da parte della L.,
associazione sindacale alla quale era iscritta la società datrice di lavoro, e
quindi l’assenza di diretta vincolatività del detto contratto, non impedisse,
alla luce del principio espresso da Cass. Sez. Un.
n. 11325/2005, il “recepimento”, nei confronti dei soggetti non
stipulanti, delle clausole relative al trattamento retributivo quale parametro
al quale commisurare la verifica di adeguatezza della retribuzione ai sensi
dell’art. 36 Cost.; in questa prospettiva
ritenne i minimi sindacali stabiliti dal c.c.n.l. 2011, che la società aveva
continuato ad applicare, non rispettosi del principio della giusta retribuzione
di cui all’art. 36 Cost.<< posto che a
distanza di due anni le retribuzioni minime non possono verosimilmente
ritenersi adeguate al costo della vita ed al mercato del lavoro, tanto è vero
che le organizzazioni sindacali hanno concordato il rinnovo del contratto l’1
agosto 2013, applicato poi anche da L. (associazione datoriale cui aderisce C.)
con l’accordo dell’ 8 maggio 2015, attraverso il riconoscimento di una una
tantum pari a € 400,00 in due tranches da corrispondersi a luglio e a settembre
2015 »; dalla complessiva somma di € 895,45 spettante a tale titolo era da
detrarre l’importo di € 400,00 pacificamente corrisposto dalla società in
esecuzione dell’accordo di conciliazione dell’8.5.2015 intervenuto tra i
sindacati dei lavoratori e quelli datoriali che non avevano firmato il rinnovo
del contratto collettivo del 2013;

4. per la cassazione della decisione propone ricorso
C. Soc. coop p.a. sulla base di un unico motivo di ricorso; la parte intimata
resiste con tempestivo controricorso;

 

Considerato che

 

1. con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente
deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art.
36 Cost. nonché degli artt. 2070 e 1372 cod. civ. . Premessa la vincolatività nei
confronti del lavoratore dell’accordo del maggio 2015 assume che la presunzione
di adeguatezza delle clausole economiche oggetto di pattuizione collettiva era
destinata ad operare anche con riferimento alla previsione di quest’ultimo
accordo che contemplava la erogazione di una “una tantum” quale
indennità di vacanza contrattuale; si duole, inoltre, che la verifica del
rispetto del principio di adeguatezza della retribuzione ex art. 36 Cost. fosse stato affidato alla mera
considerazione della esistenza di una fonte collettiva migliorativa intervenuta
successivamente; tanto si poneva in contrasto sia con il principio della
derogabilità (anche) in pejus da parte della contrattazione collettiva
successiva sia con la intervenuta regolamentazione successiva, vale a dire con
l’accordo del maggio 2015 e la connessa previsione di un emolumento una tantum
a titolo di indennità di vacanza contrattuale; la entità della differenza tra
l’importo di € 895,42, pari alla differenza fra i minimi contrattuali previsti
dal c.c.n.l. 2011 e dal c.c.n.l. 2913, e l’importo, pari a € 400,00,
riconosciuto dall’accordo del maggio 2015 a titolo di indennità di vacanza
contrattuale, non consentiva di configurare alcuna violazione dei criteri di
proporzionalità e sufficienza della retribuzione imposti dalla norma
costituzionale;

2. il motivo è fondato;

3. costituisce ius receptum che nel rapporto di
lavoro subordinato la retribuzione prevista dal contratto collettivo acquista,

pur solo in via generale, una
“presunzione” di adeguatezza ai principi di proporzionalità e
sufficienza che investe le disposizioni economiche dello stesso contratto anche
nel rapporto interno fra le singole retribuzioni ivi stabilite (Cass. n.
15889/2008, n. 132/2002);

4. nello specifico, tuttavia, la presunzione di
inadeguatezza della retribuzione corrisposta nel periodo dedotto viene dal
giudice di merito fondata con riferimento al solo parametro rappresentato dal
livello retributivo previsto dal contratto collettivo Trasporto merci
industria, rinnovato nel 2013, pacificamente non applicabile al rapporto in
oggetto per non essere la società datrice affiliata ad alcuna delle
organizzazioni stipulanti; è, invece, del tutto trascurata la volontà espressa
dalle parti collettive nel negoziare l’accordo 8.5.2015, direttamente
applicabile al rapporto in controversia, con riferimento alla previsione della
indennità di vacanza contrattuale ed alla funzione ad essa conferita dai
soggetti stipulanti nell’esercizio dell’autonomia negoziale;

5. in altri termini, la scelta di valorizzazione
dell’autonomia collettiva in funzione della ricostruzione, in via presuntiva,
del parametro di adeguatezza della retribuzione ex art. 36 Cost., richiedeva la
considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti non solo in sede
di rinnovo del contratto collettivo Trasporto merci industria ma anche con
riferimento all’accordo del maggio 2015 in relazione alla specifica funzione in
quella sede attribuita all’una tantum, anche tenuto conto della dichiarata
finalità di “chiusura” della vertenza per il rinnovo contrattuale e
di superamento dei contenziosi aperti sulle materie dell’accordo;

6. le considerazioni che precedono impongono la
cassazione della decisione con rinvio al giudice di secondo grado perché, nella
verifica del rispetto del canone di adeguatezza della retribuzione ex art. 36 Cost., ove intenda conferire valore
presuntivo alle indicazioni derivanti dall’autonomia collettiva in tema di
retribuzione proporzionata e sufficiente, tenga conto non solo dei livelli
retributivi concordati in sede di rinnovo del contratto collettivo 2013 ma
anche della valutazione espressa dalle parti collettive nella previsione e
determinazione della indennità di vacanza contrattuale e della funzione che la
stessa è stata chiamata ad assolvere nel contesto della regolazione collettiva
definita con l’accordo del maggio 2015;

7. al giudice del rinvio è demandato il regolamento
delle spese del giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità,
alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 dicembre 2020, n. 27757
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: